L'assorbimento della luce

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06/06/11- Sotto la lente



di Matteo “MatteoF” Fongaro

Ben ritrovati. Vi devo delle scuse, manco dal forum, dalla pesca e da Pipam oramai da molto tempo, ma nella vita ci sono cose che hanno priorità, famiglia, lavoro eccetera. Penso che sarà capitato un po’ a tutti di dover, per forza di cose, mettere tutto in stand by in attesa di tempi migliori.
Fatta questa piccola premessa, ritorno ad annoiarvi con articoli tecnici, scientifici, applicati alla pesca a mosca, scritti con il classico humor anglosassone, un misto tra Benny Hill e Mister Bean .
In questo scritto parleremo di una cosa tanto sottovalutata quanto importante ai fini della riuscita di una battuta di pesca, sia che peschiamo sotto che sopra, a trote o a tonni, insomma importante in generale.
Negli ultimi anni mi sono dedicato completamente alla pesca al luccio, mettendo da parte le canne leggere a favore di strumenti più pesanti. La mia scelta è stata dettata da vari fattori: il tempo da dedicare alla pesca è sempre meno e quindi dovevo privilegiare posti e pesci vicini, ma soprattutto la necessità di ritrovare stimoli alieutici che la trota non riusciva più a darmi.
Qui potrei fare il brillantone dicendo che orami la trota non aveva più segreti, che ero diventato un mago del lancio radente, che conoscevo tutti gli insetti a memoria e cose del genere. Nella realtà avevo perso la magia della bollata. È un po’ come mangiare fiorentina tutti i giorni per un anno intero, normale che alla fine si sia stufi e si voglia provare anche la pasta alla carbonara. Ecco, il luccio è la mia pasta alla carbonara !.
Questa variazione di menù mi ha portato a considerare alcuni aspetti tecnici che prima davo per scontati e a considerare cose mai viste in precedenza. Se qualcuno di voi si è già cimentato con l’esocide sa che questo pesce è lunatico come le donne in quei giorni là, in cui usano quei cosi là, perché gli vengono quelle robe là. Se è attivo attacca anche un sasso che si muove, se è fermo non lo smuovi neanche con le bombe a mano.
Però mi è capitato di osservare alcune cose: artificiali uguali, fatti con la medesima tecnica, dal movimento uguale, ma colorati in modo diverso suscitano o meno l’attenzione del pesce. E questa attenzione varia, oltre che per quei giorni là, anche perché fondamentalmente il pesce non li vede.
Qualcuno di voi starà già abbandonando la lettura, convinto che si tratti del solito articolo su come i pesci vedono: restate a leggere ancora un pò!
Diamo per scontato che i pesci vedano come noi, cioè che quello che sia visibile per noi lo sia anche per loro. Cosa cambia allora? Cambia l’elemento in cui loro vivono.
I pesci stanno in acqua e questa ha un assorbimento della luce diversa dall’aria, molto diversa, e poi l’acqua può essere più o meno torbida, corrente o ferma, e l’assorbimento può essere correlato anche alle variabili condizioni meteorologiche.
Facciamo un passo indietro. Già Tesla molto tempo fa, e pochi altri prima di lui, avevano intuito che il colore altro non è che una vibrazione della luce. In pratica il sole ci illumina con tutto lo spettro, visibile e non, (cioè con tutta la gamma di colori possibili e immaginabili): ogni oggetto colpito dalla luce assorbe parte di questa “radiazione” e riemette quelle non assorbite. In altre parole, una cosa ci risulta rossa perché assorbe tutto tranne che il rosso. Il classico esperimento che viene fatto ai ragazzini per spiegare questo fenomeno è quello di mettere sotto il sole un foglio bianco e un foglio nero: il bianco ri-emette tutto lo spettro (tanto che il bianco è il “non colore”) mentre il nero li assorbe tutti (infatti è la somma dei colori), dopo una decina di minuti il foglio bianco sarà ancora fresco, il nero invece sarà più caldo perché avrà assorbito e imprigionato molta più radiazione solare.
Quella che sembra una banalità, in realtà è molto più complessa di quel che si crede. Basti pensare che basandosi sul “colore”, o meglio radiazione che emette una stella, a seconda della lunghezza d’onda su cui viaggia, si possono determinare la temperatura (più è bianca più è calda) e anche la composizione chimica (ogni elemento chimico ad una certa temperatura emette un certo colore).
Ma i lucci non sono su Marte, quindi riportiamo ora il discorso sulla terra o meglio sull’acqua.
L’elemento dove vive il pesce fa da filtro, cioè assorbe in modo parziale la radiazione di luce che, a seconda di profondità e torbidità, raggiunge gli oggetti che sono sotto, colorandoli.
Ora, che si peschi lucci, o trote, o tombarelli questo non va preso sotto gamba. Una trota che dal fondo di una buca sale per ghermire un’effimera che galleggia sul pelo dell’acqua, quando parte avrà visto un insetto di un colore. Ma quando gli arriva vicino vedrà un colore diverso. Quando invece è sul fondo a ninfare, a seconda della profondità potrà vedere o meno la nostra insidia, dipende da che colore rifletterà.
Avete mai notato, sfogliando i cataloghi delle imitazioni delle ninfe ceke, che alcuni modelli sono fatti veramente con colori improbabili e non naturali: servono apposta affinchè le trote le vedano in determinate situazioni. Qualcuno obbietterà che basta seguire madre natura e il gioco è fatto.
Questo è parzialmente vero perché molte volte l’attacco avviene per fame, ma altrettante volte per curiosità. Non solo, gli insetti e i pesci si sono evoluti per sopravvivere nella loro catena alimentare e per farlo adottano tecniche di mimetismo. Ovviamente però non possono essere mimetici sempre e comunque: ad esempio, una scardola può essere invisibile in condizioni normali ed essere invece appariscente come uno vestito di nero in un white party, in una villa con i rivestimenti in marmo di Carrara, ad un raduno di albini dopo una nevicata, se ad esempio l’acqua è torbida.
Poi i predatori si basano sui particolari, essendo abituati a cacciare cose mimetizzate. Se individuano un determinato aspetto (un occhio, una sagoma, una coda o la sacca alare), potrebbero partire all’attacco. In altre situazioni invece è la curiosità di qualcosa fuori dal loro standard ad indurre l’attacco, un pesce antagonista ad esempio od un insetto insolito da assaggiare.
Ora proviamo a vedere un po’ della fisica che ci sta sotto.
La luce arriva ai nostri occhi sotto forma di radiazione elettromagnetica, noi ne percepiamo alla vista solo una piccola porzione, ma nella realtà comprende una vasta gamma di frequenze.
Per capirci è un po’ come la radio, nell’aria ci sono tutte le stazioni, ma noi selezioniamo AM o FM a seconda del programma che vogliamo ascoltare.
La luce, spostandosi come onda, ha delle caratteristiche che sono la frequenza, cioè il numero di cicli per unità di tempo (i famosi Herz) e la lunghezza, cioè quanta strada ha fatto l’onda nello svolgere un ciclo.
Va da sé che maggiore è la frequenza, minore è la lunghezza dell’onda e viceversa; se faccio molti cicli di sali e scendi ovviamente non andrò molto avanti.
Bene, quando la luce colpisce l’acqua questa inizia ad assorbire parte della luce e inizia dalle lunghezze d’onda maggiori cioè dai colori che hanno un frequenza bassa.
Ed ora la magia: basandoci sulle lunghezze d’onda possiamo sapere in anticipo quali colori spariranno prima: rosso = 700 nm, arancio = 620 nm, giallo = 580 nm, verde = 530 nm, blu = 470 nm, violetto = 420 nm.

(immagine dal Web: le differenti lunghezze d’onda, le prime le radiazioni, poi i raggi X, poi gli ultravioletti, segue il visibile, gli infrarossi e quindi le onde radio)

Le lunghezze d’onda sono espresse in nano metri (nm). Quindi il rosso ha la maggiore lunghezza d’onda e quindi è il primo a sparire, il secondo è il giallo e così via, ed è per questo che il mare è blu, perché il colore che viene assorbito più profondamente e quindi resta più evidente.
Vanno poi considerati altri fattori, come la stagione, la località e l’ora, perché varia l’incidenza della luce, cioè l’angolo con cui la luce colpisce la superficie dell’acqua, attenuando già questo l’intensità dello spettro visibile.
In definitiva tiriamo le somme di questo discorso:

1. i colori cambiano nell’acqua a seconda della profondità e della torbidità
2. a seconda del tempo atmosferico, di dove siamo e da che ora peschiamo varia la percezione dei colori
3. i predatori si focalizzano sui particolari

Bene, adesso proviamo a tradurre in pratica queste cose e a dare delle indicazioni precise a seconda dei colori:
- colori naturali, tipiche della fauna in loco: da utilizzare in caso di condizioni di luce normale a profondità medio basse (1,2 mt) e acqua limpida
- colori giallo/arancio: da utilizzare con acqua torbida o alle prime luci dell’alba quando cioè le condizioni non sono ottimali e la luce non è al massimo della sua intensità. Ottime anche in caso di cielo coperto
- colori verde/chartreuse: una colorazione molto visibile, soprattutto in condizioni di scarsa limpidezza
- colori nero o blu: visibili sempre, quindi ottimi quando l’acqua è molto torbida o il cielo è molto coperto, alla mattina prestissimo oppure alla sera tardi
- colore rosso: croce e delizia, visibile a basse profondità, sparisce a quelle più alte, meglio sfruttarlo per mettere in risalto i particolari, ad esempio se faccio la testa rossa di un pesce, a tre metri gli occhi saranno visibilissimi.

(immagine dal Web: assorbimento della luce in condizioni ideali: acqua limpidissima, purissima, luce direttissima e bellissima)

Tutte le considerazioni fatte si scontrano ovviamente con la lunaticità dei nostri amati pesci. Chi più chi meno avranno avuto esperienze di ogni genere con artificiali improbabili e colori assurdi, ovviamente è sempre il pesce a decidere, ma ogni tanto bisogna indirizzarlo nella scelta.
Mi è successo di trovare un luccio sopra il metro in attività, dietro un erbaio, in una condizione fantastica per me: ero coperto da alcuni alberi, avevo su di lui una visuale completa, mentre il luccio non poteva vedermi. Erano le nove di mattina ed era in piena e frenetica attività alimentare. Primo lancio un artificiale giallo, a trenta cm dal pelo dell’acqua, un metro, attacco, ferro e lo manco, altri tre lanci con lo stesso artificiale e lui niente. Cambio artificiale, ne monto uno chartreuse, un metro di recupero e di nuovo attacco, ferro e lo manco ancora. Altri tre lanci e nulla.
Cambio ancora, ne metto uno tutto rosso, lancio, due strippate e nuovo attacco, ma lo liscio ancora. Altri tre lanci e ancora niente. In preda ad una disperazione atroce, con le lacrime agli occhi cambio ancora artificiale, ne metto uno completamente bianco, lancio, ancora un metro di coda recuperata e ancora lui attacca, lo ferro e stavolta ce l’ho, ma dopo dieci secondi di furia cieca, si slama.
Rientrato a casa, dopo aver nominato in ordine alfabetico tutti gli angeli presenti in paradiso, mi sono messo a controllare gli artificiali e lì ho scoperto che tutti quelli usati avevano la punta piegata .
La morale è che se i pesci sono attivi e smaliziati poco importa il colore, purchè li vedano, per il pescatore invece è importante non trascurare nessun dettaglio, dal colore….all’amo!

Alla prossima.

Matteo Fongaro


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