Un po di fisica dell'acqua 2
05/04/10 - Sotto la lente
Terza Tappa - Il tappone dolomitico, ovvero...
05/04/10 Testo e foto di Matteo Fongaro (matteof)
Le tappe di avvicinamento precedenti servivano per introdurre alcuni concetti, o meglio, la prima tappa era di riscaldamento, la seconda per capire che le correnti si comportano seguendo regole precise, e che a un certo punto subentrano fenomeni caotici di cui si possono prevedere a grandi linee gli sviluppi.
In questa terza tappa andremo a studiare come variano le correnti, e gli elementi che governano le velocità e le possibili varianti. Introduciamo subito così a freddo un paio di concetti:
- Distinguiamo due tipi di moto: il laminare e il turbolento. Il primo si comporta in modo regolare, il secondo invece no, e la spiegazione è già stata data in precedenza, ma la recupero per maggior chiarezza: nel moto laminare la velocità è sempre costante, nel moto turbolento no.
- Il fondo, le sponde, i sassi, oltre a deviare l’acqua, hanno un ruolo importante e a seconda di come sono, incidono profondamente sull’andamento del fiume.
L’acqua è un fluido viscoso cioè al suo passaggio crea un attrito per contatto con tutto quello che incontra creando una forza di inerzia che va in senso contrario rispetto alla direzione della corrente.
Vi risparmio la trattazione matematica complessa che dimostra una cosa importante e cioè che il fluido, nel punto di contatto con una parete, assume la stessa velocità che ha la parete. Da un punto di vista matematico se la parete ha velocità zero, il fluido dovrebbe essere fermo. Nella realtà il fluido non è fermo anche a contatto con la parete, perché la parete dovrebbe produrre uno sforzo tangenziale infinito per fare questa cosa. Quello che succede nella realtà è che la parete rallenta il moto del fluido.
E come la rallenta? La rallenta in relazione a una caratteristica che è detta scabrezza, che altro non è che la capacità di creare attrito nei confronti del fluido. Ovviamente una parete di cemento liscia creerà poco attrito. Vediamo che uno scalino più in su c’è la sabbia, poi la ghiaia fine, poi la ghiaia grossa, poi i ciottoli, e infine i massi.
Una cosa che bisogna osservare è che questo attrito che rallenta lo scorrimento del fluido abbassa la velocità creando una zona in cui c’è del moto laminare, e uno strato limite oltre al quale si hanno invece dei moti turbolenti. Sembra una cosa inutile e invece questo semplice concetto ha delle ripercussioni importanti.
Se vi ricordate nella tappa precedente abbiamo visto i vortici: questo strato limite, in caso di superamento di un ostacolo, tende a staccarsi dall’ostacolo e si crea un canale dentro cui conserva le sue caratteristiche laminari. Lo stacco avviene in coincidenza della linea dei vortici. Non solo accade questo distacco dall’ostacolo in concomitanza con la linea dei vortici ma, come moltissimi avranno osservato, subito dietro l’ostacolo si creano delle correnti che viaggiano in senso inverso rispetto alla corrente principale.
Questo fenomeno non è ancora chiaro del tutto ai giorni nostri, avviene perché il fluido tende a riempire gli spazi vuoti e quindi “cade” dalla linea di corrente principale verso il vuoto lasciato dall’ostacolo, creando un moto inverso che tende a ricongiungersi con il moto principale un po’ prima della linea di distacco.
E' importante osservare che in queste zone la pressione che l’acqua esercita scende (alcune volte al di sotto di quella della corrente indisturbata) ed è anche per questo motivo che è una zona prediletta dai pesci perché possono nuotare facendo meno fatica.
A dirla proprio tutta, l’abbassamento di pressione si verifica anche lungo la parete dell’ostacolo.
Va osservato comunque che a titolo sperimentale sono state condotte delle misurazioni della pressione attorno a un corpo cilindrico immerso in una corrente, e i risultati sono i seguenti:

Ricapitoliamo un po’ di cose prima di andare avanti:
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Siamo arrivati a un buon punto, ma come preannunciato questo è un tappone dolomitico con tanto di “salitona” finale!
Fin ora abbiamo considerato il fluido in termini abbastanza generali, ora proveremo a capire come varia la velocità all’interno di un canale, cioè andremo a disegnare le linee isotachie (le linee in cui la velocità dell’acqua è la stessa).
Queste sono ricavate da una serie di ipotesi, come pendenza costante, scabrezza costante e una cifra di altre cose matematiche che sono per lo più supportate da evidenze empiriche, cioè da misurazioni fatte sull’acqua.
Vi riporto di seguito come varia sperimentalmente la velocità all’interno di un canale. Ovviamente sono tre sezioni campione, nella realtà un torrente varia di continuo per forma, scabrezza e velocità della corrente. Se riusciremo ad applicare le sezioni ad alcune piccole porzioni del luogo dove andiamo a pescare, riusciremo ad avere delle indicazioni sull’andamento delle velocità e di conseguenza potremmo ad esempio calibrare il peso della ninfa, oppure scegliere dove posare la coda per evitare il dragaggio, o ancora avere indicazione di dove potrebbero sostare i nostri amatissimi pinnuti.


Come potete vedere la velocità cala man mano che ci avviciniamo alle pareti, e resta costante all’interno delle isotachie fino alla superficie, creando quelle particolari venature dell’acqua tipiche ad esempio delle risorgive.
Bene, siamo giunti alla fine di questa tappa, ora sappiamo meglio cosa accade nell’acqua, dove sono i vortici, dove c’è una pressione minore o maggiore e come varia la velocità nella massa di un fluido in movimento.
Spero di avervi fornito qualche utile elemento per capire meglio come scorre l’acqua e mi auguro che quanto ho scritto vi possa in qualche modo tornare utile in pesca.
Alla prossima …

Matteo Fongaro (Matteof)
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