SVN - Gli occhi azzurri della Sava

Sogno o son desto?! 
Slovenia  08/10/02 di Maurizio Chiossi

Gli occhi azzurri della bionda signora dell’ufficio turistico di Bohinj mi scrutano con ironia, arrossisco e distolgo lo sguardo concentrandomi sulla bella cartina a colori stampata sul permesso di pesca. Percepisco il delicato profumo che emana dal suo corpo alto e snello, forse Guerlain, mentre mi mostra, aiutandosi con la penna, i diversi tratti che compongono la riserva. Il mio sguardo cade sulle spalle leggermente larghe, forse per il nuoto praticato in gioventù, è con gran fatica che trattengo i cavalli della mia fantasia per ritornare alla realtà.


Cartina del permesso.

La signora, sfoggiando un inglese scorrevole e chiaro, ci spiega che la zona trofeo è lunga tre km ed è situata al centro della riserva, troveremo il tratto iniziale tornando verso Bled, dopo aver incontrato alla nostra destra, prima una chiesa e poi una stazione ferroviaria. Il costo del permesso è di 65 € e consente di pescare "catch" tutti i tratti della riserva. Gli altri permessi, invece, consentono di pescare catch a 41€ e catch & release a 27 €, esclusa, ovviamente la zona trofeo. Trovo eccellente l’idea di differenziare il prezzo del permesso di pesca a favore di chi pratica il catch & release, peccato non viga la stessa regola anche per la zona trofeo, in fondo un trofeo a molti basterebbe fotografarlo. Ci consultiamo rapidamente e scegliamo questa ultima.
La vestizione è per me un rito da eseguire senza frenesie, ma gustando ogni attimo e imprimendolo nella memoria. La giornata è fresca, il cielo è velato e soffia un vento leggero e costante. Vesto l’abbigliamento di base: calze Thor-Lo, pantaloni Capilene EW, per proteggere gli arti inferiori, e un pool Micro D di Patagonia per il top. La parte tecnica è composta da: Wader Simms, alla loro settima stagione, Guide Boot AquaStealth, alla loro terza stagione, e dalle ghette. Indosso, infine, il lanyard di Orvis ed il vest di Simms che sono la parte cargo del mio abbigliamento e scendo il sentiero.
Il colpo d’occhio che mi offre il fiume, quando riesco a scendere la riva, toglie il fiato e il sole che decide di far capolino fra nuvole accende una tavolozza di straordinari e struggenti colori autunnali.


La prima spianata.

M’inginocchio scrutando l’acqua in cerca d’insetti. Una bollata franca rompe l’incanto seguita da un’altra a poca distanza. Strizzo gli occhi e scorgo solo delle piccole effimere color sale marino, sono delle effemerelle ignite. I pesci bollano, ma non riesco a vedere su cosa, terrestrials?
Scendo a valle e risalgo. Conto almeno una dozzina di bollate a portata di lancio e altrettante in testa alla spianata, la mente corre all’ultima volta che un fiume Sloveno, Unica a parte, mi abbia offerto uno spettacolo simile. Il mio orologio mentale mi parla del 1996 e dell’Idrijca.


Iridea.

Monto una B.W.O. in C.d.C. montaggio Petitjean #22 e inizio a volteggiare, mentalmente registro le posizioni delle bollate e prendo di mira il sottoriva alla mia sinistra. La coda esce sfrigolando e posa la mosca a una dozzina di metri da me, il tempo di recuperare pochi centimetri ed un bel temolo sale. Recupero e libero la splendida bestiola di circa 25 cm dalla livrea platinum tempestata di puntini neri, la coda è di un bell’arancio scuro. Dopo alcuni lanci a vuoto cambio mosca e monto una formica alata rossa. Al primo lancio una bella iridea ghermisce con violenza la mia imitazione.
Ho trovato la mosca giusta e da quel momento inizio una lunga serie di catture. Che culminata con una splendida fario di 40 cm.


Fario.

Era venuto il momento di chiamare Max, il mio socio e compagno di cento avventure, per dare la buona notizia. La Slovenia dava segni di grande ripresa e l’Istituto di Ricerca di Slovenia e la Società di pesca di Bohinj, che gestiscono la Sava Bohinjka, avevano fatto un ottimo lavoro nel ripopolarla. Io e Max amiamo profondamente i fiumi Sloveni, perché le loro immense spianate ci consentono di fare la nostra pesca preferita, "a secca sulla bollata".
L’eccitazione delle catture e della pesca mi aveva fatto perdere di vista i miei compagni, guardai a monte del fiume alla ricerca di Matteo (ai più conosciuto come G.B.72) e Luca. Intravidi il primo, ingobbito e proteso come un segugio, stagliarsi fra l’oro e l’argento dell’acqua.
La mente riandò ad alcune settimane prima, quando incontrai questo ragazzaccio toscano al Ponte della Fola. Un paio di occhi chiari e franchi era scaturita da sotto una cascata di riccioli e una forte stretta di mano aveva suggellato il nostro primo incontro. Mi aveva inondato di parole con la sua parlantina sciolta e sprizzava vitalità da tutti i pori. Matteo sta vivendo l’età in cui ti bevi la vita con avide sorsate e mille cose ti attraggono ed eccitano. Il battle plan l’avevamo fatto nell'HQ della combriccola del Ponte della Fola, la pasticceria "Dolce vita". Il tempo di sorseggiare un aperitivo con Graziano, che era in partenza per il Canada, e la decisione era presa: 5 ottobre, 05:00, partenza da Modena Sud, destinazione Sava.

Quando raggiungo l’amico mi strilla che ha preso un bel temolo ed accorro subito per fotografare la preda.


Matteo e il temolo della Sava.

Lascio Matteo ad una bella serie di catture e Luca al suo primo temolo. Risalgo il fiume incontrando una prima spianatina che mi regala una coppia di bei temolozzi e poi un’enorme spianata nella quale avrei concluso la mia giornata.


La terza spianata.

L’occulto e misterioso regista di questa giornata, intanto, stava preparando per me l’incontro più importante. Era venuto il tempo di asciugare e ingrassare la coda LaLoukkas DT 3. E’ la coda di seta più "arronzata" che posseggo, ora sono sufficienti un paio di manutenzioni per pescare tutto il giorno. Controllai che le tre sezioni della Nti 8’6" #4, che avevo scelto per pescare la Sava, fossero ben fissate ed iniziai a riavvolgere la coda, igrassandola al contempo, nell’Abel Creek #1 che corredava la canna.


La quarta spianata.

Intanto la parte iniziale della spianata si stava animando. Guardai l’orologio, erano le 16:30.
Guardavo le innumerevoli bollate che stavano costellando l’enorme massa d’acqua che mi circondava. Iniziai ad avanzare provando la piacevole sensazione di lanciare e camminare al centro della spianata con l’acqua che mi arrivava all’altezza del ginocchio. Questa è la condizione che amo di più nella pesca: grande spianata, acqua al ginocchio e pesci che bollano. Avevo montato una piccola spinner in C.d.C. di Effemerella su amo #20 e stavo battendo il sottoriva. Un paio di belle catture, mi avevano confortato nella scelta dell’artificiale, quando a una ventina di metri, nell’ombra del sottoriva alla mia destra, avevo visto formarsi nell’acqua piatta e scura un minuscolo gorgo. Riflettei un attimo e poi lanciai di rovescio ad un paio di metri a monte della bollata. Seguii il ciuffetto bianco della spinner mentre entrava nel perimetro utile e rimasi quasi sorpreso quando venne risucchiato con calma dal pesce. Ferrai con decisione ed iniziò un combattimento molto emozionante, il pesce si esibì in un paio di salti fuor d’acqua mozzafiato, non riuscivo ancora a distingere se era un temolo o un’iridea. Un’altra disperata fuga poi iniziò a cedere, senza aver prima effettuato un altro salto, era una trota, ma non era un’iridea, bensì una splendida e straordinariamente combattiva fario dalla stupenda livrea.
Era un bel maschio a cui cominciava a formarsi il tipico becco, era sfinito per il combattimento e l’adagiai con cura nell’acqua bassa, scattai rapidamente una foto e lo liberai immediatamente. La taglia, la colorazione erano stupende. Lo osservai mentre riprendeva le forze nella bassa acqua ai miei piedi, in altri tempi mi sarei acceso una sigaretta, ora mi limitai a respirare a pieni polmoni l’aria pura della sera. Mi lasciai inebriare dai profumi dell’acqua e della terra nera del bosco che mi circondavano "and I went insane like a smoke ring day when the wind blows".


La Fario di Padre Brown.


La Fario scalda i motori.

Il ritmo delle pinneggiate aumentò e il meraviglioso avversario con un potente colpo di coda tornò al suo fiume ed io ai miei pensieri.


Semaforo Verde! GO !!

Un’altra bella cattura, una "irideozza" panciuta e scatenata, mi diede un senso di definitivo appagamento. Erano ormai passate le cinque e le attività sul fiume andavano attenuandosi e si stavano spegnendo le luci su questa giornata ricca d’emozioni.
Il tempo necessario per un delizioso aperitivo a base di cioccolato fondente ed innaffiato da un profumatissimo vino dei colli di S. Giminiano, offerto dall’amico Luca, ed eravamo di nuovo "on the road" in direzione di Pulfero, dove avremmo pernottato "Al Vescovo", ironia della sorte?
Mi rilassai pensando agli eventi della giornata che era iniziata alle 05:00 nel parcheggio della Baia del Re a Modena Sud. Avevamo percorso 490 km in circa 5 ore di viaggio, caratterizzato fin quasi a Tarvisio da una fitta nebbia, che aveva lasciato il posto ad una densa foschia in territorio Austriaco. L’itinerario si era sviluppato sulla A13 fino a Padova e poi sulla A4 fino a Mestre. Infine all’altezza di Palmanova avevamo imboccato la A23 che ci avrebbe condotti a Tarvisio. La tappa successiva sarebbe stata Villach e poi a Jenesice. Passato il confine Sloveno avevamo proseguito per Bled, poi per Bohinj e l’omonimo lago da cui nasce la Sava Bohinjka, appunto. Per compiere il viaggio di andata erano stati necessari circa 40 € di diesel e 26 € di autostrada.
La sistemazione scelta da Matteo si è rivelata eccellente. Le camere dell’albergo sono molto curate, a partire dal pavimento in legno. La cucina dell’albergo è di grande livello. Gnocchi di zucca ricoperti da una spolverata di ricotta affumicata e cinghiale, accompagnato da polenta, avevano confortato il nostro stomaco, mentre la straordinaria bottiglia di Cabernet, invecchiata in barrique aveva saturato le nostre papille di essenze e reminiscenze del bosco e dei suoi frutti.
Al mattino, dopo una robusta doccia calda e una colazione leggera, mi sentivo molto in palla. Il conto dell’albergo si rivelò assolutamente in chiave rispetto al servizio avuto e cioè 53,17 € a testa. Era tempo di riprendere la nostra strada, questa volta in direzione Soca e le sue splendide acque, ma questa è un’altra storia, quella di un fiume che forse si sta ritrovando, dopo i disastri degli ultimi anni, e che ci ha riservato un fantastico "coup du soir".Giuro che rivedere una spianata del Soca punteggiata da decine di bollate e poter di nuovo provare sensazioni ormai dimenticate, è una cosa che, per chi adora questo fiume come me, fa un enorme piacere. È il rinascimento delle acque Slovene? Forse è ancora presto per trarre un giudizio, vero è che ritrovare questo paradiso d’acque sarebbe la novità più bella del nuovo millennio. Sulla strada del ritorno, una domanda attraversa la mia mente: "Che fine ha fatto il D’Artagnan della PAM, in quale misterioso sito ha trascorso il week end Beppe S? Gallina beccami….


Maurizio Chiossi


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