ITA - A pesca nel Centro Italia

 04/03/02

di Beppe Saglia

Ovvero come far coesistere pesca e vacanze estive.
(Castellano, Tronto, Rio Arno, Nera, Sangro)


Il torrente Castellano.

Nella prossima vita farò il conciliatore o il mediatore politico. Delle mie capacità mi sono convinto la scorsa estate quando con successo strepitoso sono riuscito a far coesistere, in occasione delle ferie estive, le seguenti attinentissime tre esigenze.
Esigenze mie: pescare quanto più possibile, mascherando il tutto come un sopportabile ripiego; d’altra parte non potevo fare la voce tanto grossa stante le numerose uscite già effettuate e quelle ancora in programma.
Esigenze di mia moglie: sole, mare, tranquillità, e una buona dose di cultura, ossia visita a chiese, musei, etc.
Esigenze di mia figlia: sole, mare, piscina e un casino di ragazzi.


Il piano di battaglia.

Scartate le isole, in quanto mi sono stufato di portare a spasso la canna da mosca senza tirarla fuori, scartato il sud in quanto a mia figlia non piacciono i ragazzi ricci e scuri, la scelta è caduta su Alba Adriatica al confine tra Marche ed Abruzzo in posizione baricentrica rispetto a quelli che erano i miei obiettivi malcelati, cioè il Nera ed il Sangro, ambedue raggiungibili in un’ora e mezza di auto. Albergo con bella piscina e giusta animazione, spiaggia di sabbia, bel mare, buon cibo, pietre antiche a gogò, e soprattutto tanta acqua nelle vicinanze.
Ed è stata questa la sorpresa più grossa. Il luogo comune che al nord scorrano le grandi masse d’acqua e al centro sud i rigagnoli è quanto di più sbagliato.
La minor quantità d’acqua è compensata da una miglior gestione della stessa. Beninteso, niente di cui entusiasmarsi, ma meno argini artificiali, meno inquinamento, meno prese selvagge per l’agricoltura, una gestione della pesca sovente più evoluta.


Paradiso terrestre? No, No Kill del Castellano.

Il torrente Castellano, di una comodità impressionante (mezz’ora dalla spiaggia), è stata una sorpresa piacevolissima. Confluisce nel Tronto sotto l’abitato di Ascoli Piceno. Su consiglio di Thomas, ho provato il No Kill cittadino, gestito dalla locale associazione.
Arrivo sul fiume scendendo la rapida discesa a sinistra prima del ponte, parcheggio a tre metri dall’acqua e mi godo uno scenario bellissimo, da cartolina. Vedo pure bollare, mi infilo i polarizzati e scorgo la trota a mezz’acqua, pinneggiante e attiva. La frenesia mi prende e si tramuta in sconcerto quando non trovo nessuno, nemmeno gli enti pubblici che mi sappiano dire cosa fare per poter pescare. Fortunatamente arriva un pescatore e mi spiega che basta la sola licenza. (scoprirò solo più tardi che presso il locale negozio di pesca fanno un tesserino gratuito). Facciamo quattro chiacchiere mentre mi infilo gli stivali e preparo la canna. Stefano, così si chiama, è un pam novello, ma un profondo conoscitore del Castellano e di tutte le acque della zona.


Altro scorcio del No Kill  del Castellano.

Risaliamo il torrente attraverso il comodo sentiero/percorso che si snoda tra le sue rive. L’ambiente è molto bello, con sponde naturali e vegetazione lussureggiante. Il fondo pare ottimo, con alternanza di sabbie ghiaiose e zone caratterizzate da rocce e sporgenze tufacee. Diverse cascate alte uno/due metri danno origine a buche profonde. La massa d’acqua è notevole. Le trote ci sono, diffidenti e selettive il giusto. Ne allamo alcune di taglia attorno ai 25 cm. Purtroppo (se non ci fossero i purtroppo questo sarebbe un Eden!) il posto è molto ambito anche dai merenderos della domenica (e del lunedì, martedì...) che si riversano sulle sponde per prendere il sole (e fino lì poco male) e per fare in bagno (aih aih aih!) nelle chiari fresche e dolci acque, tra l’altro con una passione smodata per i tuffi dalle rocce più alte. Il secondo e peggiore purtroppo riguarda la regimazione artificiale delle acque con spaventosa variazione di livello, che trasforma giornalmente il fiume in modo molto vistoso, ponendo in secca buona parte dei bassi fondali e rendendo problematica se non impossibile la riproduzione naturale delle trote. L’efficientissimo Club locale di PAM si sta battendo per porre un limite a tale regimazione idrica.


Il Tronto alto.
Stefano in pesca nel Castellano alto.

Nei giorni successivi Stefano mi ha accompagnato nel tratto a monte del No Kill, pure questo molto bello, con poche catture ma alcune di taglia decisamente bella. Dopodiché abbiamo rivolto la nostra attenzione al Tronto, nella sua parte alta, sopra Acquasanta, nei pressi del tunnel delle Forca Canapine. L’ambiente è completamente diverso, caratterizzato da una valle molto incassata con grossi massi a scandire il susseguirsi di buche e correntine. L’accesso è difficoltoso e l’avanzamento nel torrente anche. Sconsigliatissimo avventurarsi da soli. L’acqua è ancora pulita ma c’è sicuramente maggior inquinamento anche se siamo molto a monte. Le trote ci sono, selvatiche e sospettosissime. Quel giorno stazionavano in prevalenza nelle profimg class="myFoto" onde buche in ombra. Scendo di finale all’ennesimo rifiuto e riesco a collezionare due rotture di seguito. Peccato, erano trote di ottima taglia. Stefano è prodigo di consigli. Ogni pietra, ogni angolo è motivo per ricordare un momento particolare o una cattura; dai suoi racconti traspare un amore profondo per il fiume e per la pesca.


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Il Vomano.


Il Rio Arno.

Un piacevole alternativa me l’ha offerta Claudio T. quando mi ha accompagnato sul rio Arno, affluente del Vomano nei pressi di Fano Adriano. In realtà la metà era il Vomano, ma il temporale del giorno prima ne aveva velato eccessivamente le acque. Il ripiego si è però dimostrato all’altezza. Una camminata di mezz’ora tra i boschi che degradano dal Corno Grande del Gran Sasso D’Italia, in un ambiente selvaggio e intonso, ci ha condotti sul greto di questo torrentino, dalle acque cristalline, e dalle sponde rigogliose di vegetazione e di rovi. Avanzare non è facile, pescare ancora meno. Non fatevi fuorviare dalla foto soprastante. È l’unica buca aperta incontrata in tre ore di pesca. Le trote sono presenti in buon numero ed hanno bella livrea. La taglia è commisurata al posto ovviamente. Ma lì, non si va a cercare la trota da chilo. Lì si va a misurarsi con un ambiente ostico, che esalta il lancio. Lì Claudio ha sfoggiato il meglio del suo ricco repertorio fatto di ribaltati, tagliati, sovrapposti, doppie spinte, etc., riuscendo a stupire anche chi lo conosce bene, per la facilità con cui realizza pose impossibili. Se vi capita di andare a pesca con lui in un posto così portatevi una gran dotazione di mosche. Metà le perderete sul rovi, l’altra metà ve la ciulerà Claudio.


Una trotella del Rio Arno.
E una del Castellano.


Una splendida fario del Nera.

Inutile nascondersi che se il Castellano è stata una comoda sorpresa ed il Rio Arno una piacevole alternativa, l’obiettivo primario delle mie vacanze era il Nera, fiume splendido, che mi ha preso in modo totale, al pari di poche superblasonate acque estere. Del Nera come fiume tanto è già stato scritto anche su questo sito, e personalmente mi riprometto di ritornaci su in modo approfondito con un articolo monotematico. In questo contesto di resoconto vacanziero mi limito a qualche foto ricordo delle giornate passate in pesca con amici vecchi e nuovi e a qualche considerazione generale. Ad agosto non ho trovato l’affollamento che mi aspettavo. Il tratto tra i due ponti era ovviamente sempre ben frequentato, ma la restante porte del No Kill era pescabilissima, in tutta tranquillità. Il giorno che ho combinato l’uscita con Aldo B., a causa di lavori nella diga a monte che intorpidivano le acque, il No kill non era pescabile. Aldo mi ha accompagnato nel tratto libero alcuni Km a monte. L’ambiente se possibile si presentava ancora più bello.


Il Nera a Monte del No Kill.

Erbai diffusi, acque cristalline, fondale eccezionale, insetti e trote molto più sospettose di quelle del No Kill. Il numero di catture è certamente minore a la taglia media anche, ma le sorprese sono dietro l’angolo. Io non riesco a trovare nella mia vasta provincia (CN) un posto libero in cui ad Agosto sia possibile pescare in tranquillità su pesce selvatico in attività. Sarà per questo che mi sono innamorato del Nera o sarà per via delle sue trote, che sono geneticamente bastarde. Amano piazzarsi a mezzo cm dalla vegetazione riparia, lì dove la corrente è più lenta, lì dove una mosca non vuole saperne di stare senza subito dragare. Se poi c’e un buco nella folta vegetazione, magari con rami e rovi a ostruirne l’ingresso, ebbene li c’è quella bella.


Una trota autoctona del Neral.
Una trota un po’ meno autoctona.

Aldo B. in azione.
Thomas in azione.
Ricordo un episodio accadutomi la prima volta che mi ero recato sul Nera. Stavo pescando tranquillamente quando mi sento chiamare dalla sponda. Era Piero, il mitico Cormorano, che del fiume conosce ogni angolo e chiama per nome le trote più belle. Incredibilmente quel giorno stava a spasso con la moglie. Mi fa “vedi quel buco sotto quel cespuglio? Li ce ne sta una bella”. Dopo il primo classico lancio rovo (già mi riesce bene da solo, ma se qualcuno mi guarda mentre pesco il risultato è garantito), riesco ad infilare la mosca sotto il cespuglio. “Più sotto” mi fa Piero. Provo a fare un sovrapposto, che miracolosamente entra, e la mosca si infila sotto il cespuglio di un buon mezzo metro. Come tocca l’acqua la trota la prende, decisa e veloce. Ferro, recupero e rilascio una bella fario di mezzo chilo, il tutto lanciando occhiate compiacenti al buon Piero, che per tutta risposta mi fa: “quella bella sta un metro più dentro”. Sconsolato dal diverso significato della parola dentro, mi avvicino al cespuglio e constato che quello che mi sembrava il fondo del buco, in realtà erano rovi che nascondevano un successiva rientranza, profonda sotto la vegetazione. Spazio esistente per entrarci, un buchetto tra i rovi e l’acqua non più alto di dieci cm. Guardo Piero ancora una volta con occhio incredulo dicendogli che non si può fare entrare una mosca lì dentro. “Se po fa, se po fa” dice salutandomi ed allontanandosi. Risalgo e butto un ultimo sguardo a quell’ intrico di spine giusto in tempo per vedere la sagoma di “quella” trota, enorme veramente, andarsene via.


Thomas con una sua cattura in una splendida spianata.

Un’altra piacevole giornata l’ho passata pescando con Thomas. Ci conoscevamo solo via Forum di Pipam. Ma in certe occasioni, come in quella appunto, ci si rende conto, di come internet, sia un potente mezzo per favorire incontri ed amicizie. A me Thomas stava già simpatico per il semplice fatto che non era il valvassino di uno starnutasentenze a quei tempi imperante sul forum. Poi si è rivelato essere un pescatore appassionato, accorto e rispettoso. Ci siamo fatti una parte del tratto basso del No Kill al mattino facendo discrete catture, poi mi ha portato nella sua buca nel tratto a monte, dove le nonne sono di casa. Peccato che non ho potuto fermarmi sino a sera inoltrata. Non dimenticate che avevo la famiglia a 150 Km di distanza. E almeno la cena...


Lorenzo lo Yeti in religiosa meditazione davanti ad un tappeto di trote.


Raf in azione.
Ogni tanto una trota la prendo anch’io!

Il Nera offre svariati scenari di pesca. Da quella in caccia, che qui trova la sua consacrazione totale, a quella su bollata. A parte il fognino, dove bollano praticamente sempre, nei rigiri di corrente, nelle morte piccole o grandi lungo le sponde, se si guarda con attenzione non è inusuale scorgere bollatine o ninfate, che spesso celano pesci di ottima taglia. Le mosche che occorre avere per la caccia sono grossi palmers e parachutes, terrestrials, in particolare api e formiconi, Deveax e sedges, insomma roba che tenga l’acqua senza frenare troppo la penetrazione nel lancio. Per le spianate le solite emergentine, le spent, e poi tutta la gamma delle ninfette e dei ninfoni. Se vedete uno strano figuro che si aggira per le sponde disinteressandosi del fiume ma radiografando gli alberi, non preoccupatevi. È lo Yeti in cerca di mosche. Gli succede quando non riesce più ad aspirarne dalle scatole degli amici.
Non sto a dare info specifiche sul reperimento dei permessi e sui costi, in quando reperibili in altri servizi. Spezzo una lancia a favore dell’impegno di Legambiente che ha permesso la realizzazione e la gestione di questo splendido tratto e quest’anno ne ha ottenuto un ulteriore allungamento.


Il campo scuola SIM a Castel di Sangro.

Poteva mancare un’uscita sul Sangro? No di certo. Frequentando la Scuola Italiana Pesca a Mosca che a Castel di Sangro ha ritrovo ufficiale per lo svolgimento dei corsi, sono solito vedere il No Kill cittadino (dove c’è il campo scuola sul fiume) affollato di pescatori. Ritrovarlo deserto o quasi, restituisce un’altra dimensione alla pesca. Il No Kill è foriero di catture, anche se quest’anno la presenza di trote è nettamente calata rispetto allo scorso anno. Ma anche i tratti liberi sono ben popolati come pure l’ex campo gara, quello dalle sponde orrendamente cementate, che il fiume piano piano sta riconquistando. L’acqua è ricca di fauna bentonica, anche se la qualità della stessa non è paragonabile a quella del Nera. La Zittola porta giù un po’ di tutto, anche se le trote non sembrano aversene a male, anzi a volte gradiscono. Così come gradiscono i lanci di pane che Paolino, il simpatico pittore guardapesca locale, dispensa ogni giorni dal ponte, insieme ai consigli per ogni pam, novello o esperto che sia. Per chi ci passa occasionalmente c’è la possibilità di fare la pesca ad ore.


Il Dodi in ferrata sul Sangro.

Sapete la differenza che c’è tra un elefante, una pulce e la famiglia? La pulce può stare sull’elefante; l’elefante non può stare sulla pulce.
E la famiglia?
Tutti bene, grazie!
Per non scordare la famiglia una mezza giornata l’ho dedicata alla visita delle cascate delle Marmore.
Sempre di acqua si tratta in fondo!


Beppe S. con consorte alle Marmore.


Un saluto a tutti.

Beppe Saglia "Beppe S."


© PIPAM.com
 

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