USA - Carpe Diem

di Claudio Tagini
Ogni uscita ha le sue sorprese

Non ci somo mete alieutiche nelle immediate vicinanze di Los Angeles. Per "immediate" si intende comunque in riferimento alla vastita` degli U.S.A., e mentre l’Henry’s Fork dell’Idaho ed il Madison del Montana, per esempio, sono ad un’oretta circa uno dall’altro, In South California il Kern River è a 3 ore e mezza da casa mia, e l’Hot Creek almeno 5 e mezza.
A dir la verità, ci sono un paio di posti non troppo lontani dove andare a pescare, ma anche se le trote sono selvagge, le loro dimensioni non ne costituiscono certamente una “meta alieutica” vera e propria, ma più che altro un posto dove andare a pucciare la coda: Piru Creek, ad un’ora di autostrada (italian driving) a nord, oppure il San Gabriel River, ad Est, a poco meno di due orette, di cui una d’autostrada (sempre italian driving), ed è proprio su quest’ultimo che decisi di fare una scappata lo scorso martedì, dopo essere stato bloccato per troppo tempo alla scrivania dai semi-nubifragi che abbiamo avuto recentemente da queste parti.
La West Fork e la North Fork del San Gabriel River si congiungono per riempire l’omonimo reservoir dove, per il difficile accesso e le varie proibizioni, non pesca mai nessuno: le grosse trote che ci vivono dovrebbero incominciare a risalire il fiume per riprodursi proprio in questo periodo… ne ho sentito parlare, e voglio sincerarmene.

Francesco, un fiorentino in visita a Los Angeles (d’estate fà il manager in un fishing lodge in Idaho), nonostante viziato da favolose acque come il South Fork dello Snake, Teton ed Henry’s Fork, si sarebbe accontentato di qualche trotellina selvaggia, ma la prospettiva di cercare queste grosse trote migratorie l’aveva decisamente incuriosito.
L’anticipazione, come sempre, aumenta l’entusiasmo, tanto da non voler perdere tempo a cercare un posto decente per il lunch, così che ci ritrovammo ad ingurgitare di corsa hamburger, patatine e Coke lungo il percorso sulla #39, in un infimo “fast food stand” da qualche parte di East Los Angeles. Ci saremmo pentiti più tardi della scelta.
Una volta raggiunto il punto d’osservazione, dall’alto di una ripida collinetta sovrastante il reservoir, ci mettiamo a scrutare l’acqua in basso con il binocolo, trepidanti, ed incominciamo ad urlare dalla gioia: enormi pesci gironzolano nell’acqua bassa, vicini al punto in cui il San Gabriel sfocia, proprio come fanno steelhead e salmoni alla foce dei fiumi prima della risalita!
Poi, un’occhiata alla ripida ravina da scendere, senza sentieri di sorta, di quelle che se fai un passo falso non ti fermi più se non in fondo (e non certo intero), e decidiamo di smaltire il mattone del lunch andando prima a visitare un altro laghetto poco distante, riserbandoci il dulcis in fundo, e di fare gli intrepidi, al ritorno. Salendo sempre più ripida, la stradina passa da una zona di predominante macchia cespugliosa da High Desert, con agavi e Yucca Trees, ai pini, abeti, e persino alcuni Redwoods (credo sia la zona più a sud dove si possano trovare), fino a quasi 2000 metri di quota. E ci troviamo nella neve, infatti, con un cielo limpidissimo ed un cocente sole.


Dal parcheggio raggiungiamo il laghetto dopo soli circa 400 metri, ma a parte i vari rumori del bosco, tra cui quello ritmico di un picchio, non c’è assolutamente segno di vita, specialmente sulla superfice, talmente fredda ed immobile che pare quasi oleosa. Il posto è bello, e soprattutto non c’è nessuno. Facciamo qualche lancio, io con una piccola emergente del #16 in CDC, per vedere se attiro l’attenzione, e Francesco, piu realisticamente, con un paio di ninfettine a treno: niente. Cambiamo mosche: NIENTE
Torniamo alla macchina. La "passeggiata" tra i massi e nella neve ci ha in qualche modo aiutati a “macinare” l’hamburger messico/tailandese, e non vediamo l’ora di fare i conti con le bestie che abbiamo visto prima: in 20 minuti siamo nuovamente sul posto. Valutazione dei rischi della discesa, controllatina col binocolo (non si vuole fare una rischiosa scarpinata del genere per niente, specialmente dovendola poi risalire!), e vediamo con estrema gioia che i pesci sono ancora li, e che sono anzi aumentati di numero! Non sono sicuro, ma mi sembra di aver intravisto Francesco farsi il segno della croce prima di iniziare la discesa ...

Una volta arrivati in fondo, montiamo le canne lontani dall’acqua, per non spaventare, ed io scelgo un leader nuovo, con robusto finale 4X, al quale pero’ monto un tippet di un buon metro di 5X. Stò usando la Sage di 9 piedi, 2 pezzi per coda #5. Francesco ha una Redington. Stò ancora decidendo che mosca montare: non vedo schiuse, ma l’acqua in quel punto è bassa, ci sono alcuni tronchi sommersi, e credo che un attractor possa funzionare, altrimenti monterò poi una ninfa od uno streamer… MA...NNA BUHAIOLA!!!! SONO CARPE!!!!
L’urlo di Francesco mi ha gelato il sangue nelle vene.
A questo punto, ormai incuranti, ci avviciniamo ancora di più all’acqua, e ne vediamo a dozzine girare lentamente, alcune a gruppi, alcune enormi… e poi guardiamo in su, alla scarpinata da fare per tornare, ci guardiamo in faccia, e scoppiamo a ridere, naturalmente.
Andiamo speranzosi nel tratto più a monte del fiume, prima che entri nel reservoir, ma la risalita o c’è già stata, o ci sarà… Io mi accendo una sigaretta, e poi, siccome fra un mesetto circa andrò a pesca di bonefish e forse permit nei flats dello Yucatan, decido di praticare un poco il mio double haul, così entro in acqua, monto una ninfa, ed inizio a lanciare, prima a caso, poi circa un paio di metri davanti alle carpe. Strip, strip… pausa – Strip, strip… pausa, ed una di loro viene a curiosare, ma non prende la prince nimph, ovviamente.

Agostino Roncallo, tra le tante mosche fantastiche e catturanti che mi ha regalato, me ne ha date alcune “strane”, e così che, non avendo mai pescato carpe in vita mia, ora monto sta “roba” in ciniglia verdolina, con una capocchia verde pisello che sembra un foruncolo, praticamente una specie di ibrido fra streamerino “matukeggiante” ed una leech col mal di fegato. Scelgo la mia preda come se pescassi un bonefish, lancio sulla sua traiettoria, lascio affondare, e quando gli arriva a circa un metro... strip, strip...pause, strip, strip... pause... WHAM!
Caccio un urlo alla Tarzan, così mi dice poi Francesco, e mi metto stupidamente a seguire la carpa (che devo dire tira benino e non accenna per niente a stancarsi), manco avessi un tarpon in canna. Finalmente la guadino, porgo la digital camera a Francesco per la foto (bravo ragazzo Francesco, e con tante altre doti, ma non quella del fotografo…), e poi riprendiamo a pescare, sghignazzando.
Altri due o tre lanci da flats, ed un’altra carpa và a prendere la mia "mosca", ma anticipo la ferrata, e si slama subito. Poco distante, Francesco nel frattempo cattura a ninfa una trotellina, talmente piccola che da venti metri non riesco nemmeno a vederla. Le carpe non sono interessate alla sua mosca, e così gli cedo la mia, ed in 5 minuti anche lui ha la canna piegata da una delle "zoccole", come le chiama.
Lo fotografo in azione, e poi in posa e nell’atto del rilascio (mi ha annunciato che le carpe non sono un gran che in tavola, ma secondo me non vuole rinunciare alle costine di agnello alla griglia che ho promesso per cena).

Riprendiamo a lanciare, ma fra tutti e due ci siamo troppo divertiti a fare i ragazzini ed a "seguire" le catture sul fondale di fango indurito prima delle piogge: ora si è sciolto sotto i passi e l’acqua è diventata caffelatte, per cui ci arrampichiamo per tornare alla vettura.
Durante il ritorno, naturalmente, ci si ricorda di articoli di Dave Withlock (o qualcun altro famoso personaggio americano), che parlava della difficoltà nel catturare carpe... tecniche e mosche "speciali"... Ma l’importante credo sia il fatto che, nonostante l’iniziale delusione, siamo riusciti a cogliere il meglio della situazione, e ci siamo persino divertiti!
Chi volesse informazioni sulla pesca a mosca alle carpe, comunque, è pregato di rivolgersi direttamente a Dave Withlock, presso la rivista Flyfisherman ...
www.awatravel.net
www.westerneuropeantravel.com
Claudio Tagini
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