CAN - Born to run - B.C. 2008
![]() di Beppe Saglia (beppe s.)
foto e video di Paola Orlandi ![]() L’idea iniziale era ambiziosa. Atterrare a West Yellowstone, fare la chiusura nel parco alla ricerca delle grosse cutthroat che si preparano allo spawning, quindi puntare a Nord costeggiando il Missouri, il Marias e, dopo il confine canadese, il Bow, per poi attraversare il Banff National Park e successivamente spostarsi con un lungo traverso tra fiumi e laghi risalendo il Fraser sino a Houston, per spendere poi gli ultimi giorni nei classici fiumi da steelhead tra Smithers e Terrace da dove ci si sarebbe reimbarcati per casa.
Purtroppo i problemi non sono mancati. Quello che ci ha fatto desistere è stata l’impossibilità di noleggiare un camper negli States e riconsegnarlo in Canada, senza sostenere costi proibitivi. Poi a risolvere la situazione ci ha pensato Stefano Gai titolare della “Le Reve House”, al quale avevo chiesto informazioni, offrendoci una proposta alternativa: giro in camper da Vancouver a Smithers attraverso l’Island e l’Inside Passage e ritorno lungo il bacino del Fraser. A combinare, complice Pipam, ci abbiamo messo il tempo di una telefonata e di una e-mail. ![]() Vi ometto l’umiliazione patita sull’aereo quando, per ben tre volte prima del decollo, ho dovuto ripetere “It’s mine” di fronte a un’hostess sbigottita che brandiva oggetti vari e che ha dovuto costatare che tutti gli effetti personali dimenticati al gathering d’imbarco appartenevano alla stessa persona! ![]() ![]() Poi le Rocky, le punte innevate e, finalmente, appena dietro la montagna, l’oceano e Vancouver a fare da cuscinetto. Un saluto a Stefano che ci aspetta all’aeroporto e immediato assedio a un ingrosso alimentare con accesso a tessera dove abbiamo fatto le scorte per la vacanza. E, in questa fase, la consulenza di un italiano che da qualche anno vive in Canada è essenziale per non buttare i soldi, centrare i prodotti giusti e finire la vacanza senza che il fegato vada a pezzi. ![]() Che sia un posto da salmoni me lo fanno capire la conformazione, i cartelli e un paio di pescatori. Che sia un segnale di “tempi duri” me lo fanno invece immediatamente vedere i livelli, bassissimi, incompatibili con qualsiasi genere di risalita. ![]() A parte la grande sicurezza che il Canada offre nell’effettuare del campeggio libero, il numero di campground (statali) e camping (privati) è elevatissimo, sia in relazione alle cittadine sia in relazione alle possibili destinazioni di pesca. I costi sono irrisori, da gratuiti con offerta libera a un massimo di 25$ al giorno per camper, luce, acqua e docce comprese. ![]() Alberto, in preda al primo dei suoi numerosi “compulsive shopping” fa un ottimo affare con una Sage D.H. 14 ft in saldo, che si rivelerà canna utilissima in pesca. La competenza del personale è notevole, informazioni puntuali senza cadere nella spirale del vendere a ogni costo. Ci dirigiamo quindi verso la Vancouver Island dove giungiamo a Nanaimo dopo un breve viaggio in traghetto. Sperimentiamo subito i vantaggi del camper, parcheggiato, “per sopraggiunta stanchezza”, direttamente di fronte al mare. LA VANCOUVER ISLAND
![]() Vedo saltare due salmoni, appena oltre le mie possibilità di lancio, e le pulsazioni vanno alle stelle… per poi ritornare normali dopo aver costatato che non è mica così facile l’equazione pesce visto = pesce preso. Infatti, chi pescava dalla barca sia a mosca che a spinning, si spostava da un segnale all’altro, ma senza nessun risultato. Il primo pesce (pescetto via…) l’ha catturato Mario, come deve succedere a un novizio assoluto (prima di questa uscita canadese vantava ben un’ora di pesca infruttuosa in un torrente montano)! ![]() ![]() Avremmo dovuto pescare il Cowichan river, scelta scartata per assoluta carenza d’acqua, e così approfittiamo per dare un occhio a vari spot lungo la costa (Deep bay, Qualicum bay), e alle varie foci. ![]() I livelli infatti sono al minimo. Acqua cristallina e quasi stagnante, di pesci nemmeno l’ombra. ![]() Non c’è tempo per approfondire, ma la sensazione è che, conoscendo meglio territorio, flussi e maree, abituati come siamo alle sofferenze della pesca dalle nostre coste, le soddisfazioni non dovrebbero mancare. Un pescatore a mosca che incontriamo sulla spiaggia mentre sta portando a passeggio la figlioletta, e a cui illustriamo il nostro programma, ci rialza il morale, garantendoci che la nostra prossima meta, ossia lo Stamp river, sarà prodiga di soddisfazioni, specie se l’affronteremo con David Murphy che di quel fiume è la miglior guida (www.murphysportfishing.com). ![]() Partiamo che è ancora buio e con una potente lancia d’alluminio raggiungiamo in pochi minuti un isolotto a centro fiume, postazione diversamente non abbordabile, e che vale, oltre ai preziosi consigli ricevuti, il costo della guida. Il target sono i Coho (Silver), che in questa stagione stanno risalendo ancora in discreta quantità. Personalmente è l’unico salmone che mi manca e quindi sono molto carico. ![]() ![]() Si lancia quindi alcuni metri a monte del pesce, lasciando affondare e derivare l’esca (per lo più un uovo di generose dimensioni), in modo che, quando giunge in prossimità del salmone, l’intero sistema (coda-finale) sia in moderata tensione. Proprio come nella pesca a vista si ferra ad ogni stop e scatto della coda e ad ogni eventuale scarto del pesce. L’attrezzatura è spartana. Canna di 9 piedi per coda nove sinking, uno spezzone di nylon di un metro e mezzo dello 0,40 legato direttamente alla coda. Mulinello con una buona frizione. Le giunzioni devono essere collaudate, in quanto un Silver di una dozzina di libbre in corrente si beve rapidamente alcune decine di metri di backing. ![]() ![]() Infatti sulla nostra voglia di mangiarci un bel trancio di freschissimo salmone ha prevalso lo sguardo supplicante di Paola, già segnato dalle ripetute annoccate a cui ha dovuto assistere da parte dei pescatori del gruppo limitrofo. ![]() Poi Mario mi ha clamorosamente smentito nel prosieguo della giornata, riuscendo ad agganciarne uno da solo e finendo per portarlo sempre da solo a riva. Resterà l’unico suo pesce serio della vacanza, ma è un po’ quello che voleva, prenderne uno per essere poi libero di dedicarsi a funghi, footing, libri, camper e cucina. ![]() Assolutamente da vedere (è limitrofo alla strada) facendosi due passi la Cathedral Grove, all’interno del Macmillan Provincial Park (www.env.gov.bc.ca/bcparks/explore/parkpgs/macmillan), dove svettano alberi altissimi (abeti Douglas) vecchi fino a 800 anni, dove la foresta è lasciata assolutamente libera di disegnare con infinita fantasia le sue forme e di stabilire gerarchie e convivenze. ![]() Per la verità di birre quella sera ce ne siamo fatte parecchie lo stesso, tant’è che il giorno dopo, il consigliatoci “coup de matin” sull’omonimo fiume, l’abbiamo fatto a letto. In realtà l’obiettivo era il Quinsam river, anche questo purtroppo desolatamente senza acqua. In questi laterali, se si fosse centrato il momento favorevole (e sarebbe bastata un po’ della proverbiale pioggia che di solito in questa stagione scende) si sarebbe potuta fare una interessante e produttiva pesca a vista. Abbiamo ripiegato sul Campbell river, in cui l’acqua non manca. Un fiume stupendo. Correnti poderose, buche, massi affioranti… Il fiume per eccellenza. Di tanto in tanto qualche grosso King che delfina, a ricordare che dove c’è acqua c’è pesce. ![]() In uno di questi guadi un po’ azzardati, raggiungo un grosso masso a centro fiume, posizione ideale per sondare a destra e a manca la pool e le correnti sottostanti. Mi siedo e contemporaneamente di fronte a me compare un orso. Siamo praticamente in paese e non me lo aspettavo (ci spiegheranno poi che a causa della mancanza di salmoni e quindi di cibo, gli orsi si portano vicino alle case per cercare delle alternative alimentari). Indietro non potevo tornare. Sono stato a guardarlo, sperando che quel masso tra le correnti non interessasse anche a lui. Fortunatamente ha rovistato un po’ tra i rami ed è sparito nel bosco. L’orso resta una delle presenza più pregnanti e intriganti di una vacanza in British. Ne abbiamo visti diversi, tanti li abbiamo fiutati, intuiti, un po’ temuti e forse anche un po’ cercati. ![]() ![]() Finiamo con una bella cena a base di halibut (non ho potuto fare a meno di fotografare lo sciccosissimo orinatoio con tv incorporata) e di altro pesce freschissimo (e se non è fresco qui…). L'INSIDE PASSAGE
![]() Non è stato ovviamente così (a parte che i chilometri per andare a Nord vanno comunque fatti…). Si tratta di un’esperienza unica in quanto consente di godere in tutta rilassatezza di panorami eccezionali, gustandosi 650 km di costa da un palcoscenico privilegiato. Si passa in mezzo a centinaia di isole, tutte ricoperte di verdissime foreste, con, sullo sfondo, i ghiacciai delle montagne. Pochissimi paesini, incastrati tra i fiordi, a vivere di pesca. ![]() Dalle aquile, agli uccelli marittimi, per finire con banchi di foche e di orche marine. Tutti trovano passaggio ideale in questo percorso tra Florida e Alaska. Di tanto in tanto una furiosa mangianza a farci salire le pulsazioni e a ricordarci che anche quando facciamo i turisti non smettiamo di essere pescatori. ![]() Ovviamente c’è anche il tempo per fare un check dell’attrezzatura, di connettersi e scaricare qualche news, di fare un po’ di shopping e di pranzare in uno dei due ristoranti sempre funzionanti. Si arriva a Prince Rupert a tarda sera ma fortunatamente le operazioni di sbarco sono velocissime. Ci aspetta ancora una discreta trasferta sino a Terrace. LA PESCA GUIDATA
![]() Ron ci ha guidato a remi in una bella discesa sul Kitimat. Sgombrato subito il campo circa le remote possibilità di incocciare in qualche steelhead, ci si è concentrati sulla ricerca dei Coho. Al secondo lancio porto a guadino una bella Dolly Varden, che resterà l’unico pesce della mattinata. Ci fa fare per una decina di volte, con gran dispendio fisico nel risalirla, una bellissima pool dove uno spinner ha agganciato due salmoni. Ma nonostante le passate siano giuste, i complimenti per i lanci e la gestione della coda costanti, le mosche le migliori (ce le fornisce lui stesso), il sospirato strike non arriva. Per consolarci ci cucina in barca un gustosissimo barbecue, prima di riaccompagnarci alla base. Il Kitimat è molto bello e selvaggio, pescabile per buoni tratti anche da riva, tra le aquile che volteggiano regali a suggellare emozioni che poi uno non vede l’ora di ripetere. ![]() Chi fa le mosche, chi va per funghi, chi cucina, chi gira a vuoto. Ci sta tutto, si finisce per cenare a mezzanotte e andare a dormire alle due di notte, ma a riposarci ci sarà tempo in Italia. ![]() Estremamente competente, aggiornatissimo su una zona molto vasta di territorio, padroneggia con classe e disinvoltura tutte le tecniche di pesca, dalla due mani allo spinning, alla pesca di ricerca con pesantissimi jig. Il suo mandato è veramente duro. Scovare steelhead quando non ci sono! Peccato che lo ammetterà solo alla fine del secondo giorno ![]() ![]() Siamo letteralmente intirizziti dal freddo del primo mattino, noi, che indossiamo 10 strati di capi tecnici. Lui che indossa un pile no, anzi gentilmente ci accende un fuoco per scaldarci prima di iniziare a pescare. ![]() La sensazione di essere sulla passata giusta, dopo aver sondato varie correnti, la sensazione di essere alla profondità giusta, dopo aver cambiato ripetutamente tipo e peso di coda e tipo e peso di finale, la sensazione di vedere la tua mosca fluttuare tra quelle grosse pietre su cui è difficile stare in equilibrio, la sensazione di avere un contatto diretto con le mani, quasi a guidarle tra tane, ostacoli e incagli alla bocca di quel pesce che ti immagini scelga proprio quel posto per risalire o per riposarsi un attimo prima di riaffrontare le correnti. ![]() Complice forse il bel tempo nella parte centrale della giornata, è pure uscita una discreta schiusa (l’unica a cui ho assistito a parte qualche occasionale insetto) di effimere di buona taglia e, contravvenendo a quanto mi ero imposto (coerenza e costanza nella ricerca di fondo), non ho resistito al montare una delle pochissime secche che mi ero portato dietro, riuscendo a catturate trote a galla con un tip dello 0,32. Il difficile non era tenere la mosca sulla superficie a causa dei dragaggi, ma a causa del peso della punta della coda affondante ![]() ![]() ![]() E sì che potersi spostare da un posto all’altro al cambiare delle maree ed essere sempre perfettamente in pesca è un vantaggio che in condizioni ottimali fa la differenza tra una pesca guidata con barca rispetto a una molto più limitata pesca libera da riva. ![]() La verità poi sulla mancanza di Steelhead è venuta prepotentemente a galla alla fine della seconda giornata. Il grosso del run (stimato da Gill nell’80%) è avvenuto quest’anno ad Agosto, cosa insolita e in controtendenza, in quanto nelle ultime stagioni stava costantemente spostandosi verso fine Ottobre. Cosa peraltro poi confermata anche dai report e dai racconti di amici che erano andati in piena estate per i King e si sono divertiti anche con le Steel. Ovviamente le guide si prenotano mesi prima, devono lavorare e il rischio che la dicano tutta solo a mancia versata, in effetti c’è. ![]() LA PESCA LIBERA
![]() La valle del Copper, è assolutamente selvaggia. Una strada sterrata, ma ben percorribile anche in camper, costeggia il fiume, tra sali e scendi ritagliati in boschi infiniti. Boschi pieni di funghi, dove però camminare è molto difficoltoso a causa dello strato cedevole sotto il muschio, cresciuto sulla putrefazione degli alberi morti e dei rami caduti, mai raccolti da nessuno. ![]() La poca pioggia è bastata a velarlo pesantemente. Non avendo esperienza specifica l’abbiano pescato lo stesso (confortati dalla presenza di alcuni altri pescatori) rispettivamente al Km 32 e scendendo al Km 17. ![]() ![]() Vi si trova tra l’altro lo “Ksan Native Village and Museum”, uno dei villaggi indiani più visitati del Canada e del mondo, costituito da sette case lignee finemente decorate e vari totem scolpiti. Ovviamente ci siamo fermati ma la classica visita guidata è stata sostituita (per me e per Alberto) da un rapida occhiata, per far posto a una altrettanto fugace pescata subito sotto il villaggio, dove le acque del Bulkley si uniscono a quelle dello Skeena. Paola e Mario ne hanno approfittato per fare il pieno di saggezza indiana da un nativo in vena di preziosi consigli sulla vita e sul come non lasciarla scivolare via inutilmente. ![]() ![]() Una bollatona mozzafiato nella lama a monte del ponte e un tirone nella corrente a valle. Ho pensato alla Steel ma era sicuramente un salmone, l’avrei scoperto poco dopo che la botta della Steel è inconfondibile. ![]() Con una due mani la mosca sta in acqua il doppio del tempo rispetto a quanto non stia utilizzando una canna a una mano (e quindi le possibilità di aggancio raddoppiano). Un solo lancio (spey semplice o doppio a seconda della sponda) e si è in pesca. Non si recupera mai, si pettina il fiume passo dopo passo. ![]() ![]() Da Huston a salire non c’è più nulla, se non una larga strada sterrata che serve al passaggio di enormi truck che portano a valle il legname tratto dalle estesissime foreste della regione, ora colorate da una mano felice in tutte le calde sfumature dei gialli e dei rossi. Nemmeno un campeggio, solo a metà valle uno spiazzo sul fiume dove parcheggiare il camper. ![]() La prima botta al mattino presto, una scarica elettrica che dalla mosca schizza attraverso la coda direttamente al cuore. Adrenalina pura. Emozione primordiale e dire che qualche bel pesce l’ho già preso in vita mia… Quella botta l’ho risognata tante volte, non la scorderò mai, anche se quella Steelhead l’ho solo intravista in quel poco che mi ha concesso. Una fuga incontrollabile che brucia la frizione, e poi un gran salto in piena corrente, ultimo saluto prima di andarsene, con la mia mosca, il mio finale e i primi venti metri della mia coda. Chissà forse un taglietto, forse un’incisione con i chiodi degli scarponcini, forse il caso… ![]() Sono ritornato al camper ho controllato l’attrezzatura, ho estratto il morsetto e ho fatto due mosche, quasi non bastassero le centinaia che avevo nelle scatole. Sono tornato sul fiume, dove l’avevo persa, con una convinzione pazzesca. La botta è arrivata di nuovo e stavolta è andato tutto OK! Rimettere in acqua con tutta la cura possibile un pesce del genere è, oltre che un obbligo di legge e un dovere morale, un atto naturale a coronamento di un desiderio realizzato. Poi, vuoi mettere il gusto che prende quel mezzo toscano che giaceva nel taschino semi stropicciato in attesa di partecipare alla festa? ![]() E la soddisfazione generosa ed esplosiva di chi armata solo di macchina fotografica e voglia di panorami, si era ormai immedesimata totalmente nella disperata ricerca della Steelhead?. ![]() ![]() Fatta in certi ambienti e in una certa stagione credo, anche se è presuntuoso dirlo dopo una sola esperienza, che si avvicini al top in termini di difficoltà, durezza, spettacolarità e, forse, anche di soddisfazione. Di sicuro è difficile restare indifferenti al fascino del pescare liberi in grandi spazi, tra una natura davvero incontaminata, pesci nobilissimi dalla forza straordinaria, che dal mare fanno centinaia di chilometri per perpetuare il cerchio della vita. ![]() ![]() Grande tributario del Fraser, è famoso per i grandi storioni bianchi che lo popolano. Niente a che fare con la pam, ma prendiamo atto con soddisfazione degli sforzi per tutelare questo straordinario pesce, che in questo bacino può raggiungere taglie gigantesche, di oltre tre metri e arrivare sino a 100 anni di vita. Purtroppo gli esemplari adulti rimasti sono stimati in meno di 600. Ma gli incubatoi stanno lavorando per il futuro di questo gigante. ![]() Lo facciamo solo con uno di questi, il Kampsloop Lake nei pressi di Williams Lake, dove Stefano ci raggiunge per un tentativo di pesca dalla barca alla ricerca della trota nativa che è considerata un endemismo dell’iridea. Qualche iridea viene fuori ma non quelle grosse e tipiche che ci dicono stazionare nel lago. E pensare che le bollate non mancano e i salti fuori dall’acqua nemmeno. Prenderle è un altro paio di maniche e sì che si è provato di tutto, dalla secca alla ninfa con strike indicator, allo streamer. Mi sembrava di essere ritornato in Irlanda sul Corribe, dove per ingannare una trota ci volevano un migliaio di tentativi a vuoto. Valli a capire ‘sti laghi naturali… ![]() Le precipitazioni hanno favorito la risalita dei salmoni, Chum in prevalenza e di qualche King. E con i salmoni, complice anche la comodità del posto, il fiume si riempie di gente. Interminabili schiere di pescatori, spalla a spalla, fotocopia uno dell’altro, tutti con lo stesso grosso galleggiante in balsa, il piombo cilindrico e un ovetto artificiale. È una mattanza, alla quale assistiamo abbastanza impotenti. Difficile inserirsi pescando a mosca, difficile non costituire intralcio a quelle lunghissime passate. Difficile anche competere sia come efficienza che come controllo della passata. ![]() L’acqua non pulitissima impedisce qualsiasi individuazione dei pesci e qualsiasi controllo a vista della pesca. La prima giornata la passiamo a provare con delle shooting taper che raggiungono e radono il fondo, ma a causa della corrente sostenuta il contatto con l’artificiale è molto difficile. Ho un paio di abboccate, ma solo alla terza riesco a reagire con prontezza e ad agganciare un Chum. ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() La pesca ve l’ho raccontata, ci ha dato delle belle soddisfazioni pur nella estrema difficoltà delle condizioni che abbiamo incontrato. Avrebbe potuto essere più proficua, avrebbe anche potuto essere più dura. Non si va in British Columbia con il conta pesci, si va per provare delle emozioni, a volte quando non sono così frequenti risultano ancora più forti. Ci sarebbero tante cose ancora da dire, di pesca, di turismo, di ambiente, di filosofia, ma vi risparmio, il tomo è già bello spesso, magari ci torneremo in aspetti specifici. ![]() ![]() ![]() © PIPAM.org |