My Moby Dick
William Humphrey
My Moby Dick Elliot, Roma 2010 A cura di Marco Baltieri
![]() Di William Humphrey (1924-1997) abbiamo già recensito l’edizione in francese della raccolta La course amoureuse, che conteneva otto tra i più famosi racconti di questo scrittore statunitense: The spawning run, My Moby Dick, Cast and cast again, Great Point, The rigors of bonefishing, Bill breaks his duck, The royal game, The fishermen of the Seine.
Come dicevamo, il tono generale di questi scritti è sempre tra l’ironia e la passione partecipata; lo sguardo quello del pescatore a mosca meditativo, che ha capito che a dieci chilometri da casa ci sono forse più cose da imparare che andando dall’altra parte del pianeta. Finalmente arriva adesso la traduzione italiana di My Moby Dick, in cui si racconta la storia di una trota di più di un metro, orba da un occhio, scoperta in un torrente, e che diventa il problema da risolvere prima della chiusura della pesca. Per convincerla ad abboccare bisogna raffinare sempre più la tecnica (mosche sempre più piccole, finali sempre più sottili…). La conclusione, l’ultimo giorno della stagione, la potete forse immaginare (e con il danno anche le beffe di un moccioso che aveva seguito tutte le peripezie del mostro). Come dice la nota biografica in coda al volume, W. Humphrey fu uno scrittore prolifico, con all’attivo numerosi romanzi e racconti (molti dedicati alla pesca a mosca) di buon livello, tanto da essere salutato come erede di William Faulkner e Mark Twain; dal suo primo romanzo, Home on the Hill, venne tratto un film nel 1960, diretto da Vincent Minnelli e con Robert Mitchum come protagonista. Come sempre, in questi casi, una piccola critica ai traduttori italiani: quando mai impareranno che Brown Trout si traduce “trota fario” e non “trota bruna”? Non parliamo poi della copertina (per altro bellissima): ma avete mai visto un volteggio di coda fatto così? Marco Baltieri
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