Gestioni

28 Marzo 2013

Gestioni
A fronte dell’emissione di un regolamento, qualunque esso sia, si formano schieramenti di persone contrapposte, che non si limitano a dare un giudizio, ma che spesso con disprezzo bollano di incompetenza, o follia o assurdità scelte che invece sono prese seguendo logiche e filosofie ben precise.
Se un domani (non credo proprio) dovessi gestire una riserva “turistica” state certi che aprirei a tutte le tecniche e a tutti i marchingegni, dallo strike all’affondatore, dal piombi alle code affondanti, al filo, ai trenini di artificiali. E cercherei di scoraggiare il No Kill. Paga il tuo permesso, fatti i tuoi tre capi come cavolo vuoi e arrivederci alla prossima, tanto venerdì arriva il camion e ripristina il popolamento del tratto.
Se un domani (fosse mai, magari a pensione sopraggiunta) dovessi gestire un tratto ad alta valenza ittiobiologica, limiterei l’accesso a due soli pescatori per km, opterei per il piede asciutto (guadi prestabiliti a parte) e limiterei le tecniche alla mosca secca, mosca sommersa, e ninfa piombata solo con rame, ovviamente usando code galleggianti, ami barbless (no ardiglione schiacciato) e finali non minori dello 0,14
Cosa c’è di così strano nel voler tutelare un ambiente di particolare pregio con regole, che limitando tecniche, accessi e pressioni di pesca, abbassino l’impatto dei pescatori sui pesci, almeno sino al punto di non alterarne i naturali comportamenti?
La riserva più famosa del mondo, quell’Unec Sloveno frequentato da migliaia di pam di tutto il mondo, non è forse vietato per il 70% del corso ad ogni altra tecnica che non sia la mosca secca?
Il mio è quindi un invito a riflettere prima di sparare su chi ha cercato di porre delle regole all’accesso di un tratto a regolamentazione specifica, bollandolo come incompetente.
E’ chiaro che il mondo PAM è diviso tra chi fa del numero delle catture la massima gratificazione personale e si ingegna in tutte le astuzie mutuate da altre tecniche per addivenire allo scopo, e chi invece è legato a modelli e percorsi più tradizionali demandando ancora al lancio e all’imitazione e alle condizioni ambientali la riuscita o meno di una battuta di pesca.
Credo che si possa tranquillamente coesistere.
Il primo passo potrebbe essere appunto quello di non ritenersi padroni della verità e di certezze assolute, accettando e rispettando quindi i regolamenti così come vengono emanati, e demandando al limite al giudizio del mercato (che aimè quando si parla di tutela ambientale non è proprio il massimo…) la validità di certe scelte.
Senza scendere nelle solite considerazioni qualunquiste... meglio questo che quell'altro che non segue le regole etc etc... sappiamo che i buoni e cattivi e maleducati non stanno solo da una sola parte...
Mi raccomando, non aprite un 3d su questo cerchio :)
Se un domani (non credo proprio) dovessi gestire una riserva “turistica” state certi che aprirei a tutte le tecniche e a tutti i marchingegni, dallo strike all’affondatore, dal piombi alle code affondanti, al filo, ai trenini di artificiali. E cercherei di scoraggiare il No Kill. Paga il tuo permesso, fatti i tuoi tre capi come cavolo vuoi e arrivederci alla prossima, tanto venerdì arriva il camion e ripristina il popolamento del tratto.
Se un domani (fosse mai, magari a pensione sopraggiunta) dovessi gestire un tratto ad alta valenza ittiobiologica, limiterei l’accesso a due soli pescatori per km, opterei per il piede asciutto (guadi prestabiliti a parte) e limiterei le tecniche alla mosca secca, mosca sommersa, e ninfa piombata solo con rame, ovviamente usando code galleggianti, ami barbless (no ardiglione schiacciato) e finali non minori dello 0,14
Cosa c’è di così strano nel voler tutelare un ambiente di particolare pregio con regole, che limitando tecniche, accessi e pressioni di pesca, abbassino l’impatto dei pescatori sui pesci, almeno sino al punto di non alterarne i naturali comportamenti?
La riserva più famosa del mondo, quell’Unec Sloveno frequentato da migliaia di pam di tutto il mondo, non è forse vietato per il 70% del corso ad ogni altra tecnica che non sia la mosca secca?
Il mio è quindi un invito a riflettere prima di sparare su chi ha cercato di porre delle regole all’accesso di un tratto a regolamentazione specifica, bollandolo come incompetente.
E’ chiaro che il mondo PAM è diviso tra chi fa del numero delle catture la massima gratificazione personale e si ingegna in tutte le astuzie mutuate da altre tecniche per addivenire allo scopo, e chi invece è legato a modelli e percorsi più tradizionali demandando ancora al lancio e all’imitazione e alle condizioni ambientali la riuscita o meno di una battuta di pesca.
Credo che si possa tranquillamente coesistere.
Il primo passo potrebbe essere appunto quello di non ritenersi padroni della verità e di certezze assolute, accettando e rispettando quindi i regolamenti così come vengono emanati, e demandando al limite al giudizio del mercato (che aimè quando si parla di tutela ambientale non è proprio il massimo…) la validità di certe scelte.
Senza scendere nelle solite considerazioni qualunquiste... meglio questo che quell'altro che non segue le regole etc etc... sappiamo che i buoni e cattivi e maleducati non stanno solo da una sola parte...
Mi raccomando, non aprite un 3d su questo cerchio :)
Beppe S. |