Il Cormorano e la fauna ittica

04/10/10 - Sotto la lente


Cenni di biologia della specie

di Marco Riva (Marble)


cormorano (Riva)

Il cormorano presente in Europa ed in Italia può essere ricondotto fondamentalmente a due specie, il marangone dal ciuffo (Phalacrocorax aristotelis), legato agli ambienti marini, ed il cormorano (Phalacrocorax carbo), a sua volta suddiviso in due distinte sottospecie; il Phalacrocorax carbo carbo ed il Phalacrocorax carbo sinensis.
Il primo ha dimensioni maggiori, è a distribuzione prevalentemente atlantica, e la sua presenza in Italia è occasionale e sporadica, come quartiere di svernamento; la sottospecie “sinensis”, più prettamente continentale, invece è a presenza diffusa, svernante e/o nidificante stanziale.

cranio di cormorano atlantico (sopra), e cranio di cormorano continentale (sotto) (immagine da web)

Una specie simile, sebbene di dimensioni minori, è il marangone minore (Phalacrocorax pygmeus), presente in Italia, ma poco diffuso e prevalentemente svernante.
La sottospecie Phalacrocorax carbo sinensis ha dimensioni grandi, poco inferiori a quella di un’oca (secondo una consuetudine in ornitologia si utilizzano le dimensioni di altri uccelli più comuni come termine di paragone); grandi zampe palmate, collo e becco lunghi; quest’ultimo presenta un uncino all’apice. La lunghezza varia da circa 80 a 100 cm, con apertura alare tra i 120 ed i 150 cm ed un peso medio di circa 3,5 kg. La colorazione è prevalentemente nera, con sfumature verdi-metalliche in abito nuziale. La testa ed il collo presentano spesso alcune piccole penne bianche.
Le parti laterali del capo ed il mento sono bianchi, più o meno accentuati; sono presenti anche ai lati delle zampe due macchie biancastre circolari.
Nella livrea invernale sono assenti le macchie e le sfumature bianche.

livree del cormorano (immagine da web)

Il giovane assume una colorazione brunastra, con parti inferiori spesso biancastre. Il verso viene emesso prevalentemente nelle colonie riproduttive.
Nuota con il corpo molto immerso nell’acqua ed il capo obliquo, rivolto verso l’alto. La silhouette in volo ricorda una croce, per le dimensioni del collo e della coda; il battito delle ali è rapido.
Si alimenta prevalentemente di pesci, che cattura nuotando velocemente in immersione. Le grandi zampe palmate sono un ottimo propulsore e la coda funge da timone.
Il nuoto subacqueo può portare l’animale a profondità anche di 15-20 metri, sebbene la profondità di pesca si mantenga entro pochi metri dalla superficie.
Il cormorano cattura i pesci poco dietro la testa, aprendo il becco per catturarli ed utilizzando l’uncino all’apice dello stesso per trattenerli. Per ingoiare la preda risale in superficie, la posiziona dalla parte della testa e la ingoia intera.

stemma araldico (immagine da web)

Il piumaggio del cormorano non è impermeabile; questa caratteristica facilita l’animale durante le immersioni, ma rappresenta un inconveniente per il volo, ecco perché spesso, dopo che ha pescato, si può osservare il cormorano con le ali spiegate ad asciugare (chiamata la posizione dello stemma araldico).
È un opportunista alimentare e si nutre della risorsa maggiormente presente nell’ambiente in cui pesca, oppure della specie ittica di più facile predazione.
Preferisce pesci di dimensioni comprese tra 10 e 20 cm, sebbene non disdegni prede di dimensioni molto maggiori (anche superiori a 30 cm) o più piccole.
Il fabbisogno alimentare giornaliero del cormorano varia da circa 350 g fino a circa 550 g, con variazioni legate alle dimensioni, al sesso, al clima, al contenuto energetico delle prede ed alle caratteristiche dei siti.

roost (immagine da web)

Il cormorano compie spostamenti anche di alcune decine di chilometri ogni giorno per raggiungere i siti di foraggiamento. I dormitori (roost) sono ubicati generalmente presso aree umide ed in luoghi con scarsa presenza umana, così pure come i posatoi diurni. Si possono riconoscere tali siti dall’ingente quantità di guano deposta sui rami ed i tronchi; tale caratteristica è visibile soprattutto in inverno , quando la vegetazione arborea non presenta ancora le foglie.
Il cormorano è una specie gregaria, si sposta in stormi composti da poche unità fino ad alcune centinaia di individui. Nidifica a partire dal 3°-5° anno d’età in colonie spesso miste a quelle degli aironi; il nido viene costruito sugli alberi ed è costituito principalmente da rami, ramoscelli, foglie. Il numero di uova varia tra 2 e 5; le uova schiudono in un tempo di circa 30 giorni e lo svezzamento completo dei pulli avviene generalmente entro le 12 settimane dalla nascita.

Distribuzione e dinamiche demografiche

Il cormorano, a differenza di una credenza diffusa, non è una specie alloctona introdotta in Italia in tempi relativamente recenti. In particolare il Phalacrocorax carbo sinensis, il più diffuso nelle acque interne italiane, è presente in Europa in un areale che va dalle coste del Mar Baltico, Islanda, all’Europa continentale, fino alla Turchia, penisola iberica ed anche nelle isole britanniche.
Il cormorano continentale (Palacrocorax carbo sinensis) ha subito un drastico calo nella sua popolazione europea tra la fine del XIX e la prima metà del XX secolo. La specie era a serio rischio di estinzione. Dalla seconda metà del XX° secolo la tendenza si è invertita e ad oggi probabilmente la popolazione di cormorani è ad un livello mai raggiunto in passato, sia in termini numerici, sia in termini di areale di distribuzione.
La popolazione di cormorano in Italia ha assunto proporzioni significative a partire dai primi anni ’90, quando le migrazioni di cormorano dal nord ed est d’Europa si sono fatte più massicce.

formazione a V di cormorani (immagine da web)

L’Italia è un classico quartiere di svernamento per le popolazioni nidificanti nell’Europa del Nord, ed in particolare all’inizio del XXI° secolo si stimava che almeno il 15% della popolazione europea di Cormorano svernasse in Italia.
I paesi da cui provengono gli stormi di cormorani che scelgono di svernare sul territorio italiano sono principalmente la Danimarca, la Svezia, la Polonia, i Paesi Bassi e la Germania.
Da alcuni anni a questa parte il cormorano non è presente unicamente nella stagione invernale; sono sempre più frequenti i cormorani stanziali e semistanziali che eleggono il nostro paese a loro dimora per tutto l’arco dell’anno.
Ma quali sono i motivi principali dell’incremento del cormorano in Europa?
Le motivazioni sono molteplici; le principali concause della rapida ripresa delle popolazioni di cormorano sono essenzialmente le seguenti:

1. protezione dei siti di riproduzione e riduzione degli abbattimenti;
2. ampia disponibilità alimentare;
3. riduzione dell’inquinamento delle acque.

La normativa Europea in materia di protezione di fauna, flora ed habitat ha sicuramente rappresentato un elemento gestionale che ha favorito l’espansione e la ripresa di molte specie animali; la “Direttiva uccelli”, (la 79/409/CEE), ha rappresentato un importante fattore per l'incremento in tutto il continente delle popolazioni di Cormorano e di altre specie di uccelli acquatici.
A questa si aggiunge la Convenzione di Berna per la conservazione della vita selvatica e dell'ambiente naturale in Europa, la Convenzione di Bonn per la conservazione delle specie selvatiche migratrici, la Direttiva "Habitat" 92/43/CEE per la tutela degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche e la Convenzione di Ramsar per la conservazione delle zone umide di importanza internazionale.
Oltre alle normative Comunitarie, anche in Italia sono state promulgate leggi di protezione; in particolare si ricorda la legge n. 968/77, che prevedeva la protezione integrale alla gran parte delle specie ornitiche, tra cui gli uccelli ittiofagi, che in precedenza erano cacciabili.
In questa situazione normativa lo sviluppo del cormorano è andato di pari passo alla ripresa di molte altre specie di uccelli ittiofagi (aironi, gabbiani, ecc.) e predatori in genere (rapaci).
Gli altri fattori, strettamente collegati, che unitamente al nuovo assetto normativo, hanno contribuito all’espansione del cormorano, sono stati quindi la riduzione dell’inquinamento delle acque e la conseguente ripresa del popolamento ittico, fonte alimentare del cormorano.
Se nei primi anni ’80 l’inquinamento delle acque rappresentava un importante elemento di alterazione e rarefazione della fauna ittica nei corpi idrici italiani ed europei, con il miglioramento della qualità delle acque successivo si è assistito ad una progressiva ripresa degli stock ittici, che hanno rappresentato una buona fonte alimentare per i cormorani, in rapida espansione anche in areali in cui prima non erano presenti. A questo si aggiunge uno sviluppo molto veloce delle pratiche ittiogeniche commerciali, con la creazione di nuovi allevamenti di trota nelle acque interne e di spigole e orate in ambiente lagunare e marino.

Gestione delle popolazioni di cormorano

Da quando il cormorano ha ricominciato ad avere popolazioni piuttosto importanti, si è subito ripresentato il problema delle interazioni negative della sua presenza con le attività di allevamento o pesca professionale, ma anche nella pesca sportiva.


esempi di predazione del cormorano: luccio (sopra) e carpa (immagini da web)

La contrapposizione tra il mondo della pesca professionale e sportiva e la posizione degli Enti gestori e degli animalisti hanno dato l’avvio ad un dibattito tutt’ora in corso, nell’intento di trovare soluzioni per il controllo delle popolazioni svernanti e stanziali di cormorano.
Il dibattito ha permesso di evidenziare le criticità del problema e di individuare alcuni punti fondamentali per inquadrare le necessità ed il reale impatto del cormorano sugli stock ittici.
Innanzitutto è necessario avere a disposizione un monitoraggio esteso e relativo a varie situazioni ambientali della presenza e sulla consistenza delle popolazioni di cormorano, oltre che sulle abitudini alimentari.
È auspicabile inoltre la promozione di uno scambio bilaterale a livello scientifico e amministrativo all’interno dell’UE e con paesi terzi, nel caso dell'elaborazione di un piano di gestione dei cormorani.
La necessità di un coordinamento europeo sul problema “cormorani” ha dapprima favorito la creazione di un gruppo di lavoro interdisciplinare ed internazionale che ha trovato collocazione nel “PROGETTO REDCAFE”, attivo fino al 2004, e successivamente nel progetto “INTERCAFE”, che ha raccolto i principi del precedente progetto ed ha gettato le basi per una programmazione su larga scala per il controllo e la gestione delle popolazioni di cormorano.
Il punto di partenza fondamentale è la conoscenza delle abitudini alimentari e dei comportamenti del cormorano, come base per l’individuazione di metodi di difesa efficaci. I paesi interessati hanno avviato progetti di censimento, monitoraggio e studio delle varie realtà; anche in Italia sono stati avviati progetti di monitoraggio del cormorano, di studio delle esigenze ecologiche, della dieta e degli spostamenti.
Sono inoltre state intraprese azioni sperimentali per la dissuasione del cormorano e l’allontanamento degli stormi da aree vulnerabili, come quelle interessate da acquacoltura (e quindi di un certo interesse economico), sia da aree in cui la presenza dei cormorani può mettere in pericolo alcune specie ittiche protette o può ledere in misura eccessiva le attività di pesca sportiva.

Rapporto con la fauna ittica e controllo delle popolazioni di cormorano

Come ricordato in precedenza, il cormorano è un predatore opportunista che si ciba della risorsa maggiormente disponibile o di quella più facile da catturare.
I conflitti con l’acquacoltura nascono dal fatto che spesso tale attività viene effettuata in modo estensivo o semiestensivo e quindi non è possibile controllare adeguatamente tutto il perimetro dell’allevamento (ad esempio le valli da pesca e le lagune), che rappresenta una forte attrattiva per gli ittiofagi.
Il prelievo operato dal cormorano opera principalmente sulle specie di importanza commerciale e quindi rappresenta un mancato introito da parte degli addetti del settore, che ne auspicano una drastica riduzione delle popolazioni.
Analogamente per quanto riguarda le zone maggiormente vocate alle attività alieutiche, la presenza di colonie di cormorano rappresenta un elemento di rischio inaccettabile, soprattutto nei confronti della comunità salmonicola (trote e temoli) degli ambiti vallivi e pedemontani. Tali ambienti sono relativamente oligotrofi e la loro capacità portante è sicuramente inferiore ad ambiti di pianura o salmastri, estremamente produttivi, ecco perché il prelievo da parte dei cormorano in queste zone, seppur in termini assoluti non troppo elevato, in termini di “danno biologico” è invece molto importante.
I principali metodi di dissuasione utilizzati per l’allontanamento del cormorano sono di varia natura, e prevedono sia l’uccisione degli individui indesiderati, sia l’allontanamento degli stessi dalle zone di foraggiamento o dai posatoi notturni o dai siti di nidificazione.
I metodi di controllo o in alternativa di dissuasione vengono praticati principalmente in corrispondenza delle attività di allevamento ittico e si suddividono in due gruppi distinti: metodi di dissuasione attivi e metodi di dissuasione passivi.
Tra i metodi di dissuasione ed allontanamento attivi si ricordano i principali.
Dissuasione acustica: tramite spari a salve, cannoni a gas ed emissione di ultrasuoni;
Dissuasione con puntatore laser: questa tecnologia permette di ottenere l’allontanamento dai posatoi notturni degli stormi di cormorani, puntando il laser nella loro direzione.
Abbattimento: abbattimento selettivo di alcuni individui per allontanare gli altri.
Controllo dei nidi: nei paesi in cui la presenza del cormorano come specie nidificante è massiccia, un controllo dei nidi permette di eliminare una parte delle uova, diminuendo il numero dei nuovi nati.
I metodi di dissuasione passiva invece consistono in strutture fisse o rimovibili che con la loro presenza impediscono o rendono difficoltoso il foraggiamento o la sosta in certi siti.
Reti antiuccello: previste negli impianti di acquacoltura, ricoprono le vasche ed i canali per difendere il pesce dagli uccelli ittiofagi.
Rifugi subacquei: la predisposizione di adeguati rifugi, costituiti da gabbie a maglia relativamente ampia, favorisce il riparo e rende difficoltose la pesca del cormorano.
Reti e fili sospesi, silouettes e palloni: in ambito naturale, soprattutto lungo i fiumi, vengono tesi dei fili orizzontali a distanza inferiore a 5 metri l’uno dall’altro, ai quali vengono a volte appesi spezzoni di nastri colorati.
In altri casi un semplice spaventapasseri o dei palloni colorati appesi possono dare un discreto effettto, ma solo sul breve periodo.

copertura di un allevamento (immagine da web)

puntatore laser (immagine da web)

pallone dissuasivo (immagine da web)

nastratura di un fiume (immagine da web)


Considerazioni conclusive

Senza dubbio il cormorano ha un certo impatto sulla fauna ittica, ma troppo spesso si semplifica troppo la questione addossando a questa specie la “colpa” della rarefazione di alcuni pesci.
Come ricordato prima, è fondamentale che si conosca la biologia e l’ecologia della specie per poter affrontare il problema.
I motivi per l’incremento del cormorano in Europa sono noti e, tralasciando la questione della protezione di cui questa specie gode, uno dei fattori principali è l’incremento delle risorse alimentari dovute allo sviluppo dell’acquacoltura ed alle pratiche di ripopolamento.
Alcuni studi hanno dimostrato come il cormorano, esercitando la sua pressione sulla fauna ittica, costituisce si una pressione nuova e significativa, ma rappresenta comunque una perdita limitata (non certamente catastrofica) per gli allevatori ed un fattore di rischio plausibile per le specie selvatiche.
I mezzi di dissuasione elencati sono efficaci sul breve-medio periodo; dopo alcune settimane si ha un’assuefazione dei cormorani a misure come i dissuasori acustici. Ove si proceda con azioni più drastiche come l’abbattimento, si favorisce il turnover con l’insediamento di nuove colonie ove le ultime fossero state allontanate.
È necessario quindi valutare che le attrattive (ad esempio gli allevamenti ittici) per i cormorani permangono, quindi un allontanamento sarà comunque parziale e limitato del tempo.
Spesso i pescatori additano il cormorano come motivo principale della scomparsa di specie importanti come la trota ed il temolo nei fiumi pedemontani e di valle. Non si può dire che il cormorano non applichi predazione diretta nei confronti di questi pesci, ma spesso, erroneamente, non si considerano altri fattori di stress ambientale che limitano le popolazioni ittiche ed allo stesso tempo facilitano la pesca del cormorano.
Ad esempio la riduzione delle portate n alveo determina, oltre che una diminuzione di alveo bagnato e quindi disponibilità alimentare per i pesci, anche una diminuzione della turbolenza e della velocità delle acque, facilitando la pesca del cormorano.
Allo stesso modo la banalizzazione dell’alveo (artificializzazione e canalizzazione degli alvei), toglie habitat rifugio per la fauna ittica, che è più vulnerabile alla predazione del cormorano e degli ittiofagi in generale.
Questi sono solo due esempi di fattori che dovrebbero essere considerati nell’affrontare l’argomento, ma che spesso passano in secondo piano.
In conclusione, il cormorano rappresenta un problema, sia per gli allevamenti ittici che per le popolazioni naturali. Questo fattore deve però essere inserito in un contesto in cui i problemi sono molteplici ed il cormorano ne è solo una parte.
L’abbattimento limita il fenomeno solo temporaneamente e l’allontanamento e dissuasione non sortisce effetti duraturi. Se per gli allevamenti si rendono necessari interventi spesso costosi di predisposizione di opere di dissuasione, per le acque pubbliche si dovrebbe operare per una generale riqualificazione degli habitat prima che delle specie, facendo in modo che i fiumi tornino ad essere la casa del pesce ed il suo rifugio ideale.

Marco Riva


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