Prelievo da torrente appenninico



Domanda:


Buonasera mi chiamo Gianni AMANTINI e vorrei rivolgerle il seguente quesito. Da un torrente appenninico di medie dimensioni, si fa più danno a prelevare una trota di 25-35 cm o una trota di 12-18 cm? In altre parole è giusto prevedere una misura minima di 22 cm o sarebbe più giusto, dal punto di vista scientifico, prevedere una tutela per la popolazione ittica delle dimensioni comprese, ad esempio, tra 25 e 35 cm? Complimenti per la rubrica e grazie mille per la disponibilità.

Gianni AMANTINI




Risposta:

La domanda del sig. Amantini pone la precisa questione se sia più corretto, al fine di gestire in modo naturale una popolazione ittica, proteggere lo stock riproduttore (che in quanto tale garantisce la presenza di futuri giovani e poi di individui successivamente prelevabili) o le taglie giovanili (dando subito certezza che ci sarà in futuro del materiale pescabile); il riferimento alla popolazione naturale è d’obbligo, poiché eventuali immissioni di giovanili o di “pronta pesca” modificherebbero in modo sostanziale il problema.
In pratica si affrontano due scuole di pensiero: la prima, è quella ampiamente applicata nelle acque italiane e che tutela tutti gli esemplari sotto una certa lunghezza, cioè la lunghezza alla quale si considera che la specie si sia riprodotta almeno una o più volte nella vita; con questa visione si accetta che il principio che l’animale possa essere prelevato a patto che lo stesso abbia prodotto una prole sufficiente a garantire che qualcuno ne sostituirà la mancanza.
La seconda scuola di pensiero è quella che prevede che, proteggendo lo stock riproduttore, si garantisca sempre la presenza della specie anche nelle classi di lunghezza superiori, accettando che non tutti gli esemplari della popolazione parteciperanno alla sua perpetuazione, dal momento che una buona parte potrebbe essere prelevata prima di aver raggiunto la maturità sessuale.
In termini strettamente tecnico-ecologici, nessuna delle due alternative è quella ottimale; la certezza però è che per varie specie la pressione di pesca è tale che è necessario porre delle misure restrittive al prelievo, per evitare un eccessivo impoverimento delle popolazioni ed anche il rischio di eradicazione.
Si tenga poi presente che anche in mare l’eccessivo prelievo effettuato su alcune specie ittiche ha in passato decretato una loro importante diminuzione, quindi i principi che discuteremo valgono sia nel caso del torrente appenninico ma anche per le altre tipologie acquatiche.
Le specie ittiche tendono naturalmente a strutturarsi con popolazioni che potremmo graficamente descrivere con delle forme piramidali, alla cui base stanno i numerosi giovani dell’anno e all’apice si trovano i pochi esemplari più vecchi; questo è un effetto della mortalità che in natura agisce in modo costante sulle varie classi d’età.
Nella figura sottostante è rappresentata una teorica popolazione ittica non disturbata, strutturata in 5 classi di età; l’area rossa rappresenta quindi il numero di individui che compone la popolazione, suddivisi per età.



La forma della piramide può essere influenzata dalle misure di gestione (prelievo) che vengono applicate: se si prevede la misura minima, la forma della piramide sarà più tozza, in quanto gli individui di dimensioni maggiori non vengono tutelati. Questo sistema tende a proteggere gli individui fino al raggiungimento della maturità sessuale, garantendo il reclutamento dei giovanili. In questo caso viene meglio utilizzata la capacità produttiva del corso d’acqua, dal momento che i giovani hanno dei tassi di crescita maggiore e migliori indici di conversione rispetto agli individui più grandi; in questo caso non si pone la questione che individui di maggiori dimensioni producano un maggior numero di uova (forse anche di migliore qualità) poiché comunque a tutti gli esemplari della popolazione viene garantita la possibilità di riprodursi.
La situazione descritta è riportata nella figura seguente:



Nel caso in cui le misure di gestione adottate tutelino le misure maggiori (ad esempio 25-35 cm), si arriverebbe ad avere una piramide più stretta da subito, corrispondente ad una popolazione numericamente inferiore per effetto del prelievo che viene effettuato anticipatamente, ma con le classi d’età maggiori meglio rappresentate. In questo caso il reclutamento viene garantito da pochi riproduttori di grandi dimensioni (in grado di produrre tante uova presumibilmente di buona qualità); i giovani dell’anno, non ancora oggetto di pesca per le limitate dimensioni, sono ancora in buon numero, anche se la predazione ad opera degli individui più grandi è importante. I pochi superstiti che riescono quindi a raggiungere le dimensioni di tutela subiscono solo la mortalità naturale. Non è possibile prevedere se in termini di biomassa totale questa popolazione possa presentare dei valori più importanti rispetto alla situazione precedente, ma certamente questa avrebbe una produzione ittica inferiore alla prima dal momento che esemplari di maggiori dimensioni hanno tassi di crescita e indici di conversione più bassi rispetto ai giovani.




In realtà una simile popolazione potrebbe presentare qualche problema: è noto che, grazie alle dinamiche demografiche che i pesci hanno, è sufficiente una limitata parte di esemplari riproduttori per garantire il mantenimento numerico della popolazione; da questo punto di vista quindi sarebbe necessario porre molta attenzione nel decidere quale “classe di taglia” proteggere, perchè la protezione totale dello stock riproduttivo sarebbe un non-senso. D’altra parte bisognerebbe garantire che almeno una parte della popolazione raggiunga la “fatidica” lunghezza per risultare protetta e ciò potrebbe in qualche caso non essere sufficiente a far sì che un numero adeguato di esemplari partecipino alla riproduzione.

La situazione migliore è quindi un’altra, che richiede la buona conoscenza di quale sia la struttura e la dinamica della popolazione ittica presente e la capacità produttiva dell’ambiente acquatico di riferimento; in questo caso sarebbe applicabile il metodo che prevede di poter prelevare in rapporto al “surplus produttivo” di quella popolazione, ovvero poter prelevare su ogni classe d’età sostituendosi a quella che sarebbe la mortalità naturale della popolazione, mortalità che come anticipato agisce su tutte le classi d’età.
Si tenga presente che non si tratta di un valore particolarmente piccolo: infatti si stima che nelle acqua salmonicole il surplus ittico possa variare tra il 10% (piccole popolazioni di torrenti di alta quota) e oltre il 50% (popolazioni di grossi torrenti di fondovalle) della biomassa totale. Nelle popolazioni ciprinicole questi valori sono ancora più importanti.

Tornando quindi alla domanda del sig. Amantini, dal punto di vista scientifico la situazione migliore non è quella della misura minima o quella di tutela di alcune taglie appartenenti allo stock riproduttore; la scelta dell’una o dell’altra dipende dalle condizioni di conoscenza della situazione ittica e, soprattutto, dal “fattore umano”: infatti è certo che l’istituzione di una misura minima presuppone una rete di controllo limitata, mentre la tutela delle taglie maggiori presuppone un controllo periodico della popolazione in oggetto per verificare lo stato della popolazione ittica ed eventuali modifiche alle limitazioni previste.

Si deve riportare di altri sistemi di tutela della popolazione ittica, come l’istituzione di “Zone No Kill” e “Zone Trofeo” (quest’ultima tipologia prevede la cattura di individui di grandi dimensioni, solitamente oltre 35 cm, garantendo la strutturazione della popolazione in modo adeguato e naturale), ma si riconosce che non è possibile applicarli su larga scala appunto per la diversa concezione della pesca che hanno i singoli pescatori.


L’attuazione delle limitazioni alla pesca al fine di tutelare la fauna ittica è strettamente correlata al fattore umano; il funzionamento di una corretta gestione dipende anche dal comportamento dei pescatori. L’elevato numero di infrazioni sanzionate dagli agenti di vigilanza dimostra come spesso non vengono rispettate le limitazioni alla pesca; per esempio per quanto riguarda la misura pescabile, come vengono trattenuti individui sottomisura, così probabilmente verrebbero trattenuti individui di grandi dimensioni anche se tutelati.
Poi sarebbe importante verificare il grado di soddisfazione che il pescatore avrebbe nel catturare e trattenere capi di taglia minima mentre, certo a malincuore, dovrebbe rilasciare le prede migliori; questa situazione potrebbe disincentivare la pesca (od incentivare il bracconaggio).
In definitiva, il danno alla popolazione di trota esiste in entrambi i casi di tutela ipotizzati ed è difficilmente quantificabile dal punto di vista ecologico, ma la componente umana può far propendere per un sistema (misura minima) rispetto all’altro (25-35 cm).


 
A.I.I.A.D. Team

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