SVN - Ricordando la chiusura 2002

Slovenia 27/01/03

di Beppe Saglia

Sava e Unec 2002.


Gli occhi verdi della Sava.

500 km bevuti tutti d’un sorso, un sorso lungo quattro ore, per poter essere puntuali (io e l’altro Beppe, socio ormai abituale) al rendez vous delle nove con gli scoltennari, nei pressi del confine austro-sloveno.
Dovevo rivedere gli occhi azzurri della Sava. Ci mancavo da un po’ di anni allontanato dal coro di giudizi negativi. Ma quel racconto di Maurizio, oltre alle sue telecronache minuto per minuto, mi avevano fomentato il ghiribizzo della rivisitazione. 
E quindi a questi occhi preziosi (verdi però) dedico la foto d’apertura.
L’ ardita siluette di Von Pellix (forzatamente a sx) fa apparire un figurino anche quel quintalone di emiliana rustica opulenza che risponde al nome di Padre Brown (rigorosamente a dx).

Una profonda buca lungo il bosco.

Velocissimo rito dei permessi, in quanto la stangona che ci aspettavamo aveva ceduto il posto alla sua attempata sostituta, e casuale incontro con Franco Pistolato e la sua band. Spartizione delle acque, tanto noi col prete giochiamo in casa, e via sul fiume. Lo sguardo dal ponte conferma le impressioni filtrate attraverso i finestrini dell’auto. Acqua pulitissima, livelli ottimali.
La Sava è sempre lei, bella, di suo e per quel contesto ambientale, fatto di boschi vicini e vette lontane, che ti prende e ti distende.

Beppe R. in una delle grandi spianate.

Ma i pesci? Per dirimere questo dubbio inizio giocando sporco. Canna 9 coda 6, letal weapon streamer extra long e via a sondare la parte bassa della zona trofeo. Primo lancio e primo aggancio delle piante alle spalle. Maledetto Messa e le tue teste piombate. Secondo lancio e lo streamer cade al di là del correntone nella morta vicino a riva. Mending, rimending, affondo, taglio della corrente, deriva e recupero a strappi, niente, spostamento di vetta verso la riva dalla mia parte, streamer a sfiorare le radici affioranti, recupero lentissimo, due metri, e TAC, la prima botta! Il "dovrebbe essere bella" mi muore in gola prima che abbia il tempo di uscire, mi rendo subito conto che ci sono kamikaze di trote che rendono illusoria la presunta guerra chirurgica che dovrebbe operare un grosso streamer. Una trota ogni tre passate, 70% iridee. Il resto fario, ma comincinciano le prime bollate.
&Egarve; ora di cambiare canna. Sette e mezzo coda 3 e via, verrebbe da dire "finalmente si pesca"!

La mia prima fario a seta.

I pesci collaborano alla stragrande, complice il tempo molto bello con alta temperatura e una discreta schiusa, lanciandosi in una intensa attività di superficie. Il fiume è tutto pescabile, in certe sue spianate immense ci si potrebbe fare tranquillamente sera, ma anche il percorrerlo a piedi respirando a pieni polmoni tra gli alti boschi di conifere resinose, cogliendone solo gli anfratti più intriganti e meno battuti riserva un piacere sottile. Una bella fario superiore al Kg suggella una lunga serie di catture. E non sono mancati i temoli, gradita sorpresa anche se la sensazione è che la popolazione debba ricostituirsi in modo più omogeneo nel fiume. Diamo il beneficio del tempo alla nuova gestione che è stata comunque prodiga di sforzi mirati.

L'over settanta di Beppe R.

L’altro Beppe anche oggi ci regala uno dei suoi numeri che lo stanno rendendo celebre. Lo sento sbraitare da un Km di distanza. Intuisco un "aiutatemi, non so cosa fare!". Mentalmente mi parte un "aggiustati, hai voluto la bici e allora pedala", e lui pedala, pedala, cazzo se pedala. Fa tutto da solo. La becca a secca, su bollata, la tiene in canna il giusto per recitare tutto il rosario alla Dea dei pesci persi, la porta a riva e soprattutto la fotografa, così quando mi manda la dia quasi quasi svengo. Non ha raddoppiato la misura in preda all’estasi narratoria. Sono 70/80 cm di irideazza dalla perfetta livrea, sarà di quelle camionate, sarà una vecchia boh, però è un gran bel pesce.

Padre Brown in azione.

Oggi è tutta la squadra che gira alla perfezione. Poco oltre è il prete a dare spettacolo, con una serie impressionante di catture giocate tutte con attrezzatura light, coda in seta, finali sottili, formiche e piccoli plecotterini (Mario Tir non visibile nella foto di cui sopra, sta vomitando dietro la boscaglia). Il vecchio montanaro dello Scotenna, pur non disdegnando l’acqua che scroscia, trova la sua vera essenza nelle lunghissime lame piatte dei grandi fiumi e delle grandi risorgive. Li, il suo spirito di osservazione e la sua ottima conoscenza entomologica trovano la loro giusta valorizzazione.

Beppe S.  sta insidiando una grossa trota.

Sono ossessionato dalle sponde dei fiumi. Se fossi un pesce è li che starei. Meno corrente, meno sforzo per tirare sera, la pastura che arriva comunque e tutto il tempo per valutarla, in più tutto quel ben di dio che cade dall’alto ad ogni alito di vento. Ma sono un pescatore… e allora lascio le dieci bollate a centro fiume, per dedicarmi a quel piccolo e delicato gorghetto che di tanto in tanto rompe l’acqua a dieci cm dalla riva. Stimo sempre che siano dei pesci grossi, e a volte è stato così. Poi sovente capita che dopo averci penato un’ora, perso un tot di mosche, cambiato tutto il cambiabile, mi ritrovi con una spanna di iridea in canna. Va bene lo stesso, mica siamo in gara perdio!

L'enorme iridea orgoglisamente mostrata da Beppe S.

La seconda giornata è volata via altrettanto rapida, e pur se caratterizzata da tempo decisamente più freddo, ha regalato comunque belle soddisfazioni a tutti. Meno attività di superficie, meno catture ma alla sera tutti contenti, con la palma d’oro a Von Pellix per un temolone di quelli che si pensava non ci fossero più. A presto dear Sava, il giudizio positivo dovrà essere confermato in un prossimo futuro.

Il bel temolone dl colonnello.

Lasciamo il certo per l’incerto, leggi Sava per Unec. Il fascino della sorgiva è tale che non ci facciamo frenare dalle notizie infauste che arrivano da Planina. A Lubiana in autostrada già si sente il turbinare della sua corrente, così attraversiamo il ponte di Hasberg di corsa senza fermarci e ci fondiamo dalla Giusy per onorare il mitico Stinco.
Sulla nottata stendo un velo pietoso. La congiunzione astrale tra la grappa del giudice della sera prima, l’anestesia della Giuseppina, il freddo patito durante il giorno mi ha svuotato anche della forza di oppormi a ad un epilogo crudele giocatosi nei tre metri che separano il letto dal bagno, percorsi decine di volte in preda a deliri ora mistici ora gastrici esaltati dal gaudente rilassato dolce russare del mio omonimo.

Von Pellix sull' Unec

Al mattino dopo frugale colazione, letterale per me eufemistico per la band, ci fiondiamo a vedere l’acqua, e infine con assoluta incoscienza a fare il permesso. 85€ per pescare a +140 in una fredda giornata di novembre richiede una predisposizione alla pazzia o un amore infinito per questo fiume. E noi ce l’abbiamo, cosi come Claudio Carrara e la sua compagna e come il mitico Mauro F. che fa parte del paesaggio, tanto in qualunque momento ci vai sempre lo trovi, e sempre sorridente, allegro e pieno di altruistica esperienza.
Decidiamo di partire dai bidoni a scendere, con il prete è un classico, staccarlo da quelle curve è più difficile che togliere un osso dalla bocca di un mastino napoletano affamato.
Il fiume è morto, però il paesaggio rimane bellissimo, con i livelli che propongono nuovi scorci memorizzati da sempre in un altro modo.
Prendo a camminare verso valle sino a che scorgo la prima bollata. La mosca era già su da un pezzo, una pale watery dun con ali in cervo; sale al primo colpo, 40 e rotti cm di temolo a regalare un senso a questa scommessa. Chiamo Von al telefono, scendi giù ho trovato dove bollano. Gli cedo il posto e scendo ancora.

Ma cos’è, una locomotiva?

Devo arrivare sino alla curva Palu per vedere un’altra bollata, ma sono passi sempre ben spesi. Non è una bollata ma almeno tre quattro pesci che bollano regolarmente a centro fiume.. Peccato che in queste condizioni il centro fiume disti oltre venti metri dalla riva e la riva dalla mia parte sia fatta di fitta vegetazione senza possibilità di lanciarci attraverso. Sono le situazioni che più mi intrigano. Sondo visivamente la sponda cercare il punto in cui l’acqua sembra più bassa. Mi aggrappo ad un ramo e mi immergo. Quando con la punta dello scarponcino arrivo sul fondo mancano dieci centimetri al bordo dei Waders ed il giubbino tocca l’acqua. Riesco ad avanzare di un altro metro e comincio a provarle tutte. Rollo di dritto, rollo di rovescio, provo con il tagliato, niente, solo con una dose di culo esagerato, in uno dei cento tentativi, l’attrito della coda con l’acqua riesce a creare quel giusto equilibrio di tensione che non va oltre il caricamento della canna e la mosca parte decisa e arriva in zona. Il resto lo fa il temolo, scartando di oltre un metro a lato di dove era per venire a prenderla. Una locomotiva, di quella taglia ne avevo ancora visti pochi.

Un attimo prima di sganciarsi.

È a due tre metri, quando ormai vinto si slama lasciandomi di stucco, incerto se riprovare tutto l’incredibile ambaradan per tentare gli altri due o lasciar perdere tutto. Ovviamente ci riprovo e la costanza (non tua moglie Von, statti calmo) premia sempre. Dopo mezz’ora il 13 esce di nuova alla roulette del caso. Questa volta non lo perdo. E’ meno bello dell’altro, ma con i suoi 46 cm rimane sempre un gran pesce. Ma in Unec non c’erano solo più temolotti? L’avevo letto più volte, scritto e certificato dai esperti. Vatti a fidare!

Saluti a tutti....

La mia Admira, il Francis e l'ultimo temolo del 2002.


Beppe S.



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