Qual è il danno che le principali specie di uccelli ittiofagi causa alle comunità ittiche?



Premessa.

Nella nostra fauna ornitica gli uccelli ittiofagi sono sempre stati presenti con un buon numero di specie che, in generale, solo in rari casi ha rappresentato qualche problema, come in alcuni corsi d’acqua in cui vivono specie ittiche con alta valenza ecologica o sportiva, negli allevamenti ittici o ancora in qualche laghetto di pesca sportiva.

Diversamente dalla situazione rilevata in passato, negli ultimi decenni si è però assistito ad un aumento generalizzato delle principali specie di uccelli ittiofagi ed alla comparsa di altre specie in precedenza segnalate come poco frequenti (cormorano). Questo incremento non è univocamente determinabile; molti sono i fattori che vi concorrono e possono essere individuate alcune cause principali:

  • Elevato grado di protezione concesso a livello europeo alle specie ittiofaghe.
  • Incremento delle risorse trofiche messe a disposizione dall’uomo.
  • Estrema adattabilità delle varie specie ai diversi tipi di ambiente.
  • Comportamento di gruppo che favorisce la ricerca del cibo.
  • Estrema capacità di diffusione nel territorio.


Inoltre fattori quali la mancanza di competitori e l’aumento della disponibilità alimentare dovuto anche all’incremento delle attività di itticoltura, hanno sostenuto il loro aumento.
Un esempio significativo è l’aumento notevole dei gabbiani nell’entroterra veneto avvenuto alcuni decenni fa in concomitanza con l’aumento degli allevamenti. Gli itticultori erano soliti disfarsi degli animali morti o malati dandoli in pasto ai gabbiani.
Questa pratica ha innescato un particolare fattore etologico definito “immagine di ricerca”, una specie di memoria dei siti ove trovare il cibo. Questo fattore inizialmente potrebbe aver svolto un ruolo fondamentale nell’attrarre le varie specie di Laridi che agiscono da spazzini.
Elenco delle varie specie

Le specie più comuni che si possono osservare più frequentemente nei corpi idrici italiani sono:


strolaga mezzana airone bianco maggiore
tuffetto airone cenerino
svasso maggiore airone rosso
cormorano falco pescatore
tarabuso gabbiano comune
tarabusino gavina
nitticora gabbiano reale
sgarza ciuffetto martin pescatore
garzetta  

Una prima analisi delle citate specie è utile per dividere subito quelle da tenere prioritariamente in considerazione per la loro spiccata attività di ittiofagi e per la presenza comune (cormorano, nitticora, airone cenerino, gabbiano comune e gabbiano reale), da altre (garzetta, airone bianco maggiore, airone rosso) che assumono un ruolo molto marginale. Il piccolo martin pescatore poi, date le sue dimensioni, non provoca praticamente alcun danno.

Preferenze alimentari: quantità e qualità.

Le preferenze alimentari degli uccelli ittiofagi sono spesso di difficile determinazione; spesso per avere dati significativi devono essere analizzati i contenuti stomacali o le borre (rigurgito della parte indigeribile delle prede) ed il loro reperimento non è certamente facile. Studi in questo senso effettuati in Italia sono scarsi e per avere informazioni più complete si fa riferimento a ricerche effettuate in altri paesi.
La specie che è stata maggiormente indagata risulta essere il Cormorano mentre minori sono le informazioni riguardanti gli ardeidi (aironi) ed i laridi (gabbiani).

Cormorano

E’ lungo 80-100 cm ed ha una apertura alare di circa 130-160 cm. Il peso può variare tra 1600-2600 g circa e dipende dall’età, dal sesso e dallo stato generale di nutrizione.
La strategia di caccia del cormorano consiste nell’immersione e nella ricerca delle prede in profondità. In fase di ricerca, immerge solo la testa per osservare l’ambiente sottostante.
La quantità giornaliera di cibo equivale in molti casi a circa il 10-20 % del peso corporeo.
Durante un’indagine svolta con due esemplari tenuti in cattività la dieta media giornaliera è risultata di ca. 400 g. (Cherubini & Mantovani, 1997). Uno studio effettuato nel Delta del Po (Volponi 1997) riporta dati che indicano una dieta di 350-500 g/giorno. In questi casi si tratta però di situazioni ambientali differenti da quelle comunemente osservate in acque libere.
Uno studio effettuato nel tratto del Po compreso tra le province di Vercelli e Alessandria al quale hanno partecipato ittiologi e ornitologi (Marconato, Maio, Salviati, Perini 1995 – Gariboldi & Beccaria 1995) ha fornito delle importanti informazioni sulle preferenze alimentari dei cormorani; questi predavano principalmente le due specie ittiche più abbondanti, il cavedano e la savetta, con limitati prelievi sulle specie minori come la lasca e l’alborella. Le dimensioni delle prede erano di norma comprese tra i 15 e i 26 cm, con particolare preferenza per quelle tra i 23 e i 25 cm (cavedano e savetta). Una stima del prelievo ittico operato dall’abbondante colonia di cormorani presente nel periodo che va da ottobre ad aprile, nei 90 km di fiume considerati nell’indagine, era stata quantificata in qualche decina di tonnelate annue. Una ulteriore indagine sulle borre dei cormorani sviluppata nel vicino fiume Sesia, evidenziò una elevata presenza percentuale della specie barbo comune tra le specie predate, pesce che però era molto abbondante anche nelle acque del fiume stesso; ciò a dimostrazione dell’opportunismo alimentare che contraddistingue il cormorano.

Ardeidi

Le indicazioni relative alla dieta media giornaliera sono frammentarie e spesso non sufficienti. Anche per questi uccelli si suddividono i dati tra quelli raccolti in Europa ed in Italia.
I dati relativi a studi effettuati sulle popolazioni di ardeidi in Italia si riferiscono principalmente alla percentuale di specie predate.
Secondo i dati derivati dagli studi di Moltoni (1948) per l’Airone cenerino i Pesci costituivano il 21,5 % della dieta e tra questi comparivano persico sole, luccio, anguilla, carpa, cobite e tinca. Ancora Moltoni, riguardo la dieta della Nitticora, riporta una percentuale di pesci predati pari al 16 % della dieta. Le specie risultavano essere carpa, cobite, persico sole, tinca, vairone.
Più recentemente Fasola et al. (1981) hanno pubblicato dati inerenti l’alimentazione della nitticora e della garzetta. La nitticora si nutriva di pesci per il 20,8 %, come confermano studi effettuati in Camargue (Francia), Ungheria ed India. La garzetta invece presentava una dieta di pesci più elevata, pari al 31,5 %.
Nel complesso anche per gli Aironi, ed in particolare per l’airone cenerino e la nitticora, non sempre i dati raccolti risultano adeguati. La varietà dell’habitat e le tipologie di corpo idrico possono modificare molto il grado di predazione per cui la dieta può essere più o meno costituita da pesci; definire pertanto una tipologia standard appare abbastanza difficile.

Laridi (gabbiani)

Tra tutti gli ittiofagi i gabbiani in Italia sono quelli per i quali si conosce meno il regime alimentare. Un po’ più approfondite sono risultate le ricerche svolte all’estero.
La dieta del gabbiano è molto varia, le categorie alimentari principali sono costituite soprattutto da insetti, vermi e resti vegetali. Spesso si ciba di animali morti, o ruba il pasto ad altri uccelli. Gli insetti costituiscono una frazione rilevante della dieta e la loro frequenza dipende dalla stagione e dalle diverse condizioni ambientali.
Solo in determinati periodi e dove sono più abbondanti i pesci sono una parte importante della dieta. Non sono noti dati quantitativi relativi al fabbisogno medio giornaliero.
Il Gabbiano reale è definito predatore, spazzino e ladro (food-pirate), raccoglie qualsiasi cosa sia commestibile. Anche per questa specie la dieta è risultata molto ampia con notevoli variazioni nel corso dell’anno dovute all’ambiente frequentato ed alle risorse messe a disposizione dall’uomo.
Nel complesso però la dieta varia a seconda che il cibo venga ricercato in mare oppure a terra tra gli insediamenti umani, lungo i corsi dei fiumi oppure nelle aree coltivate. Da una ricerca condotta in Inghilterra i pesci costituivano il 26 % della dieta mentre in Scozia i giovani venivano alimentati per il 78 % da pesci.
I dati inerenti l’alimentazione si susseguono con valori percentuali molto vari che dipendono però dalle tipologie ambientali frequentate.

Tecniche di prevenzione utilizzate in altre realtà italiane ed estere.

Metodi di difesa attiva.

I metodi di difesa attiva sono quelli che possono essere attivati dal momento in cui se ne avverta la reale esigenza, di solito non prevedono strutture fisse e fungono da dissuasori dal momento in cui si debbano allontanare dai siti di foraggiamento quantità rilevanti di ittiofagi. I mezzi più usati sono:

  • Fucile laser.
  • Cannone a gas
  • Spari a salve e razzi
  • Ultrasuoni
  • Impiego del Falco
  • Abbattimento
  • Emissione versi di allarme o di stress









Metodi di difesa passiva

Solitamente queste misure di difesa meccanica vengono adottate in bacini di modeste dimensioni, dove l’approntamento di strutture fisse non risulta troppo costoso e di facile realizzazione.
Visto il carattere invasivo di questi metodi, la loro utilizzazione si limita agli allevamenti ittici, dato che in ambiente naturale non sono ammissibili.
L’impiego di alcuni di questi metodi può dipendere dal tipo di uccelli ittiofagi presenti poiché i metodi di caccia impiegati sono diversi a seconda delle specie.

  • fili (tesi sul corpo idrico a rendere difficile il decollo e l’atterraggio).
  • Cordoni galleggianti (lungo il perimetro di bacini per salvaguardare la fauna ittica del sottoriva, la più colpita da alcuni uccelli ittiofagi).
  • Copertura con reti (a ricoprire tutto il corso d’acqua o corpo idrico per evitare l’entrata agli ittiofagi).


Possibili misure di controllo nei confronti delle principali specie di uccelli ittiofagi.

Considerando i soliti tre gruppi di uccelli (Cormorano, Ardeidi, Laridi) si possono fornire le seguenti indicazioni.

Cormorano. Il danno al patrimonio ittico derivato da questa specie è documentato soprattutto per le attività produttive quali gli allevamenti ittici, mentre per quanto riguarda le acque libere la quantificazione dei danni è piuttosto difficile; inoltre i mezzi per scoraggiare la sua presenza, comunemente utilizzati in itticoltura, sono di difficile applicazione.
Una forma di contrasto a questa specie già adottata da alcune amministrazioni locali, che recepiscono i contenuti della Legge 157/92, sarebbe l’abbattimento degli esemplari presenti in soprannumero in determinate zone di un certo pregio ittico. Si dovrà però fare molta attenzione a non abbattere altri cormorani come il Marangone minore, protetto dalla normativa in materia.

Ardeidi (Nitticora, Airone cenerino). L’airone cinerino, l’airone rosso ed eventualmente altre specie di minore impatto (Garzetta, Airone rosso etc) possono risultare dannose dal momento in cui il loro popolamento è eccessivo in aree ricche di risorse ittiche. La riduzione di queste ultime a causa delle attività sono difficilmente contrastabili in quanto non è possibile attuare azioni di dissuasione drastica come può essere fatto nei confronti del cormorano; infatti il loro abbattimento è escluso dall’esistenza di un elevato livello di protezione definito dalla normativa sia su scala nazionale (LN 157/92, articolo 19, comma 2), sia comunitaria (Direttiva Uccelli).

Laridi (Gabbiano reale, Gabbiano comune). Tutte le specie di gabbiani hanno a disposizione comunemente una vasta gamma di categorie alimentari e divengono ittiofagi occasionalmente, quando le altre risorse non siano disponibili oppure quando la risorsa ittica è particolarmente importante.
Dove la densità ittica è minore il grado di predazione si riduce notevolmente e vengono catturati soprattutto gli esemplari malati o morti. In questo caso pertanto l’azione nei riguardi dell’ambiente appare positiva.

Marco Riva


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