HRV - Gacka
12 anni dopo
10/06/02 di Maurizio Zaroli
Siamo di partenza da Perugia io ed Alessandro, sono le una di notte. Nella mia mente cerco di far riaffiorare tutti i ricordi di quel lontano luglio del 1990 in cui pescai una settimana intera in quello che era considerato uno dei migliori fiumi d’Europa. Una settimana passata alloggiando in una specie di tempio della pesca quale era l’Hotel Gacka, al secondo piano con vista direttamente sul fiume. Mi tornano alla mente le notti insonni in attesa che facesse giorno, l’affacciarmi alla finestra appena all’alba per cercare di scorgere qualche bollata, la frenetica attività nella hall all’ora di colazione, il grande Milan Stefanac che arrivava col suo motorino per fare due chiacchiere e per vendere il frutto del suo lavoro al morsetto, il frutto di una vita di esperienze dirette sul "suo" fiume. Una settimana passata cercando di tramutare la mia inesperienza in qualche escamotage per vedere quel maledetto, anzi benedetto (anzi l’uno e l’altro), cerchio intorno alla mia mosca, ma soprattutto per entrare in simbiosi con un fiume strano, ora silenzioso e quasi sterile, ora frenetico e pieno di vita. Una settimana durante la quale nella mia vita qualcosa cambiò, durante la quale provai sensazioni ed emozioni che non potrò mai più dimenticare. La mia prima trota del Gacka, catturata a pochi metri dall’Hotel che, dopo avermi sfilato vari metri di coda, si infilò a razzo sotto le alghe; la delusione per averla persa ma l’orgoglio di essere diventato forse inconsapevolmente, ma per sempre, un pescatore a mosca. Poi la guerra, l’oblio, l’apoteosi della stupidità umana, l’isolamento. Tanti anni passati leggendo avidamente qualsiasi notizia su Otocac, su Licko leche, pregando per quella povera gente e immaginando la fine immeritata di un paradiso; anni passati a farmi "pippe" mentali sulle mine e sugli altri pericoli che può celare un luogo così disumanamente violato, con la recondita paura che il tornarvi avrebbe rovinato le meravigliose sensazioni di quella prima volta. Poi la tanta voglia di tornare, di prendere atto che tutte le ferite prima o poi si rimarginano, di rivedere il grande fiume, di rivivere la semplicità meravigliosa della sua gente.
L’itinerario è sempre quello: Perugia, Bologna, Padova, Venezia, Trieste, Rijeka, giù per la stupenda costa Dalmata sino a Senj e poi, quell’oretta di macchina in salita per raggiungere la stupenda vallata nella quale scorre il fiume.
Le sensazioni sono le stesse fino a che cominciamo ad intravedere i segni di un dramma ancora troppo recente: le case sono crivellate di colpi di artiglieria pesante ad ogni versante, alcune persone si prodigano per cancellarli come meglio possono, altre già lo hanno fatto. Ad Otocac ci attende Cicio (Milan Stefanac) , vicino alla sua auto rossa. I segni della vecchiaia e della sofferenza sono ben visibili sul suo volto, ma i suoi occhi sono sempre gli stessi, quelli che ricordavo, quelli che ti fanno subito capire che un grande rimarrà sempre un grande. Dopo i saluti, da buon pescatore, intuisce che la nostra voglia di pescare è alle stelle e subito ci accompagna nel nostro alloggio, una deliziosa casetta in legno che il nipote ha recentemente costruito. Pochi minuti per sistemare le valigie e Stefanac, con la gentilezza che lo contraddistingue, ci dà le indicazioni necessarie per recarci a pesca ed i relativi permessi. Prima tappa l’ormai "ex Hotel Gacka". Indico ad Alessandro la stanza nella quale dormii, ormai ridotta ad un cumulo di macerie come d'altronde tutto l’hotel. Siamo nella zona indicata come "no-kill" ed iniziamo a pescare. Si intravedono numerose trote, tutte di ottima taglia; ci sono insetti, per lo più sialis, sporadiche sedges ed effimere di varie taglie e colori. Sì!! La giornata promette bene. Iniziano le catture; iridee mediamente intorno ai quaranta centimetri, di livrea bellissima e molto ben pinnate (se questo è il pesce con il quale hanno ripopolato, ben venga... .). Catturiamo con imitazioni di plecottero marrone scuro, con sedges rossicce tipo tapir, all’occorrenza con "Arpo" in CDC naturale. Dico all’occorrenza, perché le trote si sono quasi sempre dimostrate ben disposte a bollare su mosche di una certa consistenza. Svolazzano anche alcune mosche di maggio, peraltro totalmente ignorate.
Decidiamo quindi di spostarci verso il IV ponte, ove dovrebbero esserci trote di taglia maggiore, anche se nello stesso tratto "no-kill", abbiamo avvistato due o tre esemplari sopra i 50 cm.
Al quarto ponte troviamo un’attività ridotta rispetto al "no-kill", ma intravediamo alcune bollate in sponda opposta che ci fanno ben sperare. Alessandro con una sedge in punta d’hackles, rompe gli indugi ed aggancia una bella iridea stimata sui due chili che, dopo tre o quattro salti degni delle sue parenti d’oltreoceano, si libera rompendo il terminale. In poco più di due ore agganciamo vari pesci, tutte iridee di taglia intorno ai quaranta centimetri, con due o tre esemplari più consistenti. È l’ora del coupe de soir e ci dirigiamo verso il III ponte. Le catture si susseguono a buon ritmo in quanto le trote sono ben disposte ad accettare le nostre imitazioni di sedges dal grigio al rossiccio.
Soddisfatti e stanchissimi oltre che per la pesca, per le nove ore di viaggio, decidiamo di andare a cena in paese e poi a nanna. Il giorno seguente, dopo aver incontrato Stefanac per i permessi ed esserci consultati sulle postazioni da visionare, decidiamo per prima cosa di pescare nella zona delle sorgenti. Il luogo è come sempre meraviglioso e le trote ben disposte ad assaggiare le nostre mosche, anche se la taglia media è minore che negli altri tratti. Mentre peschiamo, un uomo si avvicina e ci fa capire che sarebbe contento di ospitarci a casa sua a pochi metri dal fiume. Io ed Alessandro ci consultiamo con lo sguardo e come sempre ci troviamo daccordo... .vale la pena di perdere un quarto d’ora di pesca per fare una nuova esperienza. Scopriamo poi che nella modesta abitazione vive la madre, che ci invita a salire e ci stupisce per la gentilezza con cui dispensa caffè e slivoviça. Ne nasce un colloquio semplice e cordiale, durante il quale ci scambiamo informazioni su noi stessi e sulla nostra condizione e durante il quale riusciamo a fare quattro risate e a scattare alcune foto divertenti. Nulla è cambiato per quanto riguarda il lato umano. Il venire in certi posti è fondamentale per ricordarci che la "semplicità", il più delle volte, cela valori che il progresso ha reso atrofici; valori quali l’amicizia, l’ospitalità, la spontaneità, la voglia di confrontarsi con gli altri con schiettezza e senza diffidenza alcuna. Durante il resto della giornata, ci spostiamo su due o tre posti in attesa di fare il "coup de soir" in un luogo indicatoci da Stefanac come il migliore per tentare la cattura delle ormai rare "megafario", un tempo simbolo delle incredibili potenzialità di questa resorgiva.
Camminiamo a monte del II ponte fino a raggiungere con esattezza la postazione di pesca. Nell’aria svolazzano parecchie sedges, ma le bollate sono rare. "Anche se non bolla, siate fiduciosi e pescate con la sedge vicino alla riva opposta... "". Queste le parole di Cicio che ho registrato nella mia mente. E, come volevasi dimostrare, dopo varie passate a vuoto, un gorgo inghiotte la mia mosca; è una stupenda fario sui 45 cm. che, dopo una breve ma intensa lotta, posa accanto alla mia canna per la foto di rito. Con il passare dei minuti l’attività degli insetti si fa più frenetica, ma le bollate restano sporadiche. Scorgo nei pressi di un grosso sasso sulla riva opposta la classica bollata che inequivocabilmente fa pensare ad un pesce di taglia. Non faccio in tempo a posare la mia tapir in pelo di cervo, che sotto di essa una impressionante sagoma scura sale fino a pochi millimetri e poi ritorna nel profondo. Non sto a dirvi come in quella frazione di secondo sembra che il mondo vada in "stand-by" assieme al proprio cuore. Lancio e rilancio ma senza risultato alcuno se non quello di catturare altre tre, quattro trote di taglia rispettabile. Cicio!!! Avrei voluto catturare quella "navetta" solamente per poterti dire grazie! Che dire di più...!? Le due giornate successive sono state piene di emozioni, prodighe di catture e di esperienze vissute insieme ad un amico che, come me, le ha sapute assaporare ed apprezzare. Come sempre, quando faccio ritorno da un viaggio di pesca, cerco di fare il punto della situazione; cerco di valutarne i lati positivi e perché no, anche quelli negativi... . Cerco comunque di memorizzare un’immagine, un ricordo ben preciso e di farne tesoro. Io la chiamo la "mia cartolina". Questa è l’immagine, il ricordo che voglio dare anche a voi. Spero che vi ci riconosciate e ne facciate tesoro insieme a me:... ..." un attimo e succede quello per cui sono tornato in Gacka. Mi fermo ad ascoltare; posso sentire intorno a me il ronzio degli insetti, gli uccelli che cinguettano, un cane che abbaia lontano. Questa valle è stupenda, l’odore dell’erba e dei fiori è penetrante, la tranquillità mi pervade; il fiume scorre lento e maestoso; la vita della gente intorno a me è sempre discreta, mai invadente; tutto è meno frenetico. Un trattore passa a pochi metri di distanza ma non mi disturba; ci si saluta cordialmente... qui tutti salutano e sorridono; tutti capiscono che tu sei un segno, un segno inequivocabile che l’incubo è finito, che si può finalmente tornare a vivere.
FLYLIFE (Maurizio Zaroli Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.)
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