ARG - Parco nazionale Los Alerces

Argentina  01/05/1994




PATAGONIA
Parco nazionale "Los Alerces"


Avventura di pesca in Argentina, nei fiumi e nei laghi delle Ande all'interno del Parco Nazionale Los Alerces. Ambienti incontaminati, acque di ogni morfologia, ma sempre limpide al punto che gli ambienti vengono paragonati agli atolli corallini, e soprattutto grosse trote che ninfano e, in presenza di insetti, non mostrano timidezza a venire a bollare.

R.Alsino


Foto 1 - Trota iridea dell'Arroyo.

La precedente settimana, sul Rio Gallegos nell' estremo Sud della terraferma Patagonica, l' avevamo dedicata soprattutto alle grosse trote fario di risalita dal mare, certamente molto stimolanti per la difficolta' di cattura e per la taglia considerevole. Una pesca abbastanza "cerebrale" e di nervi, un po' come quella del Salmone atlantico in Europa.
Per questa seconda parte del viaggio, ci siamo invece fatti organizzare, dalla guida Guillermo Saqui di Esquel, nella Patagonia centrale, una settimana piu' "dinamica", per vedere fiumi e posti diversi ed alla ricerca di catture piu' numerose, sempre con un occhio di riguardo alla taglia.
Siamo tornati a Buenos Aires da Rio Gallegos, e ci concediamo una parentesi di mondanita' (un'aperitivo in un bar alla moda, una cena al ristorante, una passeggiata nella zona residenziale), prima di un'altra levataccia alla mattina successiva per prendere un volo interno che in un paio d'ore ci riporta a Sud, a Esquel . La nostra guida ci aspetta all' aeroporto. E' una persona della nostra eta' (la quarantina, N.d.A.), che appare calma ed affidabile, e con la quale leghiamo immediatamente.
Mentre ci trasferiamo in auto verso la cittadina andina, e verso una tranquilla "posada" dove alloggeremo per la prima parte della settimana, prima di trasferirci ulteriormente in una "hosteria" posta nel cuore del Parco Nazionale, Guillermo ci illustra il programma che ha pensato per noi anche sulla base dei contatti avuti epistolarmente e via fax dall'Italia. Ci affidiamo ovviamente alla sua esperienza, avendogli gia' espresso in precedenza le nostre preferenze e le nostre aspettative.
Il giorno stesso del nostro arrivo, ed anche quello suceessivo, pescheremo sull'Arroyo Pescado, un "chalk-stream" di cui io stesso avevo espressamente richiesto l'inserimento nel nostro programma, avendone letto e sentito parlare molto bene, ed avendone visto alcune foto suggestive. La realta' e' anche meglio delle aspettative; ce ne rendiamo conto quando dopo un'ora circa di polverosa strada attraverso la riarsa steppa patagonica ci appare all' improvviso il fiume, una larga sorgiva con acqua cristallina e con una ricchissima vegetazione subacquea.
Per raggiungere la riva del fiume attraversiamo una fattoria, di propriet_ di un argentino di origine inglese il cui zio, recita la storia, fu ucciso in una sparatoria nel corso di ima rapina organizzata dai soliti Butch Cassidy e Sundance Kid. La riva del fiume, ed il fiume stesso, sono tutto un pullulare di vita: fenicotteri rosa, cigni dalla testa nera, otarde ed ogni altro genere di uccelli nelle acque basse e nei canneti delle anse; nutrie e lontre dentro al fiume; piu' lontano, cavalli allo stato brado, lepri e pecore. In acqua non si faticano a scorgere bellissime trote, soprattutto iridee, che hanno trovato un habitat eccellente e che si riproducono qui come in tutte le acque della Patagonia.
I miei compagni scorgono in lontananza alcune belle bollate, e si disperdono sul fiume, io ho notato, in un' ansa con acqua piu' profonda e quasi ferma, alcune trote enormi che si nutrono in profondita', stagliandosi sulla sabbia chiara delle chiazze prive di alghe. Mi dedico caparbiamente alla loro pesca con una piccola ninfa appesantita. In capo ad un paio d'ore riusciro' a farne abboccare almeno tre delle piu' grandi, due delle quali le perdero' inesorabilmente in mezzo agli erbai in cui si erano rifugiate non appena accortesi di essere allamate. La terza, tenuta magari anche un po' fortunosamente fuori dalle zone pericolose e' salpata dopo una lunga lotta, misurera' 59 centimetri, e risultera' essere una bella "`arco iris" (iridea) selvaggia di notevole bellezza.
Sia durante le ore del giorno, sia ed in misura maggiore nelle ore serali vicine al tramonto, catturammo, specialmente a mosca secca, parecchie belle trote, in maggioranza iridee, ma anche qualche fario, con qualche esemplare oltre i 50 centimetri di taglia. Sia Anna che io catturammo anche una "Perca" ciascuno. Si tratta di un pesce della famiglia dei percidi, che un tempo rappresentava il pesce stanziale principale delle acque patagoniche. L'immissione delle varie specie di salmonidi, avvenuta a piu' riprese dall'inizio del nostro secolo, per la legge della selezione naturale ne ha gradualmente ridimensionato la diffusione ed il numero di esemplari.
La solita storia dell'immissione di pesci estranei in un ecosistema, che sconvolge gli equilibri esistenti in favore dei nuovi inquilini. Un po' come succede oggi da noi, soltanto che mentre i fortunati Argentini si trovano i fiumi popolati di meravigliose trote fario ed iridee, noi dobbiamo fare i conti con carassi e siluri ! !


Foto 2 - Immagine del Rio Grande.

La successiva meta del nostro programma di pesca nei dintorni di Esquel, e rappresentata dal Rio Grande (omonimo di quello piu' famoso della terra del Fuoco e di un'altra dozzina sparsi per tutto il continente americano), sul quale pescheremo nei prossimi due giorni, spostandoci verso le varie postazioni di pesca con una barca a motore che trasportiamo al traino dell'auto sino alla riva del fiume.
Quest' ultimo e' degno del suo nome, molto largo e con una corrente profondissima e lenta, con banchi d'erba alternati a fondali ghiaiosi e rocciosi; veramente uno spettacolo navigarlo, alternandosi in rapida successione fondali color turchese, smeraldo ed acquamarina: sembra quasi di percorrere un canale delle "flats" dei Caraibi, ma basta alzare lo sguardo sulle cime innevate delle Ande per realizzare che siamo in un altro posto incredibile, la Patagonia! I1 fiume esce dalla diga del Futaleufu (e' il nome del fiume in lingua india "mapuche", ed ha lo stesso significato del termine spagnolo), e malgrado questo ha una portata d'acqua elevatissima e costante.
Se penso ai nostri fiumi, dove la presenza di una diga idroelettrica e' una vera iattura, con a valle situazioni disastrose di carenza d'acqua e di sbalzi continui di livello della stessa, mi viene un attacco di itterizia! Malgrado tutte le premesse, i due giorni di pesca sul Rio Grande non si riveleranno eccezionali per numero di catture, forse per l'incipiente luna piena, forse per la scarsita' di schiuse: le poche catture di un certo interesse le effettueremo a "streamer". Solo alla sera, ed in parte durante il secondo giorno, riusciremo ad incontrare qualche bella bollata e di conseguenza a catturare anche in superficie qual che trota di taglia interessante Anna in particolare, con la minuscola "caddy" riuscir_' ad ingannare, in una piccola ansa di acqua piatta, una bella iridea di 54 centimetri.
Forse avremmo potuto avere migliore successo, in questo fiume, usando la tecnica degli americani, che pescano in "drifting" lasciandosi trasportare dalla barca, raggiungendo posti difficilmente pescabili altrimenti. Ma noi preferiamo pescare in "wading" ogni volta che e possibile, scendendo dalla barca nei posti piu' idonei, anche a costo di penalizzare la quantit_ delle catture.
Abbiamo ancora un giorno a Esquel , prima di trasferirci all'interno del Parco Nazionale "Los Alerces", e Guillermo ci conduce a pescare in un ambiente molto particolare: e un lago di montagna, il Lago Wimalko, in cui, nei pressi delle rive contornate di canneti, sono presenti enormi iridee, da pescare a vista camminando lentamente nell'acqua. I1 fondo e di bianca e compatta sabbia calcarea, e degrada molto lentamente verso il largo.
Ancora una volta nel giro di pochi giorni l'ambiente e l'azione di pesca mi ricordano i Caraibi: mi sembra infatti, se non fosse per i waders di neoprene che indosso e per le montagne che circondano il lago, di essere su una "flat" a caccia di Bonefish. La pesca non e' per nulla semplice: occorre innanzitutto localizzare le trote senza farsi scorgere, in questo aiutati dal fatto di essere immersi in acqua sino ad oltre la cintola. Poi, siccome non c'e' attivita' di superficie, presentare delicatamente una ninfa in maniera da raggiungere la distanza e la profondita' del pesce, e, sempre senza allamarlo, farla lavorare in maniera adeguata. Dovro camminare molto ai bordi dei canneti, e far fuggire molte trote, prima di riuscire finalmente ad allamarne una : ma ne varra' la pena, perche' dopo una lotta veramente entusiasmante sollevero' dall'acqua una splendida iridea, nel pieno del vigore fisico e della brillantezza della livrea, di oltre 55 centimetri! Nel pomeriggio avanzato alcune trote di taglia enorme presero a bollare su piccolissimi chironomi in un largo spiazzo tra i canneti.
L'impresa si rivelava subito disperata: provate un po' ad agganciare trote da due chili in su, con finale 0,12 ed una pupa galleggiante di chironomo sull'amo del n. 20, in un ambiente circondato da fitte cannette su tutti i lati ! Infatti, dopo presentazioni su presentazioni, tentativi su tentativi, riuscii ad allamarne due, che persi irrimediabilmente, la prima direttamente nel canneto, e la seconda per rottura del finale nel tentativo di forzarla per non lasciarla entrare nel canneto medesimo: mi rimase comunque la soddisfazione di aver ingannato due pesci selvatici e selettivi, di taglia sommamente rispettabile!


Foto 3 - Arryo Pescado.

La sera stessa ci trasferiamo direttamente nel Parco Nazionale, alla Hosteria "Quime Quipan" (benvenuti, in lingua "mapuche"), situata sulle rive del lago Futalaufquen (grande lago nello stesso idioma), un alberghetto con una lunga tradizione di frequentazione da parte dei pescatori. Lo testimonia una grossa targa in legno appesa all'ingresso, con segnate tutte le catture sopra i 5 chilogrammi dal 1960 ai giorni nostri, operate nella zona dagli ospiti dell'Hosteria.
Guillermo, la nostra guida, tiene qui in una piccola darsena una lancia a motore, che gli permette di raggiungere con i propri clienti diversi fiumi appartenenti al sistema idrico del Lago Futalaufquen, che saranno la nostra meta nei prossimi giorni.
I1 primo di questi, che visitiamo il giorno dopo con una mezz'ora di difficoltosa navigazione sul lago battuto da un vento fortissimo, e il Rio Frey, l'ultimo a valle del sistema idrico prima della diga del Futalaufquen. Durante il percorso ci fremiamo nell"Estrecho de los monstros", un sito dall nome programmatico, costituito da un brevissimo braccio di acqua corrente, praticamente un fiume lungo 200 metri, tra il Lago Futalaufquen ed il Lago Krugger. Abbiamo imparato presto, qui in Patagionia, che questi brevi tratti, insieme alle "bocas", sono i posti migliori per la pesca. ed in cui stazionano anche gli esemplari piu' grandi.
Riusciremo cosi' a catturare a mosca secca alcune belle trote fario ed iridee nella classe compresa tra i 45 ed i 50 centimetri, usando grosse "humphies" in pelo di cervo, sulle quali era veramente uno spettacolare veder esplodere la bollata.
Anche il Rio Frey vero e proprio ci dara' buone soddisfazioni, con parecchie catture di taglia molto decorosa, sempre a secca con mosche da caccia tipo "Royal Wulff" e "humphy", ed anche a streamer, con coda a punta affondante, nelle correnti piu' profonde, nel vano tentativo di allamare il fantomatico "landlocked salmon", un salmone non migratore che era stato introdotto insieme alle trote all'inizio del secolo, che e dato per presente in questo sistema di fiumi, ma che e' sempre piu' raro catturare.
I1 giorno dopo raggiungiamo, sempre in barca, il secondo fiume che abbiamo in programma, il Rio Arrayanes, che prende il nome da un albero molto diffuso sulle sue rive, una magnifica pianta con tronco glabro e rossiccio, molto simile ad una magnolia.
Questo fiume si riveler_ piu' interessante per gli aspetti paesaggistici e naturalistici che per la pesca: effettueremo infatti poche e sporadiche catture, con esclusione della "boca", il luogo dove il Rio Arrayanesha origina dal lago Verde. Qui, con dei grossi "bomber" da salmoni in pelo di cervo, riuscimmo a far salire, ma non sempre a catturare, alcune trote enormi (ovviamente le piu' grosse sono sempre quelle che scappano!).
Per il successivo, ultimo giorno di pesca in Patagonia, Guillermo ci ha riservato il piu' bello dei fiumi del Parco Nazionale, il Rio Rivadavia. Lo raggiungiamo questa volta con un trasferimento in parte in auto, su strade sterrate in mezzo alla foresta vergine, ed in parte a piedi.
E' veramente un fiume di rara bellezza, uno dei piu' fascinosi in assoluto tra quelli che ho avuto modo di ammirare nelle mie peregrinazioni ittiche intorno al mondo. Nasce dal lago omonimo, uno scintillante lago color smeraldo incastonato tra scoscese montagne verdi, e raggiunge il lago Verde con un percorso di una decina di chilometri circa in mezzo ad una vera e propria giungla, con steli di bambu verde chiaro sospesi sopra le rive coperte di muschio. In mezzo alla densa vegetazione, innumerevoli tipi di uccelli selvatici mandano i loro gridi ed i loro richiami.
L'acqua e' cosi' limpida da far credere di poter attraversare il fiume dappertutto: in realta', inoltrandosi su ghiareti che sembrano profondi mezzo metro, si raggiunge con pochi passi il limite di guardia dei waders e non si puo' procedere oltre.


Foto 4 - Lago Futalaufquen.

Purtroppo in questa ultima giornata il tempo non ci aiuta, e ci troviamo ben presto a pescare sotto una pioggia scrosciante. Non c'e' ovviamente attivita di superficie, ma in ogni lama, in ogni buca, vediamo stagliarsi chiaramente sulla ghiaia del fondo i pesci, molti pesci, alcuni anche di ottima taglia, parecchi intenti a spostarsi da un lato all'altro a prendere ninfe ed altri organismi trasportati dalla corrente. Peschiamo pertanto a vista, con piccole ninfe appesantite che lanciamo parecchi metri a monte dei pesci che vogliamo insidiare, affinche' la rapida corrente non impedisca agli artificiali di arrivare in zona utile.
Riusciamo in questo modo, dopo innumerevoli lanci data 1' estrema selettivita' delle trote in quest' acqua troppo limpida, ad allamarne alcune, poche per la verita' in confronto a tutte quelle che possiamo scorgere.
Poche catture, ma di buona taglia, anche in considerazione del fatto che siamo in grado di selezionare accuratamente i pesci da insidiare.
Riusciro' ancora una volta a chiudere la giornata, e 1' intera vacanza di conseguenza, con uno splendido maschio di iridea di 50 centimetri circa, selvatico ed in perfetta forma. Dopo l'intera giornata trascorsa sotto una pioggia scrosciante, e con estremo piacere che torniamo all"'hosteria" per una doccia calda, e per un altrettanto piacevole piatto di ravioli fumanti, che ci conferma ancora una volta quanta parte ha avuto la cultura italiana portata dai nostri emigrati in questa sperduta parte di mondo.
La mattina dopo il tempo e' di nuovo splendido, e nel far ritorno ad Esquel per recarci all'aeroporto, assaporando I'aria estremamente frizzante di fine estate a questa latitudine; ammiriamo ancora una volta le foreste e 1e cime innevate del Parco Nazionale "Los Alerces".
Adios , Patagonia !


Si ringrazia la rivista Fly Line di Roberto Messori per la gentile concessione dell'articolo.


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