Differenze tra temolo padano e temolo danubiano

22/02/10 - Sotto la lente

22/02/10 Testo e foto di Marco Riva (marble)


Il temolo (Thymallus thymalllus) era in origine presente nelle acque italiane limitatamente al bacino padano-veneto, negli affluenti di sinistra del fiume Po ed in alcuni corsi d’acqua piemontesi in destra Po, oltre che nello stesso fiume principale.
In tempi recenti sono stati immessi temoli in altre acque da cui erano originariamente assenti, come ad esempio nel fiume Trebbia, nel Fiume Aveto (Appennino emiliano e ligure), nel fiume Tevere ed in altri corsi d’acqua.
Negli ultimi decenni la specie ha subito importanti elementi di disturbo che in molti casi ne hanno causato la drastica riduzione o addirittura la scomparsa da certi corsi d’acqua.
I fattori che hanno contribuito e che tutt’ora rappresentano un pericolo per la sopravvivenza della specie sono molteplici e quasi tutti di origine antropica. Infatti la modificazione dell’habitat, la riduzione delle portate, la frammentazione dell’asta fluviale, l’inquinamento delle acque, le alluvioni rovinose, l’eccessivo sforzo di pesca, l’aumentata predazione ad opera di specie ittiofaghe ed altri fattori continuano in varia misura ad interferire con lo sviluppo di questa specie, minandone la sopravvivenza.
La salvaguardia della specie è da tempo un obiettivo degli appassionati, dei pescatori, delle istituzioni; sono sempre più frequenti i progetti per lo studio e la salvaguardia del temolo, finanziati da enti e associazioni, con la finalità del recupero della specie ove ancora presente.
Il temolo è stato quindi oggetto negli ultimi decenni di ripopolamenti, sia in zone in cui era originariamente presente e da cui era scomparso (reimmissioni), sia in corsi d’acqua in cui resisteva una limitata popolazione residua (ripopolamenti). In alcuni casi le immissioni hanno avuto successo, in altri invece le condizioni ambientali non erano favorevoli alla riproduzione e la popolazione di temolo era soggetta a continui ripopolamenti per poter perdurare.
Il materiale ittico utilizzato per le immissioni era però di difficile reperimento e gli unici soggetti dai quali era possibile acquistare temoli erano allevamenti d’oltralpe, con prevalenza di quelli austriaci. Ad oggi permane una situazione simile, ad eccezione di alcune realtà locali in cui si cerca di salvaguardare e produrre il ceppo autoctono di temolo.
La maggior parte degli stocks in commercio è costituita dal cosiddetto temolo “pinna rossa”, di ceppo danubiano (appartenenti al bacino del fiume Danubio, che sfocia nel Mar Nero), che si differenzia dal temolo di ceppo padano (temolo “pinna blu”), originario e peculiare del distretto padano-veneto e quindi dei fiumi le cui acque confluiscono nell’alto adriatico.

Figura 1: dall’alto in basso: temolo “pinna blu”; probabile ibrido; temolo “pinna rossa”


Non si esclude comunque che nel tempo siano stati utilizzati temoli anche di origine differente, vista l’elevata eterogeneità fenotipica del materiale ittico che si ritrova nelle acque italiane.
Le continue immissioni di materiale geneticamente distante dal temolo pinna blu ne hanno determinato in alcuni casi la scomparsa; in altri casi si sono costituite popolazioni ibride in quanto le varie forme sono assolutamente interfeconde. Ad oggi sono poche e localizzate le realtà in cui permangono popolazioni pure di temolo pinna blu.
A seguire verranno trattate le differenze della livrea (fenotipiche) e morfologiche più significative che differenziano il temolo di ceppo padano dal temolo d’oltralpe, rappresentato principalmente dal ceppo danubiano, ma non solo.

Figura 2: esempi di pinna caudale appartenente al fenotipo “pinna blu”



Le fonti utilizzate per questo contributo sono reperibili in letteratura e si basano inoltre su osservazioni dirette; si è operato in modo da selezionare le fonti più attendibili e generali, al netto di ulteriori informazioni di cui non è possibile verificarne l’attendibilità, oppure perché semplicemente basate su osservazioni estemporanee e di carattere locale.

Figura 3: esempi di pinna caudale appartenente al fenotipo “pinna rossa”


Figura 4: si possono trovare anche colorazioni intermedie


Innanzitutto uno dei caratteri distintivi più accentuati è appunto il colore della pinna caudale. Nel ceppo pinna blu questa assume una colorazione appunto blu (Figura 2); a questa si accompagnano normalmente anche la pinna dorsale, però spesso variegata con altre colorazioni, la pinna anale e le pinne pelviche, che possono assumere una colorazione azzurro-grigiastra, con cenni giallastri.
Nel temolo di origine danubiana invece la colorazione della pinna caudale è generalmente arancio-rossastra, così come le altre pinne, che assumono una colorazione in prevalenza arancio-giallastra. In questo caso la pinna dorsale ha una colorazione che presenta in modo più marcato sfumature rossastro-violacee, più evidenti in periodo riproduttivo.

Figura 5: particolari della livrea tipici del temolo “danubiano”


La colorazione del corpo è un ulteriore elemento di distinzione: il temolo padano è caratterizzato da una colorazione di base grigiastra che verso il dorso sfuma nel blu-verde scuro. I fianchi sono generalmente grigio argentei, mentre il ventre è prevalentemente bianco.
Nel temolo danubiano invece la colorazione di fondo tende al bruno giallastro, sebbene il ventre permanga di colore chiaro.
Altre caratteristiche distintive del temolo transalpino sono la grande macchia vinaccia presente lungo i fianchi dall’attaccatura delle pinne pelviche fino ad almeno metà dell’altezza del corpo e una banda giallo oro su ogni fianco, più o meno accentuata, sulla porzione inferiore del corpo e che delimita il passaggio della colorazione tra i fianchi ed il ventre.
Per quanto riguarda il temolo transalpino, si può notare a volte la presenza di una macchia nerastra di forma circolare sulla membrana branchiostega.

Figura 6: tipiche bande laterali del temolo “danubiano”


Alcuni autori riconoscono nel temolo padano la presenza di punti neri sui fianchi solamente nella porzione anteriore del corpo, mentre per il pinna rossa la puntinatura è presente in generale anche nella parte posteriore del corpo.
La presenza di diversi ceppi di temolo non originari delle acque italiane è confermata anche dal rinvenimento di ulteriori caratteristiche che non sono proprie ne del temolo padano, ma nemmeno del temolo danubiano; si tratta probabilmente di ceppi derivanti dal nord Europa. In particolare si è notato in alcuni individui la presenza di un certo numero di puntini più scuri anche sul capo del temolo, così come la presenza di una striatura accentuata di colori contrastanti sulle pinne pari.

Figura 7: striatura delle pinne pelviche


Tornando alle differenze più significative tra temolo padano e le altre forme europee, si riconosce a livello morfologico una certa differenza nella dimensione delle scaglie: nel temolo padano queste sono mediamente più piccole di quanto si riscontra nel temolo danubiano. Un ulteriore fattore è l’altezza del corpo, infatti il temolo padano è caratterizzato in età adulta da una certa gibbosità del dorso, diversamente dal temolo danubiano che ha una forma del corpo più slanciata.
Questo piccolo contributo non è certamente esaustivo delle problematiche inerenti il riconoscimento del temolo padano in contrapposizione al temolo proveniente da altre zone zoogeografiche, soprattutto per la presenza di numerose popolazioni ibride che presentano caratteri intermedi.
In conclusione si ritiene opportuno puntualizzare che il riconoscimento della “purezza” di un temolo pinna blu non possa essere effettuata unicamente su base fenotipica; deve esserci sì un approccio di questo tipo per individuare gli individui o le popolazioni papabili, che dovranno essere sottoposte successivamente ad analisi genetica.
Come accade per altre specie di salmonidi la livrea, sebbene sia un valido aiuto, non dirime la questione della purezza di un ceppo, ma di contro altre volte le analisi genetiche che confermano un genotipo puro corrispondono ad una livrea intermedia, tipicamente ibrida.
I marcatori che permettono di individuare i ceppi genetici in varie specie sono comunque pochi; se un marcatore può definire la purezza o meno di un individuo per una certa porzione di DNA, nulla si può dire se altre porzioni di DNA non descritte e “non riconosciute” codifichino per altri geni, a loro volta passibili di ibridazione.
Le questioni genetiche sono spinose e rappresentano a tutt’oggi un elemento importante, ma controverso. L’argomento potrebbe essere spunto per un contributo successivo.


Marco Riva


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