Sano come un...pesce???

13/05/09 - Sotto la lente

13/05/09 Testo e foto di Emiliano “Steelhead-80” Di Cicco


Quando mi è stato chiesto di scrivere un pezzo sulle malattie dei pesci, sono rimasto un po’ perplesso: come inserire questo argomento, decisamente complesso o persino noioso per i più, in un contesto comune per tutti i pam? Sicuramente non era mia intenzione scrivere un trattato di ittiopatologia: non basterebbe un anno intero per finire tale ”opera enciclopedica”! Inoltre PIPAM non è certo la sede più adatta, e sicuramente… non me l’avrebbero fatto fare! ?
A parte gli scherzi, mi è sembrato però interessante approfondire un aspetto di tutta la questione: l’epidemiologia delle malattie dei pesci. Questo è l’aspetto più importante (se non l’unico) dove il pam può intervenire nella salvaguardia del patrimonio ittico.
Prima di tutto però cominciamo con l’affermare che il detto “…sano come un pesce!” è quanto di più errato si possa asserire! Tutti i pesci, come qualsiasi altro essere vivente, si possono ammalare.
Le cause di queste malattie (dette “noxae patogene” secondo la terminologia medica) possono essere molteplici e agire da sole o, più spesso, in associazione: si conoscono agenti infettivi (virus, batteri, alghe, parassiti), agenti fisici, chimici e/o meccanici, squilibri alimentari e perfino tumori di vario tipo e origine.
Per ovvie ragioni sono soprattutto gli agenti infettivi quelli che più interessano i pam, perché talvolta essi stessi possono fungere da carrier (“trasportatori”) meccanici delle suddette noxae. Basti pensare alla proliferazione delle alghe mucillaginose Didymosphenia geminata (alias “didymo”) a Vancouver Island, dove sono state soprannominate anche “steelheader algae”: la loro diffusione ha seguito infatti un andamento che andava a colpire via via i principali fiumi frequentati dai pescatori di steelhead i quali, come noto, viaggiano molto per trovare i migliori hot spots del momento (Donovan Lynch, Pacific Biological Station, DFO-Canada) !
Premesso ciò, per “epidemiologia” si intende la disciplina biomedica che si occupa dello studio della distribuzione e frequenza di malattie e di eventi di rilevanza sanitaria in una popolazione. Si occupa quindi di analizzare le cause, il decorso e le conseguenze delle malattie, nonché i meccanismi di diffusione e le dinamiche di propagazione.
Nell’ottica di questi studi, risulta necessario comprendere il reale ruolo di un agente patogeno: esistono infatti patogeni cosiddetti “opportunisti” e patogeni “obbligati”.
I primi sono rappresentati da tutti quegli organismi che in condizioni normali non causano alcuna patologia e vivono insieme all’organismo che li ospita in un rapporto che può variare dalla simbiosi al saprofitismo (cioè, si nutrono di materia organica morta) fino al parassitismo. Ciò avviene anche grazie all’efficienza del sistema immunitario dell’ospite stesso che riesce a tenere a bada una eventuale proliferazione indiscriminata di questi agenti.
Tuttavia, in caso di alterazioni dello stato di salute (es. in caso di stress, malnutrizione, etc.) i meccanismi di controllo possono venire a mancare, aprendo la strada a una diffusione sistemica che può alterare numerosi funzioni organiche.
Un esempio di questo fenomeno sono gli enterobatteri, comunemente presenti nell’apparato gastro-enterico di tutti i vertebrati: questi organismi risultano indispensabili per il corretto funzionamento dell’apparato digestivo. Però, in condizioni di stress, non sono più tenuti sotto controllo e, diffondendosi nell’organismo al di fuori della loro sede ordinaria o contaminando ferite aperte, possono provocare ingenti lesioni sistemiche.

Immagine microscopica di Saprolegnia spp.

particolare di una lesione cutanea in Salmo trutta fario

Questo concetto può essere applicato anche a tutti quei funghi (es. Saprolegnia spp.) e batteri che generalmente vivono in acqua (persino in quella potabile!) quali quelli appartenenti ai generi Aeromonas, Pseudomonas, Vibrio, Flexibacter, Flavobacterium, solo per citare i più conosciuti tra gli agenti patogeni opportunisti che normalmente “abitano” la cute e le mucose dei pesci.

Immagini al microscopio di un ammasso filamentoso di Flexibacter columnaris
(a fresco - Foto Flexi 1 )


( Flexi 2 - e previa colorazione con May Grunwald-Giemsa)

Lo stesso comportamento si può ritrovare anche in molti parassiti. La maggior parte dei virus risultano invece essere agenti patogeni obbligati, in quanto necessitano delle cellule dell’ospite per poter replicare e proseguire l’infezione. Inoltre sono spesso ospite-specifici, mal adattandosi alle condizioni di vita che troverebbero su organismi anche solo appartenenti a specie diverse.
Un altro aspetto da ricordare è quello di dose infettante: per alcuni organismi (vedi le alghe didymo), bastano pochissimi esemplari in un ambiente adatto per colonizzare e diffondersi in un nuovo sistema fluviale.
Mentre altri organismi, quali molti virus, batteri e parassiti, necessitano di una carica infettante di una certa entità (che dipende da organismo a organismo) per potersi insediare in una nuova area.
Talvolta, persino la giusta dose infettante non è sufficiente, e ora spiegheremo il perché. Infatti bisogna analizzare i vari meccanismi di diffusione degli agenti patogeni, che di base vengono suddivisi in due grandi categorie: via orizzontale e verticale. La via orizzontale si divide ulteriormente in diretta e indiretta.
Per via di trasmissione orizzontale si intende quella che avviene fra individui della stessa popolazione. Nella via orizzontale diretta l'individuo viene contaminato direttamente dalla sorgente di infezione, per esempio mediante contatto con individui malati o con l’acqua dove questo vive, oltre che per contatto sessuale.
Il contagio indiretto è invece mediato da vettori animati, come parassiti, crostacei o persino uccelli acquatici, o inanimati (barche, attrezzatura da pesca, substrati vari, alimenti, etc.).

Il cormorano, così come altri uccelli acquatici, può rappresentare il vettore di diffusione di molte patologie ittiche

A questo punto risulta evidente che la presenza di questi vettori sia determinante per la diffusione di alcune malattie. Citiamo la famigerata Whirling Disease, letale patologia parassitaria dei salmonidi causata dal myxosporidio Myxobolus cerebralis.
Questo piccolo protozoo, abbastanza resistente a numerose condizioni fisico-chimiche, necessita dell’oligicheto acquatico Tubifex tubifex per poter compiere il proprio ciclo vitale e quindi diffondersi e contaminare altri salmonidi. In mancanza del vettore, dopo un periodo più o meno lungo, il parassita muore.
Addirittura sembra che l’areale di diffusione del policheto Manayunkia speciosa rappresenti il fattore più importante che ha definito la distribuzione geografica di un altro parassita myxosporidio, Ceratomyxa shasta, anch’esso patogeno per i salmonidi e strettamente legato alla M. speciosa nel compiere alcune fasi del proprio ciclo vitale.
A tutto ciò bisogna aggiungere il fatto che anche uccelli acquatici e ittiofagi possono essere portatori di patologie, come nel caso della Setticemia Emorragica Virale (VHS) in Nord America. Patologia virale causata da un rhabdovirus che colpisce moltissime specie ittiche.

Schema della struttura tipo di un rhabdovirus (http://pathmicro.med.sc.edu/mhunt/rna6.jpg)

In questo caso però gli uccelli assolvono prevalentemente il ruolo di carrier, cioè trasportano l’agente patogeno da un luogo ad un altro senza però entrare nel suo ciclo vitale, senza favorire o permettere eventuali fasi replicative o maturazioni. Questo virus infatti, così come tanti altri, risulta essere molto resistente nell’ambiente esterno, anche per lunghi periodi.
Le barche, gli stivali e le attrezzature da pesca possono svolgere le stesso compito, quindi… attenzione! Il ruolo di carrier può essere svolto anche da altri pesci: solo per fare un esempio, il Gyrodactylus salaris, parassita trematode monogeneo del salmone atlantico, può tranquillamente utilizzare altre specie di salmonidi (come la trota iridea, e non solo!) per diffondersi nell’ambiente.
Il carrier risulta apparentemente sano, ma dietro questa apparenza inoffensiva nasconde un grosso potenziale biologico di trasmissione della patologia.
In letteratura vengono riportati moltissimi possibili carrier e vettori di patologie, tuttavia nuove scoperte aggiornano anno dopo anno questo elenco.
A questo proposito voglio mettere in evidenza il possibile rischio di introdurre malattie esotiche (intendendo per “esotiche” quelle malattie non tipiche della fauna ittica italiana) tramite l’introduzione o l’immissione di pesci a scopo di ripopolamento o “pronta-pesca”.
Oltre ai vari danni di tipo genetico dovute ai possibili incroci fra i ceppi naturali e quelli esotici della stessa specie, oltre all’incremento della competizione alimentare e territoriale fra specie diverse che si nutrono dello stesso substrato, bisogna tenere in conto il fatto che introducendo nuovi soggetti di allevamento si possono introdurre nuove malattie.
Mi viene ora in mente la diffusione del Large Mouth Bass Virus (LMBVD) nei reservoirs americani causati dal ripopolamento di alcuni laghi del Mississipi con esemplari di allevamento prodotti a partire da soggetti carrier del virus provenienti dalla Florida e dal Texas!!
Inoltre bisogna considerare il fattore della “resistenza acquisita”: per chiarire questo concetto, vi faccio l’esempio di un acquario. In questo acquario ci sono tre pesci rossi: per non lasciarli soli, visto che di spazio ne avete, andate in negozio e ne comprate un altro, nuovo di zecca, colorato e vivacissimo. Dopo tre giorni però i primi tre pesci si ammalano e muoiono uno dopo l’altro. Che cosa è successo? In medicina (che sia medicina umana o veterinaria) non esiste mai nulla di sicuro, però molto probabilmente il nuovo inquilino ha portato con sé nel nuovo acquario il proprio “corredo” di fauna e flora opportunista che, nel suo caso, non dava alcun problema in quanto il suo sistema immunitario era pronto e allenato a tenere sotto controllo i propri batteri e parassiti. I tre vecchi inquilini della vasca invece si sono trovati di fronte un nuovo agente potenzialmente patogeno e, come animali non vaccinati, si sono trovati scoperti e non hanno potuto rispondere adeguatamente.
Se trasportiamo lo stesso caso in un fiume o in un lago, si possono ben capire i possibili effetti devastanti di immissioni di materiale non controllato accuratamente.
Continuando con le possibili vie di trasmissione degli agenti patogeni, arriviamo alla trasmissione per via verticale che invece avviene da una generazione dell'ospite alla successiva attraverso l'infezione dell'embrione o, nel caso dei pesci, dell’uovo. Questa via risulta molto subdola in quanto normalmente non si vedono gli effetti disastrosi di un epidemia così come ce la immaginiamo… il cosiddetto “tappeto” di pesci morti.
Questo tipo di patologie influenza la distribuzione di una specie tramite l’ipofertilità o addirittura l’infertilità dei riproduttori, oppure causando natimortalità, ipovitalità dei nuovi nati e/o scarso accrescimento dei soggetti colpiti fin dalla nascita.

Parassiti cestodi nel grasso periovarico: in caso di severe infestazioni, i parassiti possono influenzare la fertilità dei pesci adulti

In Canada sono stati effettuati numerosi studi dove è stato visto che alla presenza di un determinato numero di parassiti corrispondesse una direttamente proporzionale capacità di produrre gameti (uova e sperma) più o meno fertili.
Anche lo scarso accrescimento può fortemente influenzare la sopravvivenza di una specie perché ovviamente “pesce grande mangia pesce piccolo”, e se i soggetti fanno fatica a crescere, sono maggiormente esposti alla predazione. Inoltre un lento accrescimento vuol dire ritardo o non raggiungimento della maturità sessuale, con tutti i risvolti che ne conseguono.
Io finirei qui questa “veloce” disamina dell’epidemiologia dei pesci: se non vi siete addormentati prima… il quadro sembra disastroso!
Di sicuro chi avrà la pazienza di leggere per intero questo articolo, ci penserà due volte prima di lasciare i propri stivali marcire dentro il bagagliaio dell’auto dopo ogni uscita, invece di pulirli e disinfettarli!
Comunque vi assicuro che in giro nel mondo c’è gente che lavora per questo… cercando di assicurare un futuro alle ormai decimate (e quindi… ancora più preziose) popolazioni ittiche a noi rimaste, nel tentativo di lasciare qualcosa di buono alle future generazioni.
E i pescatori a mosca… in questo caso… possono dare un aiuto concreto!


Emiliano Di Cicco


© PIPAM.org

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