Luciano Maragni

Le INTERVISTE di PIPAM
di Valerio BALBOA Santagostino

LUCIANO MARAGNI



Avendo l’abitudine di fare le mie interviste “de visu”, anche questa volta sono andato di persona da Luciano. E mai cosa è stata più gratificante. La sua stanza è un museo. C’è la storia di oltre 50 anni di pesca a mosca. Alle pareti mosche incredibili, foto di pesci che probabilmente non prenderemo mai, attrezzature antidiluviane come modernissime. I suoi album, che starei a sfogliare fino all’ultimo, raccolgono foto e articoli, che pur sbiaditi, racchiudono l’avventura di un uomo che ha dedicato tutta la sua vita alla nostra passione. Milanese, classe 1935 (visto che non è una bella signorina ho potuto chiedergli l’età ), titolare negli anni settanta di un affermato studio di arredamenti d’interni, a 48 anni si reca per la prima volta a Cuba. Ne rimane talmente folgorato che si trasferisce nell’87.
Come residente a tutti gli effetti, ci vive dall’89 al 2000. Una moglie e una figlia ormai grande, è stato uno dei fondatori, nel 66, del Fly Angling Club di Milano, per il quale curava la rubrica “ Il Temolo” sulla pubblicazione “Consigli di pesca”. Nell’89 ha aperto il Bass Fly Club di Milano.
Dall’84 si innamora della pesca in mare e a detta di tutti è stato, oltre il vero pioniere in Italia, il massimo diffusore nel nostro paese. I rumors dicono anche che abbia inventato la sigaretta. Non per niente abita davanti alle Manifatture Tabacchi, ora in disuso, delle quali mi raccontava, con un certo rimpianto, delle magnifiche zaffate di tabacco che salivano fino al suo terrazzo..



V: Grazie Luciano innanzitutto per l’opportunità agli amici di Pipam. So che sei molto riservato e che vuoi stare lontano dai riflettori. Ma stavolta ti ho convinto a fare un’eccezione
Inizio subito con una domanda a bruciapelo: acqua dolce o salata?

L:  Per me la pesca va bene ovunque, considero l’azione di pesca a mosca una delle cose più belle che un pescatore possa fare. Ti faccio un esempio. Quando tornavo dalla stagione a Cuba, andavo sul Sarca a pescare i vaironi, e mi divertivo come pescare i tarpon.

V:  Sei stato un pioniere della salt water. Quando hai iniziato e come?

L:  Sono andato a Cuba per caso, nel Bass club in formazione avevo un amico Giorgio Dallari, si quello dei mulinelli, che con un suo amico era stato invitato a caccia a Cuba. Avevano aperto una riserva di Fidel. Si potevano cacciare anatre a giorni alterni. Negli altri pescavano le truche, i bass in cubano, che gli italiani confondevano con le trote.
Ovviamente l’attrezzatura era incredibile, filo a mano, amo e vermoni di gomma. Ma quando sono tornati mi hanno mandato delle foto di bass cosi enormi che dissero “ tu, pesci cosi non li prenderai mai !! “
Giorgio, nel Dicembre dell’86 stava organizzando un altro viaggio a bass, e io dissi “ Vengo anch’io !! “.
Siamo partiti da Milano con un tempo infernale, all’aeroporto di Madrid, peggio che a Malpensa. Quando si è aperto il portellone all’Avana ho incontrato un tempo talmente eccezionale che ho esclamato “ Questo è il mio paese! “.
Ci siamo trasferiti a Virama, una riserva di caccia e pesca incredibile, una laguna di acqua dolce enorme, come las Salinas per intenderci. Gigli d’acqua dovunque. Avevamo a disposizione una barca a motore che trascinava con se delle piccole lance spinte da un palanchero. Dovunque lanciavi, pigliavi un bass dai 3 etti ai 5-6 kili. Eravamo sicuramente i primi a pescare a mosca i bass. Il Gramma ( l’equivalente del nostro Corriere ) ci ha dedicato persino un articolo ( ndr : l’ho intravisto nell’album dei ricordi ). Ebbi una fortuna. Conobbi il mio amico Fello, campione nazionale di pesca al bass. Con lui abbiamo fatto infinite sfide di pesca, lui con i vermi e io a mosca, e mentre pescavamo, mi mostrava i posti. Fello però pescava anche in mare. Mi ci ha accompagnato e li mi è scoppiata la passione per la salt water.
Nei miei artificiali cercavo di copiargli le sue esche naturali. Non avevo neanche l’idea con che mosche pescare. Pensa che all’inizio usavo i popper anche sui bonefish. Poi osservando i suoi gig ( amo con un piombino schiacciato e un pezzetto di gomma) e le sardine ( per i tarpon) mi sono inventato i primi gamberetti. ( ndr : questi gamberetti li ho visti in una busta di plastica ormai datata, ma vi assicuro che sarebbero ancora micidiali ).

V:  Quando invece hai iniziato a pescare?

L:  Ho iniziato con mio padre a 3 anni, e dopo lo scoppio della guerra ci siamo trasferiti a Motta Visconti, e li ho conosciuto tutti quelli che, in seguito, sarebbero diventati i migliori bracconieri del Ticino .
Mio padre mi aveva insegnato a pescare a camolera, a moschera e a costruire le prime mosche per queste due tecniche. Pescava anche alla valsesiana e alla valtellinese. Nel 60, a 25 anni, mi ha fatto un regalo incredibile. Lui sdoganava la merce per Ravizza ( ndr: noto negozio di caccia-pesca a Milano) e tramite appunto il negozio era riuscito ad acquistare una Hardy con mulinello e coda di topo in seta per me. Ho imparato a costruire le mosche secche copiando un campione che mi dava un medico dentista, il Dott Spinardi, in cambio però di una lauta fornitura Sai cosa usavo come morsetto? Il morsetto da orologiaio. ( ndr : visto ovviamente anche lui).
Considero la costruzione di una mosca valsesiana come la base di tutte le altre. Il dottore mi ha anche mostrato i primi lanci. In quella epoca non c’erano gli istruttori che ci sono adesso. Dal 60 al 66 ho pescato con queste tre tecniche senza che nessuno mi insegnasse a lanciare. Dopo la fondazione del Fly Angling Club mi sono dedicato interamente alla mosca.

V:  Il pesce che ricordi di più?

L:  Il primo bonefish, assolutamente. Per me a mosca è stato uno shock, per la potenza , una reazione di un pesce comunque, se ci pensi, non enorme. I grossi tarpon non mi hanno mai lasciato la stessa impressione.

V:  Dimmene un altro.

L:  Una mormorata di 4 kili sul Brenno, in Svizzera, presa con una moschettina da temolo del 18.

V:  : Come vedi la pesca a mosca in Italia?

L:  Va bene. Penso siamo in aumento come numero. Peccato che non pescheremo più in fiumi veri, nel senso che non penso ci sia più un corso d’acqua senza immissioni o con pesce che non abbia subito ibridazioni. Ci sono però dei pesci nuovi che danno piacere, come gli aspi. Penso che le cheppie e i bass siano gli unici pesci veramente autoctoni che abbiamo.

V:  Cosa fai ora nel campo della pesca a mosca?

L:  Nel 2000, quando sono tornato, ho organizzato un campo in Mongolia per un anno, le Maldive per 4 anni, e ogni tanto vado a Cuba con gli amici. Mi occupo anche del lago privato di Pusiano, come consulente di pesca.

V:  Il paese che ti ha lasciato il segno?

L:  La Mongolia, uno dei più belli in assoluto, per la sua naturalezza, per i suoi pesci e per la sua gente.

V:  Una mosca che ricordi con molto piacere?

L:  La marcina del Sandrino Ghilardi per esempio, che si succhiava prima di lanciare e stava un centimetro sotto la superficie. Una piccola sommersa contemporanea. Ci ho pescato tantissimo. Veramente una delle mie mosche preferite.

V:  Preferisci la pesca in caccia o su bollata?

L:  Mi piace più in caccia con le trote, e in bollata con i temoli.

V:  Dopo tanti anni sei stanco o stufo?

L:  Mai! E’ uno degli stimoli più belli per continuare a vivere. Se non posso camminare vado in barca. Mal che vada mi faccio accompagnare sul bordo del fiume e pesco. Andrò a pescare fino a che ce la farò

V:  Un rimpianto?

L:  Nessuno, tutto quello che ho pensato di fare l’ho fatto e i pesci che mi ero sognato di pescare li ho presi tutti. Ho girato dovunque. Sono completamente appagato.

V:  E’ bello sentirtelo dire…

V:  Come è cambiata la pesca a mosca rispetto ai tuoi tempi?

L:  Nulla. Sono cambiate, in meglio, le attrezzature, e i fiumi, in peggio. E forse sono cambiati anche i pescatori. Ma la pesca a mosca non è cambiata , lo spirito è intatto.

V:  Americani o europei a pesca?

L:  Gli europei. Perché ho accompagnato veramente tanti pescatori e ti posso dire che gli americani al 90 % sono un po’ grossolani nell’uso dell’attrezzatura. Per dirti, in questi anni, il 90% degli americani lanciavano male, mentre il 90% degli europei lanciavano bene.

V:  Senti Luciano, una domanda molto attuale e fonte sempre di accese discussioni. Cosa pensi del No-kill?

L:  Sono contrario al totale. Ci deve essere sempre un certo prelievo e quindi sono per la cattura regolamentata. In questo modo si rinnova il pesce e c’è spazio per i più piccoli per crescere. Oltretutto nei No-kill che ho pescato, li ho trovati sempre difficili perché i pesci erano punti troppi.

V:  Fatti una domanda ora.

L:  Per quanto tempo potrò continuare a pescare a mosca?.....
      Le ho dedicato veramente una vita, chissà…

V:  Un pensiero o un augurio per gli amici di Pipam?

L:  Andate a pescare, pensando sempre di imparare qualcosa di nuovo.

V:  Grazie Luciano del tempo che ci hai dedicato e speriamo di tornare presto insieme su qualche spiaggia dorata di Cuba



Valerio Santagostino

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