ITA - L'Angiale

Dicembre 2001
Nella vasta pianura che separa, o per meglio dire, unisce le province di Cuneo e Torino scorre un fitto reticolo di acque che scendono dalle alpi in varie forme; dal torrente di fondovalle come il Maira o il Varaita, ai grandi fiumi come il Po e la Stura alle risorgive come il Cantogno o l’Angiale .
Ognuno di questi sistemi fluviali ha caratteristiche specifiche e rappresenta un ambiente a se, molto diverso rispetto agli altri seppur a brevissima distanza.
Quello che più differisce in assoluto è l’Angiale. Questa risorgiva viene alimentata da diverse sorgenti di pianura che danno origine a molti rii che congiungendosi tra loro formano il corso principale. La zona interessante si trova tra i comuni di Vigone e Pancalieri. È uno degli ambienti più ostici che io conosca per parecchi motivi.
Il più evidente è rappresentato dalla vegetazione ripariale fittissima che in estate rende difficoltoso anche solo l’avvicinamento all’acqua, a seguire la sospettosità dei pesci presenti, soprattutto quelli di taglia, a cui basta un essere umano che ne percorre la sponda per metterli in allarme per un’intera serata. Le condizioni climatiche ed ambientali poi, non aiutano certo il pescatore che, per avere qualche chances, dovrà pescare dall’imbrunire al buio nei mesi di giugno e luglio e, come tutti saprete, pescare con oltre 30° con il 90% di umidità, immersi in un nugolo di zanzare, cercando di lanciare tra un ramo e l’altro, in un fiume con poche, pochissime e sospettosissime trote non è la massima ambizione.
In compenso l’Angiale viene considerato dai locali il Master della PAM in quanto prendere una trota qui è una cosa per pochi, prenderla grossa per gli eletti.

È uno dei pochi itinerari fortemente sconsigliati a chi arriva da “fuori” in quanto i cappotti sono tanti, anzi, la maggior parte delle uscite finisce in bianco per cui può essere un bel divertimento per chi vive nelle immediate vicinanze.


Il momento in cui muovono le trote va dalla prima metà di giugno a oltre metà luglio, periodo in cui schiudono le mosche di maggio. Gli orari sono decisamente limitati e se qualche emergente si vede dalle 20 in poi, la danza degli spinner inizia abbondantemente dopo le 21 e le trote più grosse, in genere, entrano in attività proprio agli ultimi barlumi di luce o, addirittura, a notte fatta. Le trote grosse hanno infine un’altra malsana abitudine ovvero quella di bollare una sera si e parecchie no.


In definitiva chi vuol tentare una trota dell’Angiale deve mettere in preventivo:
  • parecchie serate di attesa prima di avere 1 opportunità
  • parecchie ore di caldo e umidità opprimenti (giuro che ho visto la nebbia in luglio)
  • lunghe camminate tra la vegetazione prima di raggiungere il punto d’attesa
  • qualche miliardo di punture di zanzare
  • la non remota possibilità di non vedere una coda
Finito questo incoraggiante quadretto provo a descrivere attrezzatura, artificiali ed approccio, ammesso che qualcuno abbia resistito sino a questo punto.


L’attrezzatura ideale in questo ambiente ristretto è rappresentato da una canna da 7’6’’ a non più di 8’ e che lanci una coda #3 o 4. Il mulinello è del tutto secondario in quanto le caratteristiche ambientali non consentono nessun combattimento con il pesce che va portato al guadino da “cattivi”. Una coda DT3 o DT4 ed un finale a nodi di circa 3,80 m con il tip variabile dallo 0,16 per acqua bassissima e cristallina (tipica di fine stagione) oppure di uno 0,20 per condizioni normali. Sugli artificiali non c’è da impazzire e con qualche spent e qualche emergente di Mayfly si affrontano tutte le situazioni. Pressochè inutile tentare con le Dun che, seppur presenti, non vengono degnate di uno sguardo dalle malefiche trote.
Stivali cosciali sono più che sufficienti anche perché entrare in acqua vuol dire piantarsi inesorabilmente nel limo e, talvolta, lasciarci gli stivali. È indispensabile un guadino perché ci sono alcune trote di taglia molto interessante che tendono a sfruttare tutti gli ostacoli possibili per riguadagnare la libertà e l’unico sistema per averne ragione è, dopo la ferrata, di portarle al guadino senza lasciare nessuno spazio di manovra; ecco il perché di finali così dimensionati. A chiudere la lista delle cose utili un flacone di Autan Extreme contro le innumerevoli zanzare che, dopo il tramonto, al suono di “Ride of Walkiries” attaccano senza pietà ogni essere vivente nei paraggi. Consigliabile seppur non indispensabile è l’elmetto da minatore in quanto, pur essendo in pianura che più pianura non si può, c’è pericolo di caduta sassi (nota tecnica usata da uno degli aborigeni dell’Angiale per far “terra bruciata” dietro di se).

La tecnica di pesca è decisamente semplice: basta arrivare sull’Angiale all’incirca al tramonto, scegliere una postazione da cui si riesce a controllare un tratto di acqua interessante, appostarsi tra la vegetazione nell’immobilità e silenzio più assoluti ed aspettare gli ultimi minuti di luce. Se non abbiamo fatto troppo rumore, se nessuno ha passeggiato lungo la sponda, se c’è una buona caduta di spinner e se abbiamo un culo che fa provincia è possibile che una trota bolli nel nostro campo visivo. In questo improbabile caso occorre lanciare con l’accortezza di non volteggiare la coda sopra il pesce, di fargli arrivare la mosca prima del finale, di non agganciarci su qualche ramo “fuori posto”. Se tutto avviene in quest’ordine, nel 99% dei casi la trota sale e prende la mosca con decisione.
E qui iniziano le variabili: se la trota è piccola si recupera senza grossi problemi ma, tendenzialmente, la nostra serata è finita perché difficilmente troveremo altri posti non disturbati con un pesce in attività. Se la trota è grossa (oltre il kg) cercherà immediatamente di piantarsi tra i folti tappeti di ranuncolo di cui è tappezzato tutto il fondo e se questa manovra non riesce cercherà di saltare direttamente tra i rami a pelo d’acqua, se neanche questo le riesce allora arriva al guadino.


E a questo punto ci si chiede: ma chi accidenti me lo fa fare? Forse un pizzico di masochismo oppure il fatto che si trova a pochi minuti da casa oppure la voglia di misurarsi con difficoltà sempre maggiori ... .mah, io non ho ancora trovato una risposta ma molte calde serate estive le passo sulle sponde dell’Angiale.
Per raggiungere l’Angiale, partendo da Torino occorre arrivare sino a Casalgrasso e da qui prendere la direzione di Saluzzo/Pinerolo seguendo la strada sulla sinistra orografica del Po. Dopo l’abitato di Pancalieri si prosegue per un paio di km sino ad arrivare di fronte ad un locale (Piper) dove la risorgiva costeggia la strada. Dal ponte si può pescare a valle sino all’inizio della riserva comunale di Pancalieri, ben delimitata da paline ed a monte sino alla zona di protezione, anch’essa ben delimitata.
È inutile dire che è un ambiente particolare ed unico nel suo genere e che la popolazione di trote è decisamente autoctona per cui invito tutti al no kill (sempre che prendiate un pesce).


Fabrizio Moglia


© PIPAM.com

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