USA - Into the big sky country 2

USA Agosto 2012


INTO THE BIG SKY COUNTRY 2

(Cronaca di un viaggio familiare con canne da pesca al seguito)

Word and Photo di Sandro “The Midge” Mandrini
2° parte: tempo di lettura 20 minuti

Il Madison si presenta come un torrentone molto più facile da leggere e da interpretare per un europeo. Il contesto è spettacolare, con le praterie e i cieli del Montana a fare da scenario ad un fiume ricco di massi, di correnti, lame, piane e raschi di varia dimensione.
Ancora una volta, nonostante ci si trovi ad un’altitudine ancora maggiore, il caldo è potente, almeno quanto il vento che mi accoglie sul fiume e che non lascia preannunciare nulla di buono. Mi accingo a pescare nel tratto di fiume denominato “Three Dollar’s Bridge”dopo aver pagato appunto i simbolici tre dollari che servono al mantenimento dei diritti pubblici di pesca in questa parte del fiume. Non c’è nessuno che controlla, solo una cassetta di ferro in cui imbucare i soldi. Non c’è nemmeno nessuno che non paghi! That’s America!
Il mio nuovo amico, incontrato sul fiume, Dan, mi rassicura dicendomi che non appena il sole calerà, calerà anche il vento. Così accade che, come per incanto, verso le sette di sera il vento cessa di fischiare e noi possiamo finalmente cominciare a pescare.
L’ora di attesa l’abbiamo passata scambiandoci opinioni e mosche buone (o presunte tali). Dan viene dal Texas con una roulotte da circo Togni, una macchina che rimorchia la roulotte che sarà 6000 di cilindrata e che traina anche un’altra macchina per andare a far la spesa (sul tetto, oltre alle bici, ha anche una canoa!). Dan è in vacanza per qualche settimana, con la moglie che preferisce la lettura alle passeggiate all’aria aperta… e io mi son chiesto se, al suo posto avrei fatto tutto questa fatica per venire fino a qui dal Texas con questa “carovana” per due persone… ma poi mi son ricordato che questa è gente che le “carovane” le ha nel DNA, e decido di non fare la mia stupida domanda...
Parlando di mosche, Dan mi confida che sul Madison si pesca molto in caccia, con delle Chernobyl Ant, delle Cicadas, delle Formichine, e cose del genere.
Peschiamo.
Monto una bella Chernobyl arancione e nera con le zampette di elastico giallo e nero… un vero mostro che però produce cacciate violente e ripetute e mi procura anche la prima brown trout americana; presa in una buchetta insospettabile quasi al buio.

Brown Trout del Madison

La mattina successiva, alle 5, sono già sul fiume. Lo spettacolo è incredibile, nella luce tersa dell’alba l’acqua del Madison fuma come una pentola di brodo… e si pesca in caccia avvolti da questa nebbiolina.

Alba sul Madison

Le mie sedge in pelo di foca danno ottimi risultati sia sulle brown che sulle rainbow. La pesca è piacevole ma non scontata; il pesce è selvatico e occorre prestare molta attenzione a come ci si muove sul fiume per non spaventare le trote che stazionano nei sottoriva erbosi e nelle buche create dai numerosi massi, tronchi e lingue di ghiaia.
Il giorno successivo optiamo per una gita con pic-nic familiare al “secret spot” consigliato da Claudio.
Per essere un posto segreto, lo troviamo abbastanza affollato. Un’allegra compagnia di sei persone, padri, figli e nipoti, stanno pescando in wading, in formazione serrata distanziati di una decina di metri l’uno dall’altro stanno metodicamente scandagliando, con delle improbabili “bombe di profondità”, il primo flusso di corrente. Ogni due- tre lanci catturano un pesce. In continuazione.
Il mio primo pensiero è che, se li prendono loro con questa tecnica alquanto “approssimativa”, allora posso provarci anch’io.

Secret Spot del Madison

Mi preparo e scendo al fiume, mi trovo uno spazietto in testa alla comitiva e comincio a lanciare le mie ninfe. Modestamente lancio un po’ meglio di loro e raggiungo la corrente più profonda verso il centro del fiume. Scopro che i pesci che i miei vicini stanno catturando a ripetizione sono Mountain Whitefish, simili ai nostri coregoni ma occupanti la stessa nicchia ecologica dei temoli, perfetti pesci da ninfa in corrente, di dimensioni generose, per di più. Io, di contro, catturo soprattutto trote fario. Faccio invece più fatica a prendere i Whitefish che tappezzano letteralmente il fondale in mezzo ai nostri piedi. Qualcuno lo prendo ma non come mi sarei aspettato, probabilmente sto pescando troppo leggero e meno radente il fondo. Poco male, mi accontenterò delle trote.

Brown Trout del Secret Spot

Il Madison più a valle diventa un fiume imponente, largo e ricco d’acqua. Nei pressi della cittadina di Ennis incrocio diverse barche con turisti e guida che discendono il fiume pescando, con risultati abbastanza deludenti peraltro, a causa delle temperature elevate di quei giorni.

Cliff Lake


Incontri sulla strada

Un dubbio sullo stato di salute del Madison mi è venuto: il suo fondo ciottoloso era ricoperto di una patina gelatinosa color marrone, alghe che probabilmente stanno soffocandone la fauna bentonica. Solo così, oltre che a causa del caldo eccessivo, si spiegherebbero le schiuse quasi totalmente assenti e la presenza di pochissime ninfe di insetti nel fiume e sotto ai sassi.
Anche gli americani hanno i loro problemi di inquinamento ambientale e colonizzazione da parte di specie esotiche come le chioccioline della Nuova Zelanda, le lumachine zebrate, o anche certi pesci che minacciano le specie autoctone e danneggiano gli ecosistemi (tutte le specie di carpe e ciprinidi di origine euroasiatica e il salmerino di lago canadese).
Ogni accesso ai fiumi è tappezzato di avvisi e cartelli esplicativi su come, con piccoli accorgimenti, poter evitare di diffondere le specie pericolose da un sistema fluviale all’altro.

Gardner


Gardner

Il Gardner River è un bel torrente che da il nome alla cittadina dove abbiamo fatto base per alcuni giorni. Proprio alla porta nord del parco di Yellowstone. Proprio a Gardner questo allegro torrente di montagna va a gettarsi nello Yellowstone River.
L’ambiente e la natura sono assolutamente cambiati rispetto alla valle del Madison. Qui sul fiume, si trovano cipressi delle rocce e la vegetazione tipica delle zone secche e brulle degli altopiani. Anche la fauna è quella delle zone alte, capre di montagna, aquile e avvoltoi che vengono ad abbeverarsi al torrente . Anche le trote non sono molte, tutte assolutamente selvatiche e di dimensioni consone all’ambiente. In alcuni punti se ne trova qualcuna sui 40 cm. ma per la maggior parte sono più piccole, da pescare in caccia prima con le sedge al mattino presto, poi con l’innalzarsi della temperatura, con api, formiche e cavallette.

Gardner


Trout Lake

IL lago segnato sulle mappe come un circolino azzurro a poca distanza dalla strada che risale la valle del Soda Creek, è stato per anni una sorta di “nursery” da cui attingere pesci per ripopolare i vicini torrenti.
Il posto è incantevole: un’autentica perla incastonata tra le montagne. Ad una quarantina di minuti di comodo sentiero dal parcheggio.

Pic Nic sul lago


Trout Lake

Le trote ci sono e si possono ammirare nell’acqua cristallina ricca di piante acquatiche e di ostacoli sommersi. Ne ho la prova quando, raccolte un paio di cavallette dal prato, le lancio in acqua e, come un bambino, aspetto con ansia l’immancabile gorgo che le risucchia, accendendo in me grandi fantasie e speranze.
Dopo il pic-nic monto la canna e lancio la mia imitazione di cavalletta ai bordi della fascia di vegetazione sommersa a 4-5 metri da riva. Quasi immediatamente la prima trota parte come un razzo e ghermisce l’imitazione senza indugi. Ecco in canna la mia prima Cutthroat del viaggio, 40 cm, niente male, dalla stupenda, caratteristica livrea.
Riprendo a pescare e le catture si susseguono a ripetizione, ogni lancio ha la sua bollata e le trote sono tutte stupende sia per i colori che per dimensioni. Ne approfitto per ”iniziare” alla pesca anche la piccola Irene che si cimenta senza troppo entusiasmo, per la verità, con il recupero di un paio di bei pesci …, ma c’è tempo per appassionarsi, l’importante è cominciare!

Cuttrhoat del Trout Lake

Un paio d’ore di pesca e poi si deve rientrare alla macchina causa l’arrivo di un brutto temporale che ci spaventa anche un po’ più del necessario … ma si sa, con due pargoli al seguito, non è il caso di rischiare.
Nel lago, oltre alle trote ci sono anche le lontre che però si celano alla nostra vista. Gli immancabili cartelli esplicativi invitano tutti al massimo rispetto della fauna selvatica e dell’habitat che ci circonda.
I giorni rimanenti li passiamo a zonzo per il parco, tra animali e geyser, boschi e turisti coreani. Mi tolgo anche la soddisfazione di una fugace pescata sullo Yellowstone River, bellissimo e maestoso, anche se si dovrebbe avere più tempo per interpretarne le correnti come si deve.

Yellowstone Canyon


Yellowstone River

Lasciamo il parco di Yellowstone e viaggiamo tutto il giorno verso sud, con calma, visitando il lago di Yellowstone, il famoso Fishing Bridge, il ponte sull’emissario Yellowstone River da cui, nel periodo giusto, si può anche assistere al passaggio delle grosse Cutthroat verso i siti di riproduzione.

Fishing Bridge


Yellowstone Lake


Pellicani


Coyote

Dopo aver pranzato sulla spiaggia di sabbia nera (ossidiana), ammirato il volo dei pellicani e fotografato un Coyote, ci dirigiamo verso la nostra ultima vera meta: Jackson. Graziosissima cittadina posta nei pressi di un altro eldorado della pesca a mosca com’è appunto la zona di Jackson Hole e del Gran Teton National Park. Nei dintorni di Jackson, oltre al famosissimo Snake River, ci sono laghi e fiumi in gran quantità… bisognerebbe fermarsi un mese anziché tre notti!

Gran Teton


Jackson


Jackson

Jackson è proprio un posto carino: la “Cortina del West”. Molto piacevole da girare a piedi e con un numero di negozi di pesca almeno pari a quello delle boutique e ai bazar di souvenir, abbigliamento di classe e arte. Ottima location adatta a non destare troppi sospetti nelle mogli di essere di nuovo finite nell’ennesimo “postaccio da pescatori”!
È piena di localini alla moda, ristoranti e bar in cui pranzare o cenare senza svenarsi e respirando una bella atmosfera. Il posto dove abbiamo mangiato meglio è stato sicuramente un ristorante orientale vegetariano gestito da un giovanotto, tutt’altro che orientale, ma con l’aria di quelli che hanno girato il mondo e hanno fatto della loro passione e dell’innata curiosità una onorevole ragione di vita. Birra artigianale, piatti originali e un po’ insoliti che spezzano con i “soliti” bistecconi ed Hamburgher a cui siamo un po’ assuefatti oramai.
Anche il ritrovo dei Giovani di Jackson, dove si beve altra ottima birra cruda e si mangia pure una pizza decente, non è male; soprattutto perché resta molto vicino all’area del rodeo che ci siamo gustati l’ultima sera a Jackson, per una “full immersion” magnifica, non tanto per lo spettacolo offerto dai Cow-Boys e dalle Cow-Girls con tanto di inno nazionale e discorso accorato dello speaker; piuttosto per la gente, gente comune che costituisce il pubblico pagante. Un po’ come accaduto per il Festival dei Nativi Americani dell’inizio del nostro viaggio, anche qui la sensazione di straniamento e l’atmosfera da film è grande e lo spettacolo umano è eccezionale.
Tutti sono felici di conoscere degli Italiani e tutti hanno un aneddoto o un parente di cui raccontare… tutti sono espansivi e gioviali con i bambini e con noi e non perdono occasione di spiegare e raccontare quel che accade nell’arena. Ancora una volta è tutto autenticamente vero, non costruito per i “poveri” turisti di passaggio.

Rodeo


Arte a Jackson


Flat Creek

Ho pescato questo stupendo “spring kreek” o, come diremmo noi risorgiva, che scorre a pochi chilometri da Jackson, la mattina presto, forse troppo presto, ed ho dovuto attendere che il sole scaldasse un po’ l’aria per cominciare a prendere qualche pesce.

Flat Creek

Il Flat Creek è sicuramente la miglior risorgiva ad accesso pubblico di tutto il Wyoming. Scorre all’interno di un’area protetta di riproduzione dei cervi in una piana di diversi chilometri di larghezza in cui si srotola lento e sinuoso con un letto largo pochi metri e con rare buche profonde più di due metri. In sei chilometri di valle, prima di arrivare a Jackson, il Flat Creek ne compirà almeno il doppio, zigzagando nella pianura senza un albero o un sasso a fare da rifugio al povero pescatore.
Chi pensa che le Cutthroat siano trote stupide o poco combattive, non ha mai pescato quelle del Flat Creek. Qui la capacità di avvicinarsi con discrezione al fiume è la cosa più importante, pena il vedere sagome anche di dimensioni notevoli schizzare via alla velocità della luce e sparire sotto le sponde erbose o nelle buche più profonde.
Il pesce da queste parti è selvatico veramente, e tutto va fatto a regola d’arte , altrimenti non si vede la punta di una pinna! Queste trote sono in grado di mettere a dura prova la pazienza e i nervi del più serafico dei pescatori diventando, durante le abbondanti schiuse serali, tremendamente selettive e veramente fetenti!

Flat Creek

Durante il giorno risulta difficile vedere in giro dei pesci, poiché le trote qui hanno imparato a ripararsi dai numerosi predatori (falchi pescatori, ecc.) mettendosi, come dicono gli americani, “un tetto sulla testa”. Per la maggior parte stanno rintanate sotto le sponde erbose scavate dalla corrente e, quelle poche che si possono avvistare nell’acqua libera, sono talmente in tensione che è quasi impossibile riuscire ad arrivare a portata di lancio.
La stagione di pesca sul Flat Creek apre il primo di Agosto e chiude il 31 Ottobre, due soli mesi in cui l’attività delle trote sulle schiuse è soprattutto pomeridiana e serale mentre alla mattina si pesca meglio in caccia, con terrestrial e mosche di fantasia. Io, la mattina presto, ho catturato diversi pesci pescando con l’imitazione di vespa e con le formiche nere; oltre che, nelle buche, con delle ninfette in fagiano di piccole dimensioni.
Nel Flat Creek ci sono anche gli onnipresenti Mountain Whitefish … tutt’altro che semplici da ingannare. Qualcuno lo si può prendere sia con delle ninfette che con delle sommerse, sempre di piccole dimensioni e sempre con finali lunghi e sottili e tanta, tanta circospezione.

Gros Ventre

Un’altra bella gita di una giornata, con tutta la famiglia, la si può fare nella Gros Ventre Valley, che dista pochi chilometri da Jackson ed è un incantevole valle la cui strada sterrata si inoltra tra montagne, pascoli e boschi costeggiando quasi sempre il fiume (il Gros Ventre River appunto).

Gros Ventre Valley

Il Gros Ventre è un altro bel torrente, soprattutto nella parte alta, in cui pescare mentre la famiglia si rilassa all’ombra dei pini o gioca sulle spiaggette che sono frequenti e abbastanza accessibili.
La strada, sembra disegnata dentro un paesaggio da tipico film western; ci si aspetta, da un momento all’altro di vedere sul profilo delle montagne stagliarsi la sagoma fiera di un indiano a cavallo. Veramente un posto suggestivo.

A pesca sul Gros Ventre

Il fiume, almeno nelle parti più accessibili con una famiglia al seguito, è bello e vario anche se abbastanza frequentato. Le trote comunque ci sono e sono anche bellocce.
Pescare in caccia risulta la tecnica più redditizia se si ha poco tempo e non si può attendere il coup de soir.

Paradise Valley


La valle

Partendo da Jackson e viaggiando verso sud costeggiando per buona parte lo Snake River e poi inoltrandoci nelle montagne e nelle praterie dello Utah, in una buona giornata di guida, ci siamo infine portati sufficientemente a ridosso di Salt Lake City, da cui il giorno successivo, saremmo ritornati a casa.
La nostra meta, per la serata e l’ultima notte, è un ranch dal nome invitante: “Sportsmen’s Paradise” nei pressi del paesino di Paradise appunto, ad una settantina di chilometri dalla città di Logan.

Sportsmen’s Lodge

Se Logan si può a tutti gli effetti definire città, con ospedale, università e tutto il resto, Paradise non si potrebbe definire paesino ma, più propriamente “quattro case ad un incrocio”.
Nostro malgrado, l’ultima cena in terra d’America, l’abbiamo dovuta fare da Mc Donald, non essendoci nell’arco di venti o trenta chilometri altro che un fast- food di un piccolo centro commerciale. Null’altro dove poter mangiare.
A parte questo il posto è stupendo, pastorale e bucolico fatto di prati, fattorie, piccole villette e ranch familiari e naturalmente, una miriade di spring creeks in ogni dove.
Qui da noi le chiameremmo rogge e fontanili e sarebbero piene di topi, rifiuti e qualche sparuto cavedano, se va bene. Ma in America queste rogge e roggette brulicano di vita e sono zeppi di trote sia selvatiche che immesse negli anni dalla gente del posto (quasi tutti mormoni).

Le risorgive e i laghi

Il nostro ranch è una tenuta di diversi chilometri quadrati in cui sono posizionate quattro graziose casette di legno con aria condizionata, un ufficio centrale, che funge anche da Club House e tutta una fitta ragnatela di canali naturali e due laghi artificiali popolati da trote, a totale e completa disposizione degli ospiti! Capite perché si chiama Paradise!!

La Club House


La Cabin

Sistemati i bagagli, dopo una mezz’oretta di relax realizzo che siamo gli unici ospiti di tutto il Ranch. Le parole di Mr. Grant, il simpatico proprietario di tutto il “giocattolo”, suonano come un irresistibile richiamo nella mia mente: " Rilassati, fatti un giro, e divertiti con le trote. Puoi pescare ovunque riesci ad arrivare, ma vedrai che non ti toccherà fare molta strada! "...si vede che la faccia che avevo fatto non lo aveva molto convinto e quindi aggiunse: " prenditela comoda perché sei l’unico pescatore di tutta la valle e sono un paio di giorni che non pesca nessuno ". Detto questo rimontò sul suo “piccolo” pick- up lasciandoci completamente soli e padroni dell’intero ranch.
Giusto il tempo di montare la canna, infilarmi in tasca un paio di scatole di mosche e comincio a pescare il canale che scorre proprio sotto la cabin. C’è ancora un bel caldo nonostante siano già le sei di sera. L’accordo è di passare le prossime due ore a pesca e poi andare a cercare un posto dove mangiare qualcosa.
L’acqua è limpida e proviene dalle numerose sorgenti ai piedi delle vicine colline, fredda al punto giusto per mantenere in perfetta salute le trote e garantire una rigogliosa crescita di vegetazione palustre e acquatica e di una numerosa microfauna bentonica.
La pesca è quasi imbarazzante e, dopo i primi sei lanci e le prime sei trote, comincio a diventare selettivo io, visto che non lo sono loro. Comincio a provare nuovi artificiali e a sperimentare tutto ciò che nel resto della vacanza non ho potuto concedermi di sperimentare. La storia non cambia ed in un paio d’ore catturo e rilascio una quantità di trote eccezionale, soprattutto in confronto alle difficili condizioni dei fiumi fin qui pescati.
La sera, come già detto ci riserverà l’unica delusione del viaggio e cioè l’aver dovuto capitolare rispetto alla cena ripiegando per mancanza di alternative, sull’unico Mc Donald del west! Vabbè, tutto sommato ci poteva stare, magari non nella Paradise Valley, ma ci poteva stare.
Il mattino seguente riesco a scivolare fuori dal letto sufficientemente presto per concedermi un’altra oretta di baldoria prima di impacchettare tutto e caricare la macchina.
Mr. Grant White è un vero spettacolo della natura: Ex Colonnello dei Marines in pensione, pluridecorato, è un “soggetto ” di due metri di altezza per 130 kg. di muscoli e simpatia. Aveva comprato il ranch con l’intenzione di fare un allevamento di trote per il mercato alimentare, ma la crisi economica e il calo dei consumi l’hanno indotto a modificare il progetto iniziale ed ora Sportsmen’s Paradise è una sorta di riserva di pesca, con annessa Club House e appunto quattro cabin per chi si vuole fermare più giorni.
Verso le otto, ci invita per la colazione. L'ha preparata oltre che per noi, per se e per suo figlio ventenne, in attesa che arrivino i primi pescatori della giornata. Accettiamo e ci accomodiamo nella club house sorseggiando un buon caffè e osservando la preparazione della breakfast, con qualche “preoccupazione glicemica”. Siamo in quattro adulti e due bambini e Mr.Grant ha appena rotto 18 uova in una padella! .... alle uova strapazzate si aggiungeranno pancakes, salsicce piccanti, marmellata di mirtilli e sciroppo d’acero. Riesco velocemente a rimuovere la delusione della sera precedente!

Colazione in paradiso

Sportsmen’s Paradise è sicuramente il posto perfetto per la conclusione di un viaggio itinerante. Il posto giusto per decomprimersi e rilassarsi prima del viaggio aereo di ritorno. Ci saremmo fermati anche un paio di giorni in più … sarà per la prossima volta!
Dopo un paio d’ore di macchina arriviamo a Salt Lake City. Comprendiamo presto perché Claudio non avesse messo in programma la visita alla città: a parte banche e chiese-grattacielo non c’è praticamente nulla di apprezzabile da vedere. Non scendiamo nemmeno dalla macchina e, dopo un rapido tour della city, ci rifugiamo nella periferia-bene, sulle colline in un Cafè tra le villette e le palazzine in stile coloniale.
La fine del viaggio è uguale alla fine di tutte le splendide avventure. Il calo di tensione ha il sopravvento e così il volo di ritorno pare non finire più. Tutto sommato i bambini fanno ancora i bravi e, se non fosse stato per una coppia di gemellini di pochi mesi con madre sola che non hanno smesso un attimo di piangere e disperarsi, saremmo riusciti anche a dormire.

In conclusione

Il viaggio è stato lungo, intenso ma mai faticoso o noioso. L’organizzazione di Claudio è stata perfetta anche nel fornire numerose opzioni, alternative, varianti al programma base per cui anche con i bambini piccoli si poteva sempre scegliere la cosa più adatta a loro.
Oggettivamente ci sarebbero state utili più attività specifiche per i piccoli ma, a parte la visita al parco di Bear World, non è che ci sia molto di espressamente dedicato a loro nel “selvaggio west” , a meno di non transitare in luoghi maggiormente antropizzati.
Ma devo dire che Irene, che sembrava a volte un po’ annoiata e poco interessata alla natura spettacolare che avevamo attorno, una volta a casa ha raccontato ai nonni, per filo e per segno, tutto ciò che avevamo visto e tutto ciò le avevamo raccontato di quello che vedevamo, con una dovizia di particolari che ci ha spiazzato.

Organizzazione

American Wester Adventures di Claudio Tagini
www.awatravel.net
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Tel. 0523 879411

Attrezzatura

L’attrezzatura da pesca era, per ovvi motivi, ridotta al minimo:
Due canne una 10’ coda 4 e una 8’ ½ coda 5
Mulinello con due bobine (meglio portare due mulinelli)
Waders, giubbino e quattro scatole di mosche (secche, ninfe, terrestrials e qualche streamer)
Gli scarponi li ho comprati da Trouthunter, per risparmiare un po’ di spazio … almeno all’andata.


Sandro Mandrini (The Midge)


© PIPAM.org

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