Val di Fumo - Fine agosto 2019

VOLTO REDAZIONE 
Testo e foto di Nimbus 1991
Magazine: RACCONTI
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Me la prendo comoda stamani. 

Sono in Trentino da ormai 5 giorni e come sempre le cose non vanno esattamente come ce l'eravamo immaginate centinaia di volte prima che accadano: il clima ha giocato brutti scherzi facendomi trovare condizioni d'acqua non facilissime per la secca, riversandomi un po' di pioggia addosso ogni giorno; inoltre la prima notte è stata, nonostante la stanchezza per il viaggio, quasi insonne. 

Torniamo al presente. Oggi nonostante mi attenda una meta per la quale ho praticamente ricamato l'intero viaggio avendomi intrigato già solo dalle foto, decido di prendermela comoda: nei giorni scorsi il meteo ha fatto sempre i capricci al mattino per poi migliorare nel pomeriggio. Quindi mi preparo e gusto la solita colazione abbondante in tranquillità prima di organizzare la schiscetta da pranzo che consumerò sul posto. Aggiungo le vivande allo zaino già carico (sistemato la sera prima) con tutto l'occorrente per sentirsi un perfetto boy scout: canna, mulinello, 2 scatole di secche, fili e attrezzatura varia da pesca, kit di emergenza, vestiti di ricambio, macchina fotografica con cavalletto, borraccia, pranzo...15kg abbondanti di fardello da portare sulle spalle. Parto.

Percorro un'oretta di strada tortuosa che si insinua nella valle tra monti, gallerie, cascate, dighe…uno scenario indubbiamente suggestivo. 

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Lasciatomi alle spalle la riserva nokill4 battuta il giorno precedente, giungo alla fine della strada carrabile; parcheggio e mi incammino dopo aver letto il cartello “Bissina 1800m” e la direzione verso la mia destinazione: Val di Fumo. 

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Il sentiero è decisamente piacevole e facile da affrontare in virtù delle camminate ben più ripide e impegnative dei giorni scorsi, una via pianeggiante in terra battuta che costeggia l'ampio bacino artificiale rifornito dal serpeggiante torrente che discende il maestoso monte eretto alle spalle della diga, confine massimo ove lasciare l'auto. 

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Mi rendo conto ben presto che la strada da percorrere sarà più lunga del previsto e sono già li a controllare l'orologio: alle 11.30, dopo circa mezzora di camminata un cartello comunica che sono entrato nel parco naturale Adamello Brenta. Il clima è piacevolmente soleggiato con alcune nuvolette di passaggio e un'aria estiva deliziosa. 

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Controllo la linea degli alberi: dalle foto ricordo che il luogo da raggiungere è caratterizzato da pascoli e arbusti bassi, ciò mi fa intuire che la camminata è ancora nel vivo ma l'invaso è ormai alle spalle, il sentiero si è già infilato nella Val di Fumo e il monte che regna sulla valle è sempre più vicino. 

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Finalmente e quasi inaspettatamente riconosco la "famosa" cascata, soggetto di molti fotografi. D'istinto (devo ancora capire perché) decido di attraversare il ponticello in legno sulla destra e lasciare il sentiero che costeggia il torrente a sinistra, convinto che più avanti troverò altri ponti per poter passare alla sponda opposta e di vedere il fatidico cartello d’inizio della nokill5. 

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Il sentierino si discosta un po' dal torrente, lasciandomi ben presto da solo; intravedo sul lato opposto gli escursionisti che avevo davanti poco fa. Non va così male: in questi frangenti preferisco rimanere in solitaria coi miei pensieri, la natura che mi circonda...il brontolio dello stomaco che inizia farsi sentire. Mi fermo in un punto in cui posso vedere l'acqua cristallina azzurro ghiaccio lungo il sentiero che ora costeggia nuovamente il torrente.

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Seduto su una panca ricavata recentemente da un albero tagliato li vicino, col quale è stato realizzato anche un attraversamento di un rigagnolo d'acqua superato due metri prima, inizio a pranzare pregando che le nuvole - ora più minacciose - concedano almeno la tregua di consumare il pasto. 

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Ormai si prospetta un pomeriggio di pioggia (dannazione) e inizio a sentire fresco; finisco l’abbondante pranzo contenuto nella mia schietta e metto la giacca, ricompongo lo zaino e riparto - ma dove inizia sto benedetto nokill? Raggiungo un'ansa del fiume che mi ispira e decido che è ora di iniziare a pescare: ore 13.30, monto la 8 piedi. Non ho visto pesci né bollate fino a quel momento e date le condizioni d’acqua (alquanto veloce in certi tratti) molto limpida e con cielo nuvoloso, opto per il contrasto di una caddis nera dal corpo verde su amo barbless n.12. 

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Dai primi lanci mi accorgo di esser sul lato sbagliato torrente, quello con meno spazio alle spalle, il più vegetato e continuo a domandarmi per quale motivo abbia deciso di passare su quel ponticello in precedenza. Attraversamenti al momento non se ne vedono e non ho intenzione di bagnarmi i piedi per adesso (sono con scarponi da trekking) l'acqua sembra gelida. Le prime pose sono un po' complicate e fatico a gestire le correnti, di pesci non c'e l'ombra. Cerco di tenere a bada le imprecazioni dovute alle prime gocce di pioggia e al cappotto che mi si sta palesando dinnanzi; in ciò mi aiuta il contesto di per se mozzafiato. Scorgo cavalli liberi al pascolo, mi guardo intorno, lo scenario è da romanzo. 

Pesco per un tratto senza vedere né pesci né cartelli finché a ridosso di un’ampia ansa ne vedo uno, facendomi capire di essere entrato - non so da quanto - nel nokill5.

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Effettuo alcuni lanci in più punti della grossa buca senza ottenere risultati, poi come un fulmine a ciel sereno arriva la prima bollata, rapida, leggera, fulminea, quasi impercettibile e mi ritrovo col primo pesce in canna. Non m’aspettavo una tale combattività e impiego qualche istante per capire che si tratta di un bellissimo salmerino ben proporzionato, ventre rosso, pinne dal profilo bianco, puntini gialli...a occhio sarà 25cm, un bel pesciotto per i miei standard che scongiura il capotto. Messo a guadino forzandolo un po’ ma non certo vinto, il pesce continua la sua lotta anche nella rete gommata, tanto da slamarsi da solo. L’intenzione sarebbe di fargli una foto, ma l’amico pinnuto è stato già fin troppo generoso nell’assaggiare la mia imitazione, ho giusto il tempo di ammirarlo prima che dimenandosi torni in libertà. Ringrazio e proseguo senza catture degne di nota - giusto qualche bollata di salmerini mignon. Giungo a una buca con correntona e spot laterale lento in cui si immette lo stesso torrente che si dirama poco più a monte, affluente di se stesso. Primo lancio sbaglio i tempi sulla bollata di un altro salmerino simile al precedente; riprovo e lo sbaglio di nuovo. Al terzo tentativo arriva nuovamente un pesce a galla sulla secca, questa volta non sbaglio...è una fario, meno combattiva, sempre intorno ai 25cm. Nuovamente ringrazio e rilascio. 

A questo punto decido che è ora di bagnarsi i piedi e attraverso il corso d’acqua. Finalmente sono dal lato più aperto che mi consente una visuale migliore e lanciare liberamente. 

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Comincia piovere, questa volta sembra fare sul serio. Non mi faccio intimidire e continuo raggiungendo una lama d'acqua con alcuni massi sommersi e delle possibili tane sul lato opposto sotto a dei rami che si protraggono di poco sopra il torrente; qua noto la prima trota in caccia - ferma davanti alla corrente con le spalle protette da un masso - che sale a bollare di tanto in tanto qualcosa a galla. Cerco di capire cosa stia mangiando ma piove e non vedo volare nulla, riconosco qualche micro insetto (forse emergenti) sul pelo d’acqua. Ma la situazione climatica e la frenesia mi fan perdere lucidità, sono a un'ora e mezza di cammino dalla macchina, sotto la pioggia, da solo, le uniche (poche) persone che vedo stanno telando a gambe levate sotto mantelline e ombrelli verso il fondovalle. Monto così una cavalletta cdc su amo 10 - alquanto generosa - nella speranza che galleggi bene e stimoli la trota a farsi l'ultimo boccone sostanzioso di giornata prima di rincasare. E’ chiaro che la scelta non risulta certo vincente, provo a far scendere la cavalletta in modo più naturale possibile trasportata dalla corrente così che la trota la ritrovi in linea d’alimentazione ma senza risultato, finché un rombo mi fa sobbalzare e scuote l'intera valle: il tuono sembra spaccare in due la montagna. Chiudo e ripongo l'attrezzatura in tempo record  scappando con la coda (non di topo) tra le gambe in un misto di emozioni tra paura, sconforto, rabbia e delusione. Sono le 16. 

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A passo spedito lascio la fantastica vallata alle mie spalle oltre a più di metà riserva da esplorare. L’amaro in bocca è tanto, troppo, ad ogni passo aumenta pioggia e rassegnazione nel terminare così in anticipo la giornata. Sono quasi al confine d’inizio della nokill5 quando scorgo all’orizzonte dei temerari sotto la pioggia fine, fitta e battente, solo che loro stanno procedendo nel senso opposto al mio. E’ una madre con dei bambini: accompagnano due pescatori intenti a volteggiare abilmente la coda. Uno dei due effettua una cattura, riesco a vedere la canna piegata e il combattimento relativamente lungo. Le emozioni a questo punto alimentano ancor di più la confusione che ho in testa, ormai sono le 16.30, sono impalato sotto il temporale a osservare i pescatori da svariati minuti, sempre vigile in attesa che un secondo tuono faciliti la decisione di abbandonare la valle rincasando. Ma ciò non avviene. Rollo una sigaretta bagnata e vado incontro a uno dei due pescatori: anche loro si sono accorti della mia presenza. 

Scambiamo due parole riguardo al tempo e al tuono di prima, inconsciamente cerco conforto e un appiglio per rientrare in pesca e salvare la giornata. I due amici sono assidui frequentatori della zona, uno dei due - quello più loquace con cui ho modo di conversare un po’ - veniva spesso a pesca da solo in Val di Fumo, macinando qualche km nei weekend e dopo aver fatto vedere le foto del luogo alla famiglia ha deciso questa volta di portarli con se per passare alcuni giorni nel rifugio, tra pesca e relax. Li saluto e ci separiamo, io verso valle loro verso monte, continuando a pescare prima di raggiungere il luogo di pernottamento. Dopo il primo tuono non ne susseguono altri ma la pioggia continua. Percorro altra strada fino all’unico punto riparato che trovo, una grossa roccia sul sentiero con degli alberi al di sopra. Decido di fermarmi e aspettare un segno definitivo che indichi la decisione da prendere, osservo il cielo, tendo l’orecchio. Guardo la macchia scura delle conifere per intuire l’intensità della pioggia, saluto un gruppo di ragazzi con le incerate che mi passano davanti e subito scompaiono lungo il sentiero. Torna il silenzio e la solitudine, il gorgoglio del fiume si fonde con lo scrosciare delle gocce sugli alberi. 

Poco dopo le nuvole iniziano a diradarsi riscoprendo la montagna, decido così di tornare verso il nokill per pescare almeno un paio d’ore, sono quasi le 17. 

A passo spedito raggiungo di nuovo i due amici, uno - quello più taciturno - sta pescando nel punto in cui avevo preso il primo salmerino. Raggiungo e affianco l’altro quando la pioggia é pressoché cessata. Facciamo un tratto a piedi insieme parlando di pesca, di cattive gestioni delle acque nelle rispettive località di provenienza e di come stava andando la giornata prima che ci incontrassimo. 

Siamo in prossimità della lama d’acqua dove - prima che il tuono mi cacciasse via - stavo tentando la trota in caccia; osservo l’uomo effettuare alcuni lanci, anche lui sta pescando a secca e ammiro i suoi volteggi tesi dai loop stretti che si stendono con armonia sull’acqua senza sbavature. La mia attrezzatura è ancora nello zaino, preferisco osservare ancora un po’ per non ritrovarci in competizione uno davanti all’altro. Sono in un punto d’osservazione ottimale rispetto a lui e noto una trota - forse quella che stavo puntando prima - salire più volte sulla secca senza avere il tempo e lo spazio per bollare: è subito davanti a un sasso di metà buca con la corrente che trascina un po’ troppo velocemente la mosca proprio quando il pesce vorrebbe abboccare. Gli do indicazioni per posare l’imitazione nel punto migliore dato che dalla postazione in cui lancia non vede bene la trota, mimetizzata molto col fondale. Dopo svariati tentativi il mio amico di giornata rinuncia al ché rimonto la canna armata di una klinkhamer del 14 ed effettuo il primo lancio a distanza di più di un’ora dal precedente. Sento un po’ di soggezione avendo vicino un pescatore esperto che pesca a mosca da quando sono nato mentre io sono un novizio autodidatta entrato a far parte del magico mondo pam da metà di questa stagione 2019. Piazzo un buon lancio delicato a monte della tana/zona di caccia ed ecco che la trota sale a bollare decisa, ferro e ottengo un pesce in canna di tutto rispetto - in acqua l’avevo sottostimato - intorno ai 30cm molto combattivo, che recupero e porto a guadino con gli elogi del signore a fianco a me. Una cattura che risolleva alla grande il morale di giornata e dal sapore intenso, vuoi per averlo vinto in quelle condizioni dopo che un esperto non era riuscito nell’intento, vuoi per riscatto dopo l’interruzione dovuta al temporale.

A quel punto, forse un po’ ferito nell’orgoglio, l’uomo che ora viene raggiunto dall’amico - finalmente ha abbandonato la pozza in cui l’avevo visto un quarto d’ora prima dove pare abbia salpato diversi pesci - mi distanzia parecchio, mentre io rimango volutamente un po’ indietro con una carica rinnovata senza pretendere altro, mi basta aver salvato la battuta di pesca ed esser tornato indietro in questo scenario magico, ora baciato da un pallido sole. Di contro però la pioggia non è scesa senza conseguenze: il torrente si fa via via più gonfio e torbido, il ricordo limpido e cristallino dell’acqua a mezzogiorno si sporca di terra. 

Guardo i due amici pescatori risalire il sentiero per poi scollinare e sparire alla vista. 

E’ più forte di me, rimonto un terrestrial nella speranza che stimoli un pesce a ghermirlo ma sto sprecando tempo, sono quasi le 18.

Mi perdo nell’unico dedalo di conifere basse lungo la sponda, cercando una scorciatoia verso il sentiero principale ma come spesso accade le scorciatoie portano soltanto a vicoli ciechi e a percorrere poi il doppio della strada. Ritrovato il sentiero scollino davanti a un passaggio ancor più suggestivo (se possibile) con la sensazione di aver visto poco nulla fino a quel momento; la valle si espande in tutta la sua bellezza offrendo uno scenario da cartolina: una cascata fragorosa subito sotto i piedi, una malga a sinistra da cui provengono gli animali da pascolo incontrati liberi finora, il monte davanti, il grosso rifugio rialzato sulla destra, il torrente tornato azzurro intenso scorre fluido in mezzo ai prati. Mi sento vivo, felice e grato, temporeggio a lungo riempiendomi i polmoni di quell’aria pura così come gli occhi di quella bellezza naturale. 

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Rincontro i due pescatori, sono uno di fonte all’altro rispettivamente sulle due sponde, uno a piedi asciutti, l’altro in acqua a meta coscia. Resto un po’ a osservarli, stanno puntando una grossa trota che li beffa bollandogli davanti, rifiutando le loro mosche. Guardo la malga e il cartello di vendita formaggi con cupidigia: fin da prima che partissi avevo intenzione di comprare qualche buon latticino tipico di montagna in luoghi come questo, ma il focus al momento sarebbe quello (utopico) di arrivare a fine riserva. Passo oltre e mi fermo davanti al ponticello in legno il quale attraversato conduce al rifugio subito li sopra, una struttura alquanto massiccia vista da vicino. Qua trovo una bella spianata profonda con una leggera corrente e l’acqua ancora un po’ torbida ma noto alcune bollate. Rimonto quindi l’emerger del 14 e ottengo alcune risposte da parte di una fario, senza però riuscire a concretizzare l’azione. Mi si affianca nuovamente l’amico di prima che osserva per un po’ lo sviluppo, poi prosegue e si posiziona poco più avanti. Finalmente riesco a ferrare una trota, non è quella che ho sbagliato prima, è più grossa, il pesce migliore della giornata, stimato almeno 35cm. Riesco a salparlo, tengo la mano nell’acqua gelida per raffreddarla così da non creare shock termici e danneggiare il pesce, faccio una rapida foto e via di nuovo in libertà con i dovuti ringraziamenti.

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Proseguo ancora per alcuni metri dopo il ponticello lasciando alle spalle i due amici che stanno risalendo la collina verso il rifugio e incontro un altro moschista, sta rientrando dai piedi del monte che ormai getta ombra sul fiume. Faccio gli ultimi lanci, la giornata purtroppo è giunta al termine senza che sia riuscito a vedere la fine della riserva e magari affrontare anche il tratto di libera a monte. Mi accontento comunque: la valle è ora immersa nella tiepida luce del sole che pian piano cala dietro le montagne, regna una quiete assoluta, godo degli ultimi istanti prima di riporre l’attrezzatura nello zaino, mangiare uno snack e rimettermi in marcia giù per la collina verso il sentiero, verso il parcheggio, verso casa; sono le 19. 

Ripercorro la strada di alcune ore prima a ritroso, questa volta felice anche se non pienamente soddisfatto ma col giusto pizzico di curiosità e voglia rimasta che già alimenta la fantasia di una replica la prossima stagione. 

Arrivato ai pascoli in piano sono quasi al confine iniziale della nokill, mancherebbe solo un ponticelllo da attraversare per poi risalire di poco il sentiero che scollina subito dopo aver passato un cancelletto di sbarramento per il bestiame - l’inizio del nokill - se non fosse che già da lontano noto un gregge di vacche al pascolo che bloccano completamente il passaggio.

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Mi dico, questi animali sono certamente abituati alla presenza costante dell’uomo, che sia il pastore o il via vai di turisti escursionisti, tuttavia la soggezione cresce, il toro mi guarda un po’ contrariato da lontano e decido di cercare di aggirare il bestiame. Guardo attorno, le alternative sono poche: attraversare il fiume alla mia sinistra prendendo così il sentiero percorso a inizio giornata o cercare di aggirare il branco a destra facendo un giro largo sopra la collinetta per poi ridiscendere più avanti verso il cancelletto (la collina è cintata da filo elettrificato). Avvicinandomi al fiume vedo che il tratto è un po’ troppo veloce e fondo per attraversarlo e data l’ora e il freddo ai piedi ancora bagnati non me la sento di entrare in acqua fino a metà coscia. Opto dunque per il giro largo sopra la collina passando a testa bassa senza farmi troppo notare - gli animali mi osservano con aria come dire “cosa sta facendo questo? Sono proprio strani questi esseri umani”. 

Supero l’ostacolo perdendo un quarto d’ora buono e vado avanti, raggiungendo la famosa cascata che ammiro nuovamente, questa volta da un’angolazione diversa col monte rosato dal tramonto, senza nessuno nei dintorni e riempio ancora una volta lo spirito di pathos. 

Al crepuscolo imbocco la strada in terra battuta alquanto stanco ma carico di emozioni. Ripercorro la giornata col pensiero, ripercorro le giornate passate in Trentino, penso all’indomani. Sono stanco, la via è facile ma la distanza si sente a fine giornata. Controllo spesso il gps sul telefono per farmi un’idea di quanto manchi; pessima idea, all’inizio del lago artificiale segna più di 3km al parcheggio. Non ci penso troppo e continuo a testa bassa, pieno di nuovi propositi futuri - tra cui ritornare sicuramente in Val di Fumo il prossimo anno e passare almeno due notti al rifugio - e raggiungo il bivio per tornare alla macchina:  un bello strappetto di gradoni in salita, l’ultima fatica per guadagnarsi la giornata, sperando che il parcheggio auto non venga chiuso a una certa ora da qualche sorta di sbarra.

Mi giro indietro un’ultima volta e faccio una foto al monte sempre più rosa che si riflette nello specchio d’acqua sottostante in una giovane sera. Finalmente arrivo alla macchina entro mi siedo e tiro un sospiro di sollievo e soddisfazione; metto in moto e mi avvio verso casa, ci vorrà ancora un’oretta di guida giù nella Valle di Daone. Anche questa sera me la prenderò con calma: arrivato a casa dovrò preparare qualcosa per cena, sono le 20.30. 

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 Nimbus1991, Val di Fumo - Agosto 2019
P.S.: Magari ci si incontrerà nella Valle prima o poi, un giorno di fine estate. 

© PIPAM.it

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