ZEN e canne in Bamboo
![]() Sto leggendo un libro: "lo zen ed il tiro con l'arco". E' il racconto di un docente di filosofia che per indagare sulla filosofia Zen viene invitato a far pratica di tiro con l'arco nello stile Kyudo e da un maestro, in cinque anni di permanenza in Giappone, apprende le condizioni per avvicinarsi a quest'arte: la concentrazione, il controllo della respirazione, l'abbandono dello stato cosciente… Il libro è molto bello, vale la pena averlo in biblioteca e costa poco.
Pensavo di adottare questo tipo di approccio anche alla costruzione delle canne!
Premesso che la filosofia Zen pervade moltissime delle attività svolte in Giappone: il rito del the ne segue i dettati, la calligrafia, la disposizione dei fiori Ikebana; la ginnastica mattutina. Anche la costruzione di canne in Bamboo è costituita da una serie di operazioni che dopo un'attenta analisi e con applicazione continua ed assidua possono essere estraniate dalla coscienza razionale e rese spontanee. La ripetizione costante di un'operazione porta all'abbandono del controllo cosciente del gesto e la sua "resa" si avvicina alla perfezione. (camminare o afferrare un oggetto, per esempio, non sono mai il risultato del controllo cosciente sull’azione dei muscoli, funzionano sullo stesso principio)
E' sintomatico che lì ci siano degli artisti che dipingono per tutta una vita lo stesso soggetto. Ho visto, anni fa, la collezione di un pittore che ha dipinto, per oltre 60 anni, un solo tipo di trota. Saranno state 200 tavole in cui si vede questo pesce in innumerevoli posture ed attività. Sempre lo stesso. Incredibile per una mente occidentale, ma assolutamente affascinante come risultato; praticamente perfetto dal punto di vista formale e della resa grafica.
Si potrebbe adottare la stessa filosofia, lo stesso approccio, per la quasi totalità delle operazioni.
Adesso mi vengono in mente solo l'affilatura degli utensili o la verniciatura che sono processi già documentati e noti, ma credo che anche la piallatura e tutte le altre operazioni potrebbero essere condotte a queste linee guida. La stessa filosofia si può applicare anche nel lancio, nella costruzione delle mosche...
Bisognerebbe crearsi l'abito mentale per effettuare tutte le operazioni in maniera semplicemente rigorosa dal punto di vista formale: dedicare alla costruzione una porzione ben precisa di tempo, adottare vestiario adatto, crearsi una procedura di concentrazione specifica per l'attività che si sta svolgendo, avere uno spazio, per quanto piccolo, espressamente dedicato a questa attività.
Questi processi, riti, preparatori erano applicati anche dai maestri forgiatori per la realizzazione delle spade. Nella fase di affilatura, poi, l'addetto usava abiti particolari, diversi da quelli che venivano usati in altre operazioni, disponeva gli strumenti accanto a se in modo rigoroso, a distanza ed in posizioni ben determinate, eseguiva un rito propiziatorio prima di iniziare, concludeva l'opera con un altro rito. (nel nostro caso, prima di cominciare, mandare un pensiero al Garrison e a Leonard ed un accidente a Gillum!)
Anche in Europa esistono tradizioni che vengono, venivano, codificate in questo modo. Con un’aura diversa e molto più misticismo i frati che lavoravano alle miniature adottavano procedure analoghe. La scelta dei legni ed i processi alchemici usati dai liutai avevano gli stessi presupposti.
Tornando a noi. Il risultato sarebbe forse una canna l'anno, lavorata magari per il triplo del tempo che si impiega abitualmente, ma con dentro un "capitale" di concentrazione inavvicinabile da qualsiasi processo produttivo. Estremamente vendibile nel mercato della collezione.
![]() (In tema: calcioli in Sophora japonica) E' chiaro che un'attività del genere non potrà essere condotta ascoltando la radio, o nei ritagli di tempo, o con l'assillo delle tasse da pagare, o di qualche altro lavoro sospeso.
Bisognerà creare la capacità di distaccarsi dal contesto e di concentrarsi solo sull’operazione che si svolge; dimenticare quasi di avere un fisico.
Ripensando alla figura di qualche grande costruttore vi si possono trovare degli abbozzi di questa filosofia, di questo modo di pensare. Credo che spesso sia stato scambiato per gelosia, iracondia o cattivo carattere ma se rileggo quanto è stato difficile per l'autore farsi accettare come allievo dal maestro di tiro con l'arco, molti aspetti del carattere di Gillum o di Payne diventano comprensibili. L'iter che conduce a diventare padroni di un insieme di capacità complesse come quelle necessarie per la costruzione delle canne non può che passare attraverso anni di applicazione e di ripensamenti. Trovarsi addosso una richiesta mal formulata da un tizio che non conosci e che vorrebbe che gli insegnassi lì per lì tutti i segreti della tua esperienza cimenterebbe il carattere di più di qualche santo.
Un aneddoto americano racconta di un tizio (William Taylor, diventerà in seguito un costruttore famoso) che, dopo essersi fatto una giornata di motocicletta per andare a comprare alcune stanghe di bamboo presso la ditta di Payne, fosse da questi allontanato a male parole. Solo la cortesia del socio (Frank Oram) gli consentì di vedere soddisfatta la richiesta, la sera, dopo che Payne si era allontanato dal laboratorio.
Lo capisco Payne. Magari conosceva per nome tutte le stanghe di bamboo che aveva in magazzino. A sentirsi fare la richiesta di venderne qualcuna si deve essere risentito come se gli avessero chiesto di vendere un figlio.
In egual maniera capisco la gente che ritiene inavvicinabili le capacità dei maestri: Il culto di Payne o di altri maestri costruttori trova in Giappone una perfetta corrispondenza nel rispetto e nell’assoluta stima che gli allievi attribuiscono al proprio maestro d’arte.
Ho vissuto un'esperienza di questo tipo praticando Aikido: un nostro istruttore con 20 anni di pratica e di insegnamento alle spalle ha, nei confronti della propria maestra, una reale venerazione che non sarebbe concepibile in un ambito diverso ma che trova nello Zen la sua giustificazione. Il maestro è il tuo viatico per raggiungere la perfezione nell'arte, lui è più vicino di te a questa condizione. Credo, che giusto di venerazione sia obbligo parlare quando sai che il tuo maestro di tiro con l'arco ha colpito un bersaglio di 1 m di diametro a 1000 m di distanza! O con la seconda freccia, completamente al buio, ha smezzato l'asta della prima!
Conclusioni: Dopo aver dato sfoggio di cultura citando nomi di costruttori famosi e raccontando aneddoti di vario genere urge tirare delle conclusioni, chiedersi se quanto scritto sopra abbia senso qui ed in questo momento o rimanga una elucubrazione teorica ed inapplicabile. A mio giudizio è necessario fare questa riflessione:
"per chi sto costruendo canne e perché le faccio?"
Se la risposta sarà:
"per me e lo faccio perché mi piace farlo",
ebbene, credo che si sia già sulla strada giusta e anche senza conoscere i dettati dello Zen se ne stia già applicando l’insegnamento basilare. La perfezione verrà raggiunta, piano piano, con la dedizione e l’applicazione.
Se la risposta sarà:
"ne ho intravisto una possibilità di profitto e ho le capacità per crearci un business!"
Allora a leggere sta roba qui state già perdendo il vostro tempo. Meglio che corriate a produrre. Il nostro socio di maggioranza, quello che non verrà mai in laboratorio, ma che si appropria di più di metà di quel che guadagniamo, ha già cominciato a pretendere la sua parte.
Se poi, finito il libro, invece di mettervi a costruire canne decidete di dedicarvi al tiro con l’arco, non è una cattiva idea. Costa meno!
02/06/2000 Jo
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