CHE - Vallemaggia

Un itinerario di pesca a due passi da casa nostra
di Lorenzo NOGARA by lo Yeti - Foto di Francesco DALLA NAVE
Erano due anni che l’amico Francesco da Induno Olona, continuava a telefonarmi e ad insistere affinché mi recassi a pescare in Svizzera nel Cantone Ticino più precisamente nella Vallemaggia. Quest’anno anziché passare, come mio solito, un fine settimana sull’Orbe, bellissimo fiume svizzero del cantone di VD, decisi di accettare l’invito.
Naturalmente aderirono alla gita anche Marco da Bastia Umbra e Fedele da Verbania detto anche “la boa del Verbano” per la sua esile e longilinea figura.
Il ritrovo fu fissato a casa di Francesco. Naturalmente, prima di entrare in terra elvetica, ci recammo presso il vicino supermercato ad acquistare qualche cosa da mangiare e, tra un prendi questo e prendi quello, alla fine della fiera alla cassa risultò un conto di circa 250,00 €uro, poco per soli due giorni di permanenza sul posto, considerando che ognuno di noi aveva portato del cibo.
Passata la frontiera a Ponte Tresa senza alcun problema doganale, visto che io nel cofano della mia carr avevo una trentina di bottiglie di buon vino Carema by Papi da 13,8°, ci dirigemmo verso Locarno, non prima d’aver costeggiato il bel lago di Lugano dove sulle sue sponde si trova uno dei più interessanti, invidiati e chiacchierati comuni d’Italia: Campione d’Italia, piccolo fazzoletto di terra Italiana in territorio Svizzero.
Giunti a Locarno seguiamo le indicazioni per la Vallemaggia. La strada tortuosa segue in toto l’omonimo torrente che subito, vista la massa multicolore di bagnati presenti in alveo, mi parve d’essere a Riccione e non certo sui monti del Canton Ticino.

Man mano che si sale la valle si restringe così come l’alveo del torrente, le larghe buche prese d’assalto dai bagnanti lasciano spazio a una miriade di buche più piccole che si alternano a cascatelle, contornate da una vegetazione ricca e rigogliosa.
D’un tratto Francesco trova uno spiazzo dove piazzare l’accampamento così tra la curiosità di pescare e, non lo nego, un po’ di fame si montano le 4 tende.
Sì 4 tende per 4 persone in poche parole avevamo una tenda da tre posti a testa, d'altronde non volevamo privarci della comodità.
Prima di cena la voglia di pescare è tanta, così in gran fretta si monta una canna e giù tutti a sondare un tratto di torrente che ci regala in meno di un ora una dozzina di belle trote fario.
Verso le dieci di sera la luce e la fame hanno il sopravvento su di noi così dalla fase piscatoria si passa in un battibaleno alla fase culinaria e qui debbo dire che ci scopriamo tutti istruttori di alto livello a tavola o meglio gran gurmet dell’abbuffata.
La notte scende tra una costina e una battuta così, senza renderci conto, si fanno le due del mattino, Francesco e Marco s’infilano nella tenda, mentre io e Fedele restiamo ancora qualche attimo sul prato reso umido dalla bruma notturna ad osservare un magnifico cielo tappezzato di stelle. Nella circostanza Fedele, da buon marinaio qual è stato, ha colto l’occasione per farmi una lezione di astronomia vista la notevole capacità dimostrata nel riconoscere le varie costellazioni.
La mattina verso le 8:00, dopo aver fatto un’abbondante colazione io e Francesco decidiamo di scendere il torrente di qualche km per poterlo pescare a risalire mentre Marco e Fedele decidono di iniziare a pescare partendo dal campo base.
Il torrente si presenta abbastanza infrascato tant’è che deve essere affrontato con una certa attenzione poiché gli spazi a tergo non consentono una grande manovra e distensione della coda e spesso il modo migliore da utilizzare è quello di far cadere leggermente la coda dietro, anticipando lo schooting, in modo che la canna si carichi in anticipo nella spinta in avanti. Naturalmente le pose devono essere tutte curve o sovrapposte in modo che il finale curvo o leggermente accartocciato permette alla mosca di avere un comportamento più naturale possibile e non draghi immediatamente mettendo in allarme il pesce.
Nel pomeriggio Francesco ci propone di sondare la parte alta del torrente che secondo lui è la più bella e accattivante. Presa la macchina in meno di mezzora raggiungiamo quota 2.500 mt s.l.m. dopo aver superato una diga che forma un bel lago turchese.
Mentre si percorre la stretta strada, non si può far a meno di volgere lo sguardo verso le alte vette innevate e i verdi pascoli di montagna dove alcune mandrie di assonnate vacche e pecore pascolano tranquille.
Quassù il torrente oltre a ridursi notevolmente acquista una conformazione montana, veramente selvaggia dove in effetti la trota la fa da padrona. Siamo di fronte ad un vero torrente uno di quelli con la T maiuscola dove il pescatore deve usare tutta la sua astuzia e tecnica per insidiare la regina di queste acque cristalline: la trota fario di montagna, astuta, affamata e sempre in guardia, pronta a fuggire al primo rumore o movimento sospetto, tutt’altro che le trote pollo pescate nei no-kill e spesso spacciate per autoctone!
Le catture non mancano e proprio Francesco riesce ad ingannare una stupenda trota fario da circa 40 cm che appena slamata gli sfugge di mano impedendoci così di immortalare l’evento. Meglio così, effettivamente quella bellezza della natura meritava di ritornare al più presto nel suo habitat naturale.
A tarda sera si rientra alla tendopoli per la cena che, come sempre, è ottima e abbondante, soprattutto abbondante. Io quella sera mi esibisco con una tal peperonata che Fedele, nonostante continui ad illudersi di essere in dieta, non riesce a trattenersi dallo scarpettare con il pane il piatto, mentre Marco mette su una pasta alla norcina niente male, peccato che mancava il tartufo ma vi assicuro che era stutupenda.
La mattina smontato il campo scendiamo più a valle andando a sondare anche la parte più bassa del torrente che torna ad essere un bel torrente di media montagna con grandi buche che emergono da grosse pietre.
Questo tratto molto più agibile di quello sopra s’addice a qualsiasi tipo di tecnica vista la larghezza dell’alveo.
Naturalmente per par condicio io provo pescare sia a secca sia a ninfa e le catture si equivalgono, di certo non potrei asserire che con una o con l’altra tecnica abbia catturato di più o di meno; penso, a parer mio che sia una questione di gusti anche perché le difficoltà più o meno sono identiche.
Vista la quantità di trote allamate ad un certo punto chiedo a Francesco se ci troviamo in una zona a regime particolare oppure siamo sul libero. Lui dopo una risata mi dice che è tutto libero. Certo non ci si deve aspettare taglie record ma la quantità di pesce presente è veramente stupefacente, un vero paradiso (Taglia media 20/35 cm. n.d.r.).
Intorno alle 16:00 ci troviamo presso un caratteristico “Grotto” a sorseggiare una birra. La particolarità di questi locali caratteristici è che danno anche da mangiare piatti tipici quali polenta cervo e salciccie oltre a degli ottimi formaggi.
Qualche ora più tardi il caldo afoso di Varese ci riportava alla nuda e cruda realtà facendoci rimpiangere la frescura della Valmaggia, le sue trote, i nostri menù e i cieli stellati.
Oggi nella mente mi rimane il ricordo ma anche la voglia di ritornarci l’anno prossimo sognando ancora due giorni di natura, di pesca e di momenti unici passati con veri amici.
Io ho utilizzato per pescare a secca una canna Shimano Biocraft 7,6 con coda 3#, mentre per la pesca a ninfa ho usato una Shimano Biocraft 9 sempre con coda 3#.
Il permesso per due giorni di pesca ha un costo di €uro 38,00 e consente di pescare in tutte le acque del Cantone.
Naturalmente aderirono alla gita anche Marco da Bastia Umbra e Fedele da Verbania detto anche “la boa del Verbano” per la sua esile e longilinea figura.
Il ritrovo fu fissato a casa di Francesco. Naturalmente, prima di entrare in terra elvetica, ci recammo presso il vicino supermercato ad acquistare qualche cosa da mangiare e, tra un prendi questo e prendi quello, alla fine della fiera alla cassa risultò un conto di circa 250,00 €uro, poco per soli due giorni di permanenza sul posto, considerando che ognuno di noi aveva portato del cibo.
Passata la frontiera a Ponte Tresa senza alcun problema doganale, visto che io nel cofano della mia carr avevo una trentina di bottiglie di buon vino Carema by Papi da 13,8°, ci dirigemmo verso Locarno, non prima d’aver costeggiato il bel lago di Lugano dove sulle sue sponde si trova uno dei più interessanti, invidiati e chiacchierati comuni d’Italia: Campione d’Italia, piccolo fazzoletto di terra Italiana in territorio Svizzero.
Giunti a Locarno seguiamo le indicazioni per la Vallemaggia. La strada tortuosa segue in toto l’omonimo torrente che subito, vista la massa multicolore di bagnati presenti in alveo, mi parve d’essere a Riccione e non certo sui monti del Canton Ticino.
Man mano che si sale la valle si restringe così come l’alveo del torrente, le larghe buche prese d’assalto dai bagnanti lasciano spazio a una miriade di buche più piccole che si alternano a cascatelle, contornate da una vegetazione ricca e rigogliosa.
D’un tratto Francesco trova uno spiazzo dove piazzare l’accampamento così tra la curiosità di pescare e, non lo nego, un po’ di fame si montano le 4 tende.
Sì 4 tende per 4 persone in poche parole avevamo una tenda da tre posti a testa, d'altronde non volevamo privarci della comodità.
Prima di cena la voglia di pescare è tanta, così in gran fretta si monta una canna e giù tutti a sondare un tratto di torrente che ci regala in meno di un ora una dozzina di belle trote fario.
Verso le dieci di sera la luce e la fame hanno il sopravvento su di noi così dalla fase piscatoria si passa in un battibaleno alla fase culinaria e qui debbo dire che ci scopriamo tutti istruttori di alto livello a tavola o meglio gran gurmet dell’abbuffata.
La notte scende tra una costina e una battuta così, senza renderci conto, si fanno le due del mattino, Francesco e Marco s’infilano nella tenda, mentre io e Fedele restiamo ancora qualche attimo sul prato reso umido dalla bruma notturna ad osservare un magnifico cielo tappezzato di stelle. Nella circostanza Fedele, da buon marinaio qual è stato, ha colto l’occasione per farmi una lezione di astronomia vista la notevole capacità dimostrata nel riconoscere le varie costellazioni.
La mattina verso le 8:00, dopo aver fatto un’abbondante colazione io e Francesco decidiamo di scendere il torrente di qualche km per poterlo pescare a risalire mentre Marco e Fedele decidono di iniziare a pescare partendo dal campo base.
Il torrente si presenta abbastanza infrascato tant’è che deve essere affrontato con una certa attenzione poiché gli spazi a tergo non consentono una grande manovra e distensione della coda e spesso il modo migliore da utilizzare è quello di far cadere leggermente la coda dietro, anticipando lo schooting, in modo che la canna si carichi in anticipo nella spinta in avanti. Naturalmente le pose devono essere tutte curve o sovrapposte in modo che il finale curvo o leggermente accartocciato permette alla mosca di avere un comportamento più naturale possibile e non draghi immediatamente mettendo in allarme il pesce.
Nel pomeriggio Francesco ci propone di sondare la parte alta del torrente che secondo lui è la più bella e accattivante. Presa la macchina in meno di mezzora raggiungiamo quota 2.500 mt s.l.m. dopo aver superato una diga che forma un bel lago turchese.
Mentre si percorre la stretta strada, non si può far a meno di volgere lo sguardo verso le alte vette innevate e i verdi pascoli di montagna dove alcune mandrie di assonnate vacche e pecore pascolano tranquille.
Quassù il torrente oltre a ridursi notevolmente acquista una conformazione montana, veramente selvaggia dove in effetti la trota la fa da padrona. Siamo di fronte ad un vero torrente uno di quelli con la T maiuscola dove il pescatore deve usare tutta la sua astuzia e tecnica per insidiare la regina di queste acque cristalline: la trota fario di montagna, astuta, affamata e sempre in guardia, pronta a fuggire al primo rumore o movimento sospetto, tutt’altro che le trote pollo pescate nei no-kill e spesso spacciate per autoctone!
Le catture non mancano e proprio Francesco riesce ad ingannare una stupenda trota fario da circa 40 cm che appena slamata gli sfugge di mano impedendoci così di immortalare l’evento. Meglio così, effettivamente quella bellezza della natura meritava di ritornare al più presto nel suo habitat naturale.
A tarda sera si rientra alla tendopoli per la cena che, come sempre, è ottima e abbondante, soprattutto abbondante. Io quella sera mi esibisco con una tal peperonata che Fedele, nonostante continui ad illudersi di essere in dieta, non riesce a trattenersi dallo scarpettare con il pane il piatto, mentre Marco mette su una pasta alla norcina niente male, peccato che mancava il tartufo ma vi assicuro che era stutupenda.
La mattina smontato il campo scendiamo più a valle andando a sondare anche la parte più bassa del torrente che torna ad essere un bel torrente di media montagna con grandi buche che emergono da grosse pietre.
Questo tratto molto più agibile di quello sopra s’addice a qualsiasi tipo di tecnica vista la larghezza dell’alveo.
Naturalmente per par condicio io provo pescare sia a secca sia a ninfa e le catture si equivalgono, di certo non potrei asserire che con una o con l’altra tecnica abbia catturato di più o di meno; penso, a parer mio che sia una questione di gusti anche perché le difficoltà più o meno sono identiche.
Vista la quantità di trote allamate ad un certo punto chiedo a Francesco se ci troviamo in una zona a regime particolare oppure siamo sul libero. Lui dopo una risata mi dice che è tutto libero. Certo non ci si deve aspettare taglie record ma la quantità di pesce presente è veramente stupefacente, un vero paradiso (Taglia media 20/35 cm. n.d.r.).
Intorno alle 16:00 ci troviamo presso un caratteristico “Grotto” a sorseggiare una birra. La particolarità di questi locali caratteristici è che danno anche da mangiare piatti tipici quali polenta cervo e salciccie oltre a degli ottimi formaggi.
Qualche ora più tardi il caldo afoso di Varese ci riportava alla nuda e cruda realtà facendoci rimpiangere la frescura della Valmaggia, le sue trote, i nostri menù e i cieli stellati.
Oggi nella mente mi rimane il ricordo ma anche la voglia di ritornarci l’anno prossimo sognando ancora due giorni di natura, di pesca e di momenti unici passati con veri amici.
Io ho utilizzato per pescare a secca una canna Shimano Biocraft 7,6 con coda 3#, mentre per la pesca a ninfa ho usato una Shimano Biocraft 9 sempre con coda 3#.
Il permesso per due giorni di pesca ha un costo di €uro 38,00 e consente di pescare in tutte le acque del Cantone.
Lorenzo Nogara
© PIPAM.com